Andrea Lissoni: Come stai?
Fatima Al Qadiri: Sto bene. Ho appena concluso un progetto molto importante, quindi questa è la mia prima settimana di recupero.
AL: Si tratta di un progetto che diventerà pubblico o è qualcosa di personale? Sono curioso. È un film?
FAQ: Sarà pubblico, è un film e uscirà quest’anno. Praticamente ho appena finito di comporre la colonna sonora per un film dell’orrore spagnolo, e mi ha davvero messa alla prova. Scrivere la colonna sonora per un film horror in questo periodo, tutta questa situazione, insomma la realtà è già piuttosto intensa. È stata un’esperienza che mi ha spinta oltre i miei limiti.
AL: Dev’essere bizzarro, è proprio vero. Mi ricordo che un anno fa – quando tra l’altro ho contratto il virus – la realtà era davvero un film dell’orrore. Non esiste una forma cinematografica che meglio descriva ciò che è accaduto. Il senso di paura, di qualcosa che cresce dentro di te, e la camera di isolamento/controllo, la “porta” come confine: apri la porta/non aprire la porta. Quindi è piuttosto interessante sentirti parlare proprio adesso di un film horror.
FAQ: Già. Il film è sull’orrore dell’invecchiamento, che, ovviamente, riguarda tutte quelle persone anziane a rischio a causa del virus… Si intitola La abuela [la nonna]. Il film inizia durante la settimana della moda di Parigi e parla di una modella, giovane e piena di vita che improvvisamente deve tornare a Madrid per prendersi cura della nonna morente, e qui inizia l’horror. È molto divertente l’aspetto della fashion week, del lavoro delle modelle e dell’industria della moda: ho molti amici stilisti e ho lavorato nella moda, quindi è stato molto interessante che il regista, Paco Plaza, abbia adottato questo punto di vista. Mi piace molto l’idea di realizzare un film dell’orrore partendo dall’idea dell’invecchiamento, dato che generalmente questi film sono sempre sui vampiri – sto pensando a The Hunger. C’è un elemento soprannaturale anche ne La abuela, ma non si tratta di vampiri.
AL: Ho letto una bellissima conversazione tra te, Negar Azimi e Mati Diop, non ricordo precisamente quando. C’è un momento in cui parlate di film horror, menzionando le origini degli zombie…
FAQ: Oh, il problema sta nella parola “zombie” – non penso alle ragazze del film come a degli zombie perché sono impossessate dal jinn. Credo che l’elemento “zombie” sia una traslitterazione occidentale, ma nella cultura senegalese e anche nella concezione di Mati, si tratta del possesso da parte degli spiriti morti dei ragazzi in mare.
AL: Quella figura mi ha sorpreso. Ovviamente non conoscevo il jinn. È veramente sempre presente? Non mi è chiaro. Voglio dire, a volte il jinn appare, e tu e Mati siete d’accordo su questo, ma io mi sono perso.
FAQ: Ciò che entrambi abbiamo capito è che il concetto di possesso da parte del jinn è comune nell’Islam, ma quando il film è stato presentato a Cannes è stato visto da un pubblico occidentale, probabilmente il termine è stato tradotto in modo sbagliato, oppure i critici occidentali hanno chiamato “zombie” questi personaggi perché non hanno familiarità con la possessione del jinn. Lavorare al progetto è stato entusiasmante proprio perché affronta questo aspetto della cultura senegalese, che appartiene anche a quella kuwaiti.
AL: È difficile per me fare domande che riguardino il suono, perché rientra nel modo in cui penso ma non è mai stato una disciplina di studio. Piuttosto che ascoltare, sento. Forse sono un ascoltatore appassionato. Mi sono imbattuto in una bellissima connessione, e tu eri presente in entrambe le situazioni: ho lasciato Monaco il giorno prima dell’apertura di Holy Quarter di Monira Al Qadiri a gennaio 2021, presso Haus der Kunst. Sia l’opera sia la colonna sonora mi sono rimasti impressi a lungo. Il giorno successivo sono andato a Rotterdam e mi sono imbattuto nella proiezione di Atlantics (2019) per la prima volta sul grande schermo. Sono una persona all’antica, mi piace guardare i film sul grande schermo. Mi ha colpito molto il fatto che tu fossi molto presente in entrambi i lavori. Vuoi dire qualcosa su Holy Quarter? Quando ho ascoltato Medieval Femme (2021) mi ha sorpreso ritrovare il sound di Holy Quarter. C’era questa eco nella mia testa, ma non ho avuto modo di controllare perché non avevo la colonna sonora di Holy Quarter – sono andato a memoria. È possibile che ci sia un legame tra la colonna sonora di Holy Quarter e quella di Medieval Femme?
