La scultura può rappresentare l’effimero? Un gesto, un soffio, un respiro o un movimento come possono tradursi in materia? Johannes Wald indaga continuamente questo confine, nel tentativo di rendere questa dimensione fugace attraverso la durezza del marmo. Una sfida impossibile che l’artista tedesco affronta nelle sue opere che sono sempre necessariamente non concluse, nel senso che rivelano “vuoti, mancanze e nascondimenti”, come giustamente scrive la curatrice Giulia Bortoluzzi. In questa prima personale italiana alla galleria Artopia di Rita Urso a Milano, Wald realizza quattro nuove opere, variazioni sul tema della rappresentazione del corpo umano – soggetto d’elezione della statuaria – che rimandano l’una all’altra come fossero parte di un’unica installazione. In continuità con la tradizione, l’artista utilizza i materiali e i procedimenti classici della scultura – marmo e bronzo – piegandoli all’espressione della dimensione impalpabile e immateriale della corporeità intesa come calore e movimento: una sfida che si risolve ogni volta nella ricerca della perfetta sintesi tra forma, concetto e materia. L’armonia espressa nell’opera si identifica con la grazia, che va oltre ogni storica teorizzazione del gusto.
“Grace is a volatile matter” è la frase incisa a secco su carta goffrata in Untitled (2016): il cartiglio quasi invisibile rimanda all’omonimo bronzo (2017) che riproduce il calco di un braccio, un vuoto che testimonia una presenza scomparsa ed evocata dalla sua impronta. Corpo fantasmatico che si rivela epifanicamente anche in Cold veins/ warm light (2017) grazie alla proiezione sulla lastra marmorea di un ventre che respira: la superficie venata del marmo si fa tutt’uno con la carne che, con il suo movimento ritmico e quasi impercettibile, infonde vita alla materia inerte. E questa energia è la stessa che anima la pietra di Giving body to the stone (I sognatori) (2017), un blocco di marmo di Carrara, riscaldato con delle resistenze fino a raggiungere la stessa temperatura di un essere vivente. Classicità e alchimia rientrano come orizzonti di riferimento del lavoro di Johannes Wald: la scultura non è semplice mimesi ma transustanziazione poetica della realtà, che aspira a elevare materia e immagine alla dimensione universale dell’arte.