“Ecco i negozi!” è una rubrica di Anna Franceschini ideata per “In Residence”. In “Ecco i negozi!” Franceschini approfondisce il tema del display, interrogandolo nelle sue diverse accezioni e traduzioni (dalla vetrina di negozio alla messa in mostra di opere d’arte), con l’obiettivo di tracciare delle connessioni tra l’atto del mostrare e quelli del guardare ed eventualmente comprare e consumare.
Nel settimo e ultimo episodio di “Ecco i negozi” Franceschini incontra Socratis Socratous, artista e collaboratore della leggendaria maison francese Hermès.
Recentemente, ad Atene, ho incontrato l’artista cipriota, ma greco d’adozione, Socratis Socratous, in quanto entrambi eravamo parte della mostra “Si sedes non is”, curata da Milovan Farronato alla galleria The Breeder.
Il suo intervento floreale Re-incarnation (2017) operava nella mostra come una sorta di preludio, un sipario, il lieve ma altamente significativo accenno di una quinta che è stata appena scostata per lasciar intravedere lo spettacolo di un rituale (o il rituale di uno spettacolo) che sta per iniziare. Due piani più su, l’installazione Untitled (2017) concludeva invece l’esposizione: una terrazza popolata da una natura morta tridimensionale, un ambiente/still life sottoposto a caducità, a un progressivo mutamento della sua bellezza.
Viste queste opere, non mi ha stupito apprendere che Socratis è anche responsabile della creazione delle vetrine per lo store ateniese della leggendaria maison francese Hermès.
In una conversazione a distanza, ho approfondito con Socratis le sfaccettature della sua collaborazione con il marchio. Il testo che segue è risultato della nostra corrispondenza.
Nel testo Socratis descrive storicamente il rapporto con l’azienda e i nodi concettuali e progettuali che informano i suoi display, addentrandosi nella disamina delle scelte tematiche, del rapporto con il pubblico e della contestualizzazione sociale e urbana delle vetrine di un marchio iconico del lusso.
Da artista, il primo media con cui mi sono relazionato è stata l’installazione. Ho sempre mantenuto un forte legame con il teatro e più volte sono stato coinvolto, in qualità di set e costume designer, nell’allestimento e nella messa in scena di tragedie greche e pièce teatrali per l’Athens and Epidaurus Festival.
La collaborazione con Hermés, iniziata con l’invito a partecipare all’“Exceptional Artist Windows” (Dal 2005, Hermés collabora con artisti internazionalmente riconosciuti per la creazione di vetrine d’autore nei suoi store, ndr) e in continua evoluzione da dieci anni a questa parte, ha, per certi versi, costituito la naturale prosecuzione delle esperienze nel teatro. Oggi sono responsabile della progettazione e realizzazione delle vetrine di Hermés per gli store di Atene e di altre località come Dubai, il Bahrein e Venezia.
È un privilegio poter lavorare con un’azienda che non è focalizzata soltanto sulla promozione del proprio brand, ma che piuttosto investe a lungo termine nell’eccellenza artistica del marchio. Ogni prodotto Hermès è il risultato di un’irreprensibile dedizione all’artigianato, alla qualità e all’origine dei materiali – il vetro in Italia, la porcellana in Cina, il caucciù in Brasile e così via. Questo influenza il mio approccio alla collaborazione. Gli articoli Hermès sono “compagni di vita”, portano con sé una preziosità che cerco di rappresentare tramite il display. Il rischio è alto poiché l’eccezionalità dei prodotti richiede una presentazione quantomeno allo stesso livello. Si tratta di una comunione d’intenti tra due soggetti – l’artista e l’azienda – che spinge entrambi a dare il meglio e si risolve in una grande armonia, data da una profonda corrispondenza di valori.
