Alla sua quinta edizione, Against Sun and Dust presenta il progetto espositivo di Cyprien Gaillard, che si compone di opere nuove e recenti, esposte nell’ala roveresca di Villa Imperiale e negli spazi esterni.
La Villa è osservata nel suo complesso di memoria naturale, come corpo monolitico esposto per secoli alla luce diretta del sole. Inquadrando l’area del Parco San Bartolo, lo sguardo si amplia alla storia recente di quel boom edilizio, turistico e consumistico che ha contribuito al fenomeno della Riviera club culture. Il progetto è una nuova occasione per Gaillard per testare il senso dell’occupazione e la trasformazione dello spazio naturale, la preservazione della stratificazione architettonica e geologica, e le lacerazioni dovute all’ascesa e al declino di utopie storiche o contemporanee.
Nel Cinquecento, l’architetto e artista Girolamo Genga, su committenza dei Della Rovere, realizzò l’ampliamento di Villa Imperiale. Rispetto al complesso quattrocentesco, esso assunse il carattere di un’enigmatica villa estiva, una fortezza all’interno del bosco che quasi paradossalmente racchiude prevalentemente giardini e spazi aperti. Un progetto comune di vita gioiosa che Leonora Gonzaga dedicò al marito Francesco Maria della Rovere, “in compensazione del sole, della polvere, delle notti insonni in battaglia” – quel “Pro sole pro pulvere…” dell’epigrafe in cortile che ha ispirato il titolo Against Sun and Dust. Ma il programma utopico non fu mai pienamente realizzato, a causa della morte prematura del Duca. Leonora si ritirò in lutto lontano da Pesaro e la Villa rimase parzialmente incompiuta.
Negli anni Novanta, l’Italia registrò l’apice della circolazione di denaro contante – oggetto di molti casi di corruzione e criminalità – nonché di un boom di produzione di macchine bancomat. Le aziende risposero alle esigenze dei clienti, progettando ad esempio tendine metalliche per schermare i raggi del sole sul monitor e garantire privacy. In un cortocircuito di riferimenti, il progetto di questi schermi di protezione si ispirò al film di fantascienza Stargate (1994), in cui gli elmi delle guardie egizie si rivelano telescopicamente schiacciando un pulsante. I bancomat sono oggetti che, in un futuro prossimo, potranno forse estinguersi, considerato l’uso crescente della moneta virtuale. Nel cortile roveresco, attraverso un portale di archi, si accede a una lunga parete cieca: questo ambiente biabsidato rappresenta un caso architettonico ambiguo, un interno-esterno avvolto da una semi-ombra costante. Da qui si raggiungono gli appartamenti dei Duchi, dove Gaillard presenta un nuovo corpo di sculture, dal titolo Penombra (Prelievo): risultato della gemmazione naturale di lamelle metalliche, corpi di un’armatura animale-militare cristallizzati nel movimento. Installati sulle soglie delle stanze attivate come portali, le opere sono accompagnate da Tobit Typing, il retro di un disegno in cui si intravede una figura di spalle, soggetto di una stampa ottocentesca di Tobia il cieco, da disegno di Rembrandt. Déjà vu di ricerca e consumo di contante arcaico, che riverbera anche nell’apparato iconografico della Villa, in cui allegorie di Danae e la Pioggia d’oro o di Re Mida sono tra i soggetti degli affreschi cinquecenteschi.
Absorbent Figure, 2023, è una scultura in alluminio di un “Buddha piangente,” souvenir indonesiano ampiamente diffuso in Olanda. Si pensa che questo Buddha guarisca i mali di chi lo tocca; realizzato nella sua finitura industriale, l’opera è stata presentata nel 2023 nella storica discoteca berlinese Tresor, rimando al circuito di autodistruzione e conservazione di sé intrinseca nell’esperienza del clubbing. L’installazione Penombra (Prelievo X) si compone di frammenti esausti di bancomat, in cui il sistema di macchiatura di banconote tramite inchiostro indelebile è stato azionato dai tentativi di furto.
Il lavoro Porphyr Parking Post è collocato all’ingresso del cortile roveresco del complesso architettonico, come transenna naturale. La sua presenza dà forma a una ricerca in corso dell’artista dedicata alle pietre e ai frammenti di antichità, portata avanti con la curatrice Vittoria Bonifati e l’artigiano Dante Zanon. Per formazione geologica, le pietre sono tutte definibili come “antiche,” ma solo alcune tipologie vennero impiegate in architettura e scultura in epoche storiche come il periodo Tolemaico; tra queste, il porfido estratto dalla cava – oggi chiusa – di Gebel Dokhan in Egitto, da cui proviene il blocco in mostra. Questa roccia venne impiegata dagli Egizi e in seguito dai Romani per il suo caratteristico colore rosso porpora, simbolo di dignità imperiale; il suo uso divenne ricorrente anche nel Rinascimento. Si legge in alcune lettere dell’architetto Genga che alcune lastre di porfido vennero da lui acquistate a Roma per i duchi: avrebbero forse dovuto completare l’apparato decorativo di Villa Imperiale, ma probabilmente non giunsero mai a destinazione.
Su invito di Gaillard, l’artista multimediale ucraino Ihor Okuniev ha composto l’opera sonora Fields, che risuona dalla grotta del cortile. Parte di una composizione in evoluzione, essa prova a trasmettere l’atmosfera del paesaggio che circonda l’artista durante la guerra. Registrazioni sul campo di foreste ghiacciate, “freddi” suoni invernali della natura, completano i ritmi sintetizzati della composizione. Una traccia di memoria simbolica e personale che diventa frammento pulsante del vortice della storia.
Cornelia Mattiacci
Alessandra Castelbarco Albani
Ruggero Pietromarchi