FAQ: In realtà non c’è un legame. Quando nel 2019 Monira stava realizzando il film, mi ha chiesto della musica. Io avevo cinque tracce prodotte per un film di fantascienza che sapevo non sarebbero andate da nessuna parte, non le avrei usate affatto. Ho pensato che sarebbero andate bene per lo scenario del film ed erano composte al 99% da cori digitali. È questo lo “strumento” principale della colonna sonora di Holy Quarter, mentre in Medieval Femme c’è solo un piccolo suono di coro. Per il resto, le voci dell’album sono registrate dal vivo, tranne un campionamento della recitazione di una poesia. Dal mio punto di vista, sono due cose totalmente differenti.
AL: Devo avere avuto allucinazioni sonore allora. Hai detto una cosa che mi ha incuriosito: ascoltando Medieval Femme, ho notato la presenza della voce. Mi sono chiesto se fosse la tua voce – anche in un’altra traccia, credo fosse “Golden”.
FAQ: Si, anche in “Golden” c’è la mia voce.
AL: Certo. Una domanda molto semplice: da dove nasce questo lavoro? Perché hai deciso di mettere insieme tutti questi elementi?
FAQ: L’idea dell’album è nata nel 2016. A volte, nel processo di composizione, il titolo è la prima cosa che mi viene in mente. L’idea era quella di creare una sorta di album fantastico e medievale che affondasse le sue radici nella sensualità della depressione. Ma ho accantonato il progetto perché non sapevo cosa volessi fare esattamente e come lo volessi manifestare musicalmente. Poi ho comprato un libro, Classical Poems by Arab Women, edito da Abdullah Udhari, sia in arabo che in inglese – risale al periodo Jahiliyya, l’era preislamica del XIII secolo.
Mentre lo leggevo, ho realizzato che la recitazione della poesia araba è molto sensuale qualsiasi sia l’argomento che tratta, che sia un’elegia, una lode, o altro. Ci sono diversi generi di poesia scritti in arabo classico. Nello specifico ho letto le poesie di Al-Khansā, una poetessa del VII secolo famosa per le sue elegie, in cui emerge questa contraddizione tra parole cariche di dolore e la loro restituzione sensuale. L’unico poema classico dell’album si trova nella nona traccia, “Tasakuba”, ed è recitato da Kaltham Jassim. È un campionamento che ho trovato online, su un canale YouTube dedicato alla letteratura araba classica. Le parole erano così belle. Si tratta di un breve distico che ho ripetuto, in cui si rivolge al suo sguardo. Lei sta parlando al suo occhio e trovo che sia qualcosa di estremamente surreale per una poesia del VII secolo. Penso che sia super sperimentale.
AL: Infatti ascoltando la traccia si ha la sensazione di un dialogo. Voglio dire, io ho avuto la netta sensazione di ascoltare un dialogo.
FAQ: Già. Quando dice “Oh mio occhio, perché non piangi come una cascata? In questi tempi desolanti, un tempo che è desolato”. Molta della sua poesia riguarda la disperazione, ma il modo in cui viene recitata è estremamente sensuale, così come tutta la poesia araba. La mia mente ha iniziato a pensare alla natura possessiva della depressione e alla sua relazione con la bramosia, il desiderio, e a come la depressione sia fondamentalmente un desiderio che blocca il tuo percorso, che dirotta il tuo corpo, che fa fermare qualsiasi cosa. In qualche modo, la depressione è un momento di trasformazione. Così ho cercato di vederla come lo stadio supremo della trasformazione. Non è la nascita o la morte, ma la depressione. Può essere un modo per avvicinarsi al desiderio di sé stessi. Ho ripensato a quando ero adolescente: avevo avuto un’esperienza molto traumatica e stavo attraversando un periodo di forte depressione. Non ho chiesto aiuto fino ai 32 anni. Avevo l’abitudine di fantasticare di poter viaggiare in luoghi storici. Questa fantasia medievale è nata quando era adolescente, quindi volevo che questo emergesse nelle tracce. Volevo che l’album riflettesse la mia storia personale, ma in qualche mondo anche quella di queste poesie classiche. Tutte queste cose in un suono contemporaneo.