Hermès non è solo un marchio all’avanguardia, ma un gigante illuminato, che riesce ancora a infondere alle sue attività quotidiane lo spirito di un’attività familiare, proprio come le case di moda europee erano prima dell’industrializzazione. Quando, una volta l’anno, ci incontriamo a Parigi, l’atmosfera tra i membri dello staff, gli artigiani e gli specialisti si mantiene intima e familiare, quanto quella che si respira negli store per cui realizzo le vetrine.
La filosofia di allestimento è ormai consolidata da anni. È un lavoro di squadra che coinvolge tutti – dagli addetti alle pulizie, ai responsabili dei trasporti, a chi progetta l’illuminazione – e che prevede un profondo ma rapido coordinamento. Il tratto concettuale che contraddistingue una vetrina è la sua doppia valenza: da una parte viene percepita come un’installazione spaziale pubblica, mentre, in realtà, è parte integrante di uno spazio privato, il negozio. Questo si riflette nella relazione con il pubblico, la folla di passanti. Idealmente, lo scopo è indurre un “secondo sguardo”, far soffermare il passante, per poi restituirlo alle sua routine quotidiana.
Un secondo grado di complessità nell’allestimento dei display vetrinistici è la necessità di una distanza critica e prospettica rispetto al risultato del lavoro. È necessario letteralmente fare “un passo indietro” e osservare l’installazione dal punto di vista di una “visione pubblica”. L’immagine mentale dell’allestimento potrebbe non funzionare nel contesto in cui andrà collocato, quindi è necessario elaborare sempre alcune alternative, che potrebbero rimanere inutilizzate ma che vanno incluse nella fase di progettazione.
La raccolta delle reazioni del pubblico al momento dell’installazione è sempre entusiasmante. Istintivamente si crea un dialogo con i passanti, com’è avvenuto e continua ad avvenire ad Atene, dove ho finito per stabilire una familiarità con gli abitanti, pur nella rispettiva estraneità. Le persone si avvicinano e osservano con curiosità e io posso percepirne gli umori e le emozioni rispetto al lavoro che sto costruendo. È un cenno, il gesto di una mano, un’espressione del volto che rivelano se l’allestimento ha intrigato l’ immaginazione o scosso la mentalità, anche solo per un istante. A volte capitano “incidenti” o fraintendimenti divertenti. Ad esempio, accade che i clienti entrino nel negozio interessati ad acquistare qualcosa che in realtà non è un prodotto, ma un elemento dell’installazione della vetrina!
Nel 2011, durante l’allestimento delle vetrine dello store di Venezia, in concomitanza con l’inaugurazione della 54a Biennale di Venezia, passanti e artisti mi attorniavano, rimanendo seduti e osservando quello che stavo facendo. Sono introverso di natura, quindi all’inizio sono stato preda di un leggero imbarazzo; ma, per quanto fosse difficile concentrarsi sulla realizzazione della vetrina, è stato gratificante. Credo di aver sviluppato un codice di comunicazione con la gente della città mentre transita nello spazio urbano, e di questo sono debitore a Hermés.
Nella progettazione e realizzazione dei display cerco di creare un senso di appartenenza in termini di luogo. Nello store Hermès di Atene sono presenti elementi greci e allusioni alla “grecità”. Ad esempio, per l’ultimo allestimento delle vetrine del flagship store principale, ho scelto il tema dello zoomorfismo, dopo aver studiato antiche cerimonie nella Grecia antica durante le quali si utilizzavano sculture zoomorfe.
In riferimento a un contesto sociale più ampio, vale la pena ricordare che la vita quotidiana nel centro urbano di Atene è complessa e influisce su ideazione, realizzazione e fruizione delle vetrine. Due anni fa, in seguito ad alcune proteste nel centro di Atene, in Piazza Syntagma, il negozio è stato danneggiato dall’onda d’urto di un’esplosione e abbiamo dovuto sostituire immediatamente l’allestimento della vetrina, realizzato interamente in vetro. Questo per dire che la vetrina è a tutti gli effetti un partecipante attivo nella sfera pubblica e parte integrante della città.