Iperoggetti di Timothy Morton è una delle ultime uscite di Not, la recente iniziativa editoriale di NERO volta a esplorare le domande che infiammano l’arte e la cultura contemporanea.
L’elaborazione del termine iperoggetto – ormai divenuto imprescindibile nel discorso sul riscaldamento globale – è avvolta da un velo di serendipità ironica. Pare infatti che Morton l’abbia pensato ascoltando Hyperballad di Björk, dove si racconta un rituale che la protagonista esegue per sentirsi più felice: ogni mattina presto si avvicina al limitare della cima su cui vive per lanciare giù nello strapiombo piccoli oggetti come bottiglie, posate e pezzi di automobili.
Riflettere sulle implicazioni di un gesto simile si rivela centrale: il disfarsi di oggetti è una strategia atta a creare distanza e garantirsi un certo grado di serenità, probabilmente anche di protezione. Morton ne dichiarerebbe invece l’illusorietà. Secondo l’autore, infatti, ogni oggetto è un iperoggetto – iper indica che è in relazione a 1+n oggetti – e, in quanto tale, comporta la fine di quella distanza percettiva e ontologica, come la linea dell’orizzonte o l’idea di mondo, attraverso la quale ci si può affrancare.
L’esito è una situazione di “intimità inquietante” tra umano e non-umano che accade quando si realizza di trovarsi in compresenza a oggetti dentro e fuori di sè. Questa coesistenza è il cardine della tesi di Morton, che egli posiziona, spesso con enfasi zelante, tra il pensiero ecologista non antropocentrico (sviluppato in Ecology without Nature, 2007) e l’Ontologia Orientata all’Oggetto (OOO) via Graham Harman. L’emergere della “consapevolezza ecologica” rifiuta le distanze trascendenti, come il concetto di natura in quanto “dimensione lontana”, e riconosce, per esempio, che non esiste un altrove dove collocare i materiali radioattivi. Insieme al riscaldamento globale, essi sono alcuni degli iperoggetti più evidenti: un vasto aggregato viscoso (che si voglia o meno, si appiccica addosso e modifica il DNA), non-locale (la sua manifestazione qui non è la sua essenza), e graduale (è possibile vederne solo dei pezzi per volta) di oggetti che condividono le stesse caratteristiche.
Con analogie pindariche tra meccanica quantistica, teoria della relatività, poesia romantica, musica minimalista, arte e buddismo, Morton inizia a scorgere la mutazione della dimensione estetico-causale al tempo degli iperoggetti. È proprio qui, nonostante le dichiarazioni programmatiche su un’arte OOO, che le cose si fanno interessanti: l’arte diventa armonizzazione sensuale all’energia demoniaca che un oggetto trasmette nella sua coesistenza con 1+n oggetti.