“Obfuscation” è una mostra dalla carica utopica, volutamente critica, avvolta in un’atmosfera di candida bellezza all’interno della galleria Pinksummer di Genova. Un senso di delicato abbandono e, allo stesso tempo, di insita resistenza sono evocati attraverso una serie di pannelli in policarbonato trasparente, sottili travi bianche e un gomitolo di lana viola srotolato al centro della sala. L’artefice è Tobias Putrih, qui alla sua terza personale.
I pannelli sono frutto di un workshop con otto partecipanti, coinvolti senza nessun vincolo nella progettualità, laddove l’accidentalità regola i fini dell’agire. L’occultamento dei pannelli, praticato tramite una serie di sostanze – vernice, cera d’api, lana, cioccolato – mira a dissimulare la trasparenza dei supporti. La ricerca di tale camuffamento riprende le tesi di Obfuscation. A User’s Guide for Privacy and Protest (MIT Press, 2015), testo di Fint Brunton e Helen Nissembaum in cui l’idea di sovversione nulla ha a che vedere con i clamori della piazza, ma punta ad un’opportuna evasione, guidata da gesti depistanti e trascurabili. La scelta di divenire più opachi, orientati da azioni ripetitive e apparentemente banali – sulla scorta di quello praticato dall’artista medesimo con il lancio di un gomitolo – spontaneamente genera immagini ambigue e forvianti, in dichiarato scontro con il controllo sull’individuo svolto dai “nuovi imperi costruiti sui dati”.
Traccia di questo percorso si ritrova nel piccolo libro fotografico pubblicato per la mostra, che evoca il dinamismo avvertito nel momento in cui si entra nello spazio e, attraverso un cerchio colorato di nero a fare da logo annientante, mette in atto l’offuscamento degli attori coinvolti nel progetto, definitivamente anonimi.
La trama ideologica avviata a Genova è altresì rintracciabile negli spazi della Cisterna della Fondazione Prada a Milano, dove la ricerca politica e sociale viene ulteriormente rafforzata da una più marcata componente ludica.