Secondo una leggenda balcanica Scholomance era una scuola di magia nera locata sulle montagne a sud di Hermannstadt, l’attuale Sibiu (Romania). Nel 1885, sul mensile inglese The Nineteenth Century, apparve un articolo di Emily Gerard in cui il misterioso centro era descritto come un luogo votato all’apprendimento dei segreti della natura, diretto da Satana in persona. Dieci erano gli studenti ammessi per ogni ciclo e nove quelli che riuscivano a tornare alle loro rispettive dimore. Il decimo infatti era lasciato in sacrificio al diavolo, per divenire il suo aiutante. Anche Bram Stoker – probabilmente dopo aver letto Gerard – nel suo celebre romanzo Dracula fece riferimento a Scholomance, indicandola come il luogo dove il vampiro aveva acquisito la conoscenza della magia nera.
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La fascinazione per l’occulto, così come la necessità di ritrovare il legame con una natura sublime, trascendentale e incontrollabile, che sfugge alla ragione umana, sottendono da tempo la pratica di Nico Vascellari – artista visivo, musicista e performer tra i più radicali della sua generazione.
Basti pensare a una delle sue prime performance, Buio primario (2003), in cui l’artista si fece rinchiudere per una settimana all’interno di uno spazio buio di circa quattro metri nel tentativo di raggiungere uno stadio di vita primordiale; oppure I Hear a Shadow (2009), un’enorme scultura monolitica in bronzo fuso creata dal calco di un blocco di pietra, con cui Vascellari intrattenne una sorta di dialogo riproducendo i rumori emessi dalle profondità del globo terrestre.
Ma è in Scholomance, la sua ultima opera sinottica, che queste ricerche emergono in maniera più strutturata e compiuta. Vascellari si richiama infatti all’omonima scuola di magia nera in Transilvania, e, in particolare, alla sua presenza fantasmica. L’istituto era infatti mobile – appariva e scompariva – così come la sua leggenda che per lungo tempo è stata dimenticata.
L’operazione di Vascellari è di difficile definizione: essa è sia una installazione ambientale che un rito d’iniziazione, concepito in più sessioni lontane temporalmente e geograficamente. La prima di queste ha preso vita lo scorso 23 marzo al Palais De Tokyo di Parigi, mentre il secondo ciclo è previsto il 27 aprile negli spazi dell’ex GAM di Bologna in occasione della Live Arts Week. Costituito sulla dialettica tra staticità e dinamismo, Scholomance costringe a ripensare alla permanenza della forma, in favore della mutazione e della fluidità promulgate dal primo principio della termodinamica.
L’elemento fisso del lavoro è un’imponente griglia rizomatica di tubi innocenti alla quale sono appesi tubulari in neon rossi, blu e bianchi che si muovono come metronomi impazziti. Al suo interno è ingabbiato un paesaggio foriero composto da calchi in bronzo di carcasse di animali, di piante e di rami. Struttura modernista per antonomasia, la griglia funge in questo caso, da ancora diacronica e sincronica, garantendo stabilità a un’operazione fluida e precaria che si delinea a ogni reenactment.
L’impalcatura assolve inoltre alla funzione di sfondo per videoproiezioni e teatro per performance, condotte da coloro che Vascellari ha designato come “maestri”, ovvero persone che in diverso modo sono state significative per la sua vita, e che qui che tentano di guidare il pubblico/adepto in un sensuale rituale mistico. Nel primo, conturbante, atto di Scholomance l’artista ha coinvolto Carlos Casas, Franck Audoux & Valerie Chartrain, Silvia Costa, Delfina Delettrez, Michèle Lamy, Ninos Du Brasil, Ghédalia Tazartès, Mark of the Devil e Ash/Nargaroth, ognuno dei quali ha contribuito con il proprio vocabolario di riferimento (dalla musica, alla performance, alla poesia, all’arte) attraverso un’azione corale.
Oltre a essere liquida Scholomance è una struttura ipertestuale. Ogni oggetto, azione, forma apre un collegamento a un’altra dimensione, a sua volta espandibile. Anche la sua forma rispecchia l’ipertesto: le immagini e i suoni prodotti sono documentati attraverso telecamere nascoste, così da sfruttare queste documentazioni nella successiva messa in scena. A Bologna, ad esempio, saranno proiettati i video girati del Palais de Tokyo, sottolineando il carattere geologico dell’opera, composta da diversi livelli che si incrociano, fino a sfocarsi e sovrapporsi.
Ma Vascellari parla anche di “fossile di esperienza” (il concetto è stato sviluppato nell’omonima opera, un arcaico strumento musicale atto a trasportare il pubblico in una dimensione sonora assoluta e primordiale), come un istinto ancestrale che accomuna tutti gli uomini. E il perno per un’operazione archeologica di ritrovamento del reperto è l’identità dell’artista, che Scholomance – sebbene la rivesta di un involucro muscolare e punk che ne cela sensibilità e delicatezza – scandaglia, mette a nudo e svela.
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Scholomance (II) sarà presentato il 27 aprile negli spazi dell’ex GAM di Bologna in occasione della Live Arts Week. Gli ospiti invitati sono Prurient, Cristina Kristal Rizzo, Silvia Costa, Dana Michel, Costante Biz, Carlos Casas, Coro alpino RC, con dei contributi video di Luigi Ontani.