Falena (2022) di Nico Vascellari è un’installazione composta da più di cento falci placcate d’oro che, disposte in modo radiale su più livelli sovrapposti, formano un’imponente circonferenza che richiama l’immagine del sole. L’opera, prodotta grazie al supporto di glo for art, è stata donata dall’artista al MAXXI di Roma e alla Triennale Milano, ed è stata installata rispettivamente su una delle pareti di cemento della lobby del museo capitolino e all’esterno del Palazzo dell’Arte a Milano.
La falce, strumento fondamentale per la vita rurale quotidiana, rappresenta la fatica e la dedizione dell’uomo nei confronti della terra e del suo ciclo vitale e possiede anche un intrinseco significato simbolico che richiama inevitabilmente le lotte operaie aprendo Falena a una dimensione sociale e politica. Testimone oggi di una immagine del mondo che va verso l’estinzione della vita contadina e delle ideologie politiche, Falena offre una riflessione più ampia sull’uomo, sul lavoro e sull’adattamento alle forze trasformative della natura, più che una contemplazione nostalgica sulla vita rurale.
Il continuo rimando alla falce, simbolo del lavoro nei campi, dei riti e dell’ideologia, e il sole, simbolo della vita e del divino, ci ricorda come gli esseri umani si affidino alla cultura non solo per la sua strumentalità, ma anche come a una vera e propria seconda natura. In Falena le falci scintillanti non si aggiungono al sole, bensì si naturalizzano sostituendosi ai raggi stessi. Diventano un apparato, una finzione che per poter funzionare non deve essere svelata immediatamente. Così l’installazione fa emergere un vuoto negli assolutismi della cultura occidentale, sottolineando come la nostra concezione di natura non sia altro che un costrutto culturale. E in questo svuotamento, l’esigenza di costruire un enunciato compatibile con la nostra visione del mondo appare irrinunciabile. Allo stesso modo l’uomo ha assunto il compito di costruire il concetto di natura e, per farlo, ha dovuto necessariamente inventarlo. La cultura è stata spesso un mezzo per distinguere il territorio propriamente antropico dal restante mondo animale. La funzione un tempo affidata ai concetti sostanzialmente religiosi quali anima e spirito – che sancivano l’essere umano come qualitativamente superiore al regno animale – sembra riecheggiare in modo laico, con l’affermazione delle scienze umane e sociali, nella nozione di cultura.
L’opera di Vascellari ci palesa come la natura, sebbene spesso concepita come un’entità autonoma e indipendente, sia in realtà un concetto plasmato e definito a partire dalle interazioni umane e dalle rappresentazioni sociali che gli esseri umani attribuiscono all’ambiente che li circonda. I modelli di sfruttamento delle materie prime, l’agricoltura intensiva, l’urbanizzazione e l’alterazione dell’ambiente sono tutti risultati di processi che riflettono le priorità e i valori della società contemporanea. Evidenziare la costruzione culturale di questo concetto, così come il superamento della dicotomia natura/cultura, diventa un invito a riflettere sul nostro ruolo e sulla nostra responsabilità nel plasmare la realtà che ci circonda. Perché questo ripensamento offre uno spazio di libertà poietica, dove poter adottare un approccio olistico che sospende la nostra ingenua fiducia nell’essere spettatori di una realtà già costituita secondo canoni e orientamenti prestabiliti.