AL: È molto commovente. Ho preso qualche appunto molto casuale durante l’ascolto, e uno dice “buco profondo/depressione/vulcano”. Credo che sia stato questo a farmi associare emotivamente questo lavoro a Holy Quarter, un’opera maestosa su un’area deserta, un cratere gigante. Il modo in cui hai descritto la depressione – che purtroppo conosco bene per ragioni famigliari – è impressionante; c’è qualcosa che provo quando mi lascio andare, quando mi sincronizzo al suono, ma lo faccio con gioia,. Mi ha trascinato giù, fisicamente e sensorialmente. Stavo letteralmente precipitando, ma senza provare alcuno stress, se capisci cosa intendo. Quando sto solo ascoltando, ho una strana percezione scultorea. Sono stato colpito da “Zandaq”, che ho continuato ad ascoltare a lungo. È una traccia incredibile. Come realizzi un album? Lavori a più tracce allo stesso tempo? Oppure decidi quando comporle, una dopo l’altra?
FAQ: Quando ho iniziato effettivamente a comporre, due tracce esistevano già come bozze. “Tasakuba”, la nona traccia, e “Golden”. “Golden”, nella sua forma iniziale, è stata scritta nel 2009. Non era una traccia completa, ma esisteva dal 2009 e sapevo che ne avrei fatto qualcosa. Non abbandono mai le mie composizioni. La traccia faceva parte di un insieme più grande, ma non sapevo ancora quale fosse. Medieval Femme non esisteva neanche come idea nel 2009. “Tasakuba” è stata scritta in un momento in cui stavo lavorando a molte idee diverse and non sapevo che strada avrebbero preso. È quasi finita nel film di Mati. La versione strumentale di “Tasakuba” avrebbe fatto da colonna sonora al prologo di Atlantics, ma alla fine Mati ha deciso di non realizzarlo. Ha iniziato direttamente il film.
Devo dire che il prologo era molto bello. Spero che lo utilizzi come extra o qualcosa di simile per il film. Dopo il Grand Prix, Atlantics ha iniziato una specie di tour mondiale in cui veniva presentato in diversi festival cinematografici. L’ultimo a cui ho partecipato è stato a Los Angeles alla fine di novembre, ma Mati ha continuato fino alla fine di febbraio.
AL: Al Rotterdam Film Festival all’inizio di febbraio, ove, dieci mesi dopo la sua uscita, il film era ancora pienamente attivo nella sua funzione di perturbare il pubblico.
FAQ: Come ho detto, il tour mondiale riguarda i festival cinematografici. A metà dicembre del 2019, ho iniziato a scrivere seriamente l’album perché sentivo il bisogno di lavorare fisicamente a quest’idea. Ho scritto alcune parti strumentali, e poi verso gennaio ho capito che mi sarei trasferita a LA. Ho smesso di lavorare e sono arrivata a LA il 6 marzo, circa una settimana dopo la città era in lockdown. A quel punto ho veramente iniziato a comporre l’album. Il momento è stato perfetto: il mondo si era fermato e io mi sono ritrovata in uno stato di profondo isolamento, come chiunque, e tutti eravamo depressi. Mi sono sentita vulnerabile perché due anni fa ho avuto un enfisema. E da allora sono andata più volte al pronto soccorso accusando dolori al petto. Ero terrorizzata da questo virus. Ho scritto la maggior parte dell’album in un loft nell’Art District di Los Angeles – non so se conosci quella zona. È molto desolata, c’è tanto cemento e poco verde. Non c’era una singola anima per strada. Sembrava una situazione post-apocalittica. Credo che la sensazione sia stata la stessa in tante città nel mondo perché ovunque tutto si è fermato all’improvviso. Se non ci fosse stata la pandemia e LA fosse stata in piena attività, forse avrei avuto bisogno di più tempo per scrivere l’album. Successivamente mi sono trasferita in una casa a Glassel Park, un quartiere di periferia, dove ho ultimato il lavoro e ho intravisto la fine del processo.
AL: Come dai forma alla sequenza delle tracce? È una curiosità che ho perché ti percepisco lavorare in questo come fossi un’artista visiva, non so se vedi in che senso.
FAQ: Compongo molte tracce e poi inizio a limare. È un processo di rimozione e ridefinizione. Ad esempio, la quinta traccia, “Stolen Kiss of Succubus”, è stata scritta in una sola seduta. È stata improvvisata alle 4 di mattina in Kuwait e mai modificata – era pronta. Non posso dire lo stesso di nessun’altra traccia dell’album, solo di questa.
AL: Quando si ascolta una traccia su SoundCloud, è possibile vedere anche la forma dell’andamento del suono, che è ciò che solitamente vedono i musicisti quando compongono, mentre gli ascoltatori no. “Stolen Kiss of Succubus” ha un andamento molto semplice, va su e giù. Su e giù, come un’onda incontaminata. Sapevi in quale punto dell’album l’avresti inserita? Come arrivi a pensare okay, ora c’è “Vanity” e dopo “Stolen Kiss of Succubus”?
FAQ: Sono convinta che ci sia sempre una specie di narrazione sonora. Penso che “Medieval Femme”, la prima traccia, lanci un incantesimo. La seconda, invece, dà la sensazione di camminare nei corridoi di un palazzo, è come se dicesse “Ora sei nel mio mondo, lascia che ti mostri le sue strade”. È come sei mi trovassi nell’Alhambra perché se penso allo spazio di questo disco, mi immagino il più bel giardino palatino islamico, che per me è qualcosa di estremante decorativo e sfarzoso. È il giardino dell’Alhambra, dei palazzi medievali della Penisola Iberica, o di un cortile a Marrakesh. Sono questi gli spazi in cui fantasticavo di trovarmi da adolescente, perché, come puoi immaginare, il Kuwait è molto caldo e secco. L’ambiente e i suoi spazi sono asettici e per nulla stimolanti. C’è poco spazio per la fantasia. Manca completamente la vegetazione. Nell’Islam, inoltre, il paradiso è un giardino chiamato Jannah – come il Giardino dell’Eden nella Bibbia.
Quando penso al paradiso, penso sempre a un giardino. Il Corano – e questa è una mia interpretazione – lo leggo in giardino. Quindi ogni volta che da bambina o adolescente ho visitato un paese dalla vegetazione molto rigogliosa, ho sempre avuto la sensazione di essere in un trip. Era come se avessi preso dei funghetti e avessi delle allucinazioni perché non ero abituata a vedere tutto quel verde. E soprattutto mi ricordava il paradiso, mi ricordava il Jannah.
AL: Si, l’intero album trasmette questa sensazione. Sono specializzato in un momento specifico della storia dell’arte, il XVI secolo, in storia dei giardini e in particolari in grotte artificiali. Posso confermare che ciò che hai descritto si percepisce senza leggere niente: un recinto, un enclave ricco e impeccabilmente progettata, con poco spazio per il disordine ma molto per la riflessione.
FAQ: Volevo che ci fosse un certo distacco perché si tratta di una fantasia. Volevo che l’album avesse un suono il più distante possibile. Penso che le parti che non risultano abbastanza distanti siano delle distorsioni molto forti. È il caso di “Golden”. Questa traccia è il momento dell’album in cui la realtà cerca di riportati indietro, il dolore prova a riportarti a galla. È come se fossi precipitato in un buco, un bellissimo buco che ti sei scavato da solo, ma qualcuno cerca di afferrarti per riportati in superficie. E poi di nuovo riprendi a cadere, e l’elemento fantastico torna ad essere distante. Ho ottenuto questo effetto grazie al riverbero, che ho utilizzato molto nell’album proprio per creare quella sensazione di fantasia.
AL: Capisco cosa intendi. Non conosco il termine corretto, ma c’è qualcosa che chiamerei pizzicato.
FAQ: Certamente, pizzicato. È un elemento ottenuto attraverso il tanbur, il qanun and l’oud. Sono strumenti a corda antichi, suonati ancora oggi, con cui ho sempre voluto lavorare, ma non sapevo come. Non volevo realizzare qualcosa che sembrasse… è molto difficile fare qualcosa di contemporaneo con questi strumenti. È una vera sfida perché, molto spesso, il risultato è una mescolanza di folk ed elettronica, e penso che sia un disastro. Non mi piace quel tipo di musica.
AL: Già, è ciò che definisci “mondo” nella tua conversazione con Mati e Negar, quel tipo di musica mondiale, giusto?
FAQ: Esatto. C’è della musica molto bella ovviamente, ma trovo che la combinazione di folk ed elettronica sia difficile da fare nel mondo giusto. Ad ogni modo non era ciò che stavo cercando di fare. Il tanbur, ad esempio, è uno strumento tipico della Mesopotamia, non è nemmeno arabo. È ancora più vecchio della poesia araba, è uno strumento antico con cui ho semplicemente sperimentato. Improvviso tutto e poi continuo a perfezionarlo mentre scrivo. È il motivo per cui ho aggiunto i sintetizzatori nelle tracce con il tanbur, il qanun e l’oud. È un modo di combinare gli elementi che ha senso per me. In qualche modo è questo il suono che produce una persona contemporanea con delle fantasie medievali.
AL: Funziona tutto molto bene, mi piace molto e lo ascolto continuamente. Il legame con Atlantics è inevitabile, quindi ho iniziato ad ascoltarlo. Il senso di “distanza” di Medieval Femme corrisponde a quello di “sospensione” di Atlantics. Sembra che ci sia qualcosa che fluttui. Ho scritto la parola “sospensione” nell’appunto di ogni canzone. Come sei riuscita a ottenere questo stato antigravitazionale vagamente inquietante?
FAQ: Hai ragione, non avrei potuto dirlo meglio. Quando stavo componendo la musica per Atlantics, Mati mi ha spinto verso una precisa direzione – una direzione di fragilità e vulnerabilità, che avevo già sperimentato nella mia musica prima, ma senza mai pervadere un mio lavoro nella sua totalità. Una traccia qui, una traccia lì – era presente, ma non aveva mai avuto un ruolo primario. Quindi Atlantics è stato come una porta, che Mati ha spalancato per me, così che potessi realizzare Medieval Femme. Non credo che Medieval Femme esisterebbe così come è adesso, dal punto di vista sonoro, se Mati non mi avesse spinto in una precisa direzione per Atlantics. Ripeteva sempre “Devi comporre musica che non travolga i personaggi sullo schermo. Voglio sentire la loro fragilità. Voglio sentire la loro sensibilità”. Questo album è dedicato a lei. È stata un’incredibile fonte di ispirazione.
AL: È per questo che ho pensato spesso che ci fosse qualcosa che gemesse sommessamente, come un’eco. La colonna sonora di Holy Quarter riverbera, ma nel complesso emana un’idea di profonda monumentalità – una sorta di monumentalità negativa.
FAQ: Si. Ho concepito le tracce di Holy Quarter come un album fantascientifico. Scrivendole pensavo a un musical ambientato nello spazio. Per questo, quando Monira mi ha chiesto della musica per Holy Quarter, descrivendomi l’aspetto della scenografia, ho pensato che queste tracce fossero perfette.
AL: È vero. Lo sguardo fluttua. C’è una specie di macchinario semi-umano che volteggia sulla sabbia, sulla polvere del deserto. In questo senso, è un’opera profondamente monumentale. Non c’è niente, ma lo senti comunque nella sua potente entropia.
FAQ: Aiuta il fatto che sembri un altro pianeta. Sembra la superficie di Giove. È come un’immagine della NASA. È incredibile.
AL: Assolutamente. In Atlantics, invece, ci sono delle voci. Ho trovato toccante il fatto che le voci che inserisci nelle tracce non siano collocabili, a volte sono sopra, a volte di fronte, a volte sotto. Non ho mai avuto la sensazione di trovarmi di fronte a delle voci, come di fronte al suono proveniente da un impianto. Anzi, mi sono spesso sentito circondato da creature fantasmagoriche. È sconcertante soprattutto pensando a come la voce è solitamente impostata sulla musica, che sia pop o meno. È come sentire delle strane onde che increspano pacificamente a causa di flussi non convenzionali. Non saprei come altro descriverla, riesco solo a evocare una sorta di fisicità mormorante.
FAQ: Beh, hai ragione. Penso che valga lo stesso discorso per la creazione del senso di distanza. Sono affascinata dalle cose che pensi di sentire, ma allo stesso tempo credi che la tua mente ti stia giocando degli scherzi. È ciò che trovo più interessante delle canzoni. Molto spesso, nella mia esistenza, ho pensato di aver sentito un suono che provenisse da un altro mondo. E poi ho dedicato il resto della mia vita a riprodurre lo stesso momento nella mia mente, ed era sempre una voce.
AL: Interessante. Beh, non posso fare a meno di chiederti di quell’incredibile, distopico assemblaggio di voci che è “Yelwa Procession”. Quando la traccia è partita, non avevo idea di che cosa fosse. Amo “Yelwa Procession”, ma non saprei come definirla, e non ho memoria del momento del film in cui si trova. Come hai realizzato questa traccia?
FAQ: È il momento della processione del matrimonio. È divertente perché quando Mati stava girando il film, mi ha chiesto una cartella di musica inedita come fonte di ispirazione. Le diedi “Yelwa”, una traccia prodotta nel 2007 ma mai pubblicata. Quando mi ha mostrato la prima versione del film, ha esitato. Mi ha detto “Ho fatto qualcosa a una delle tue tracce. Non uccidermi”. Era preoccupata, pensava che mi sarei arrabbiata perché aveva fatto delle modifiche. Praticamente ha creato un loop dell’intro della traccia, che quindi si ripeteva continuamente. È stata questa la sua ingenuità come editor del suono: ha creato un loop e successivamente ha messo delle donne che escono dalle loro macchine, applaudendo – o come diremmo in inglese, ululando. Quindi ci sono queste donne che applaudono e ululano a ritmo di musica. Ho pensato che Mati avesse un orecchio incredibile. Io non avrei mai pensato di creare un loop dell’intro per quella sequenza del film. In passato Mati faceva mix sonori per le performance teatrali o di danza, quindi il suo punto di vista non è solo registico, ma è anche di campionatrice.
AL: Certo, capisco. Quindi questa traccia potrebbe essere co-creditata.
FAQ: Voglio dire, lei ha creato il loop. Io non avrei saputo farlo. Nell’album ho tenuto anche le voci di donne della sequenza, cambiando qualcosa qua e là. Ma in generale è rimasta piuttosto intatta.
AL: È un modo veramente umile di descrivere una collaborazione nella sua forma più pura. È molto raro e bello.
FAQ: Penso che la cosa più bella di questo progetto sia il fatto che ci siamo incontrate la prima volta, non ci conoscevamo affatto. E ora è una delle mie più care amiche. Abbiamo affrontato questo processo insieme e ora siamo come sorelle. Non è comune nell’industria cinematografica che ci sia questo tipo di collaborazione tra compositore e regista.
AL: Fantastico. Voglio dire, da come ne parli, sembra un’esperienza straordinariamente sincera, molto spesso la definizione di collaborazione è abusata, tokenizzata.
FAQ: È incredibile. Come ti ho detto, io non avrei mai realizzato una colonna sonora così minimal. E pensando a tutta questa fragilità –Mati mi ha veramente aperto una porta. È sempre stata lì, ma era chiusa, e lei aveva la chiave.
AL: E che emerge da Shaneera?
FAQ: Oh, no, Shaneera esisteva già nel 2011, ma come idea. Sapevo di voler realizzare un album dance folle e impregnato del mondo queer arabo. Quindi mi ci sono voluti diversi anni per produrlo. Ho molti titoli di album in testa e so che a un certo punto, in futuro, li realizzerò.
AL: È incredibile come ti destreggi nel tuo repertorio. In realtà mi riferivo più al fatto che sia un personaggio frontale. È come se i personaggi siano più sbiaditi – presenti ma come delle onde, delle scie di profumo…
FAQ: Si, è molto estremo. È un grande salto. Ma in mezzo c’è Atlantic, che è stata una sorta di transizione.
AL: Abbiamo attraversato – o forse stiamo ancora attraversando – un inaspettato momento di ricezione, o comunque io lo percepisco in questo modo: essere esposti a incorporare, diventare ospiti…nel campo culturale, in cui le immagini sono diventate dominanti e le modalità di ascolto e lettura appaiono come risorse estremamente preziose. Tanto le letture approfondite, quanto gli ascolti approfonditi. Non ho mai ascoltato tanta musica nella mia vita quanto nell’ultimo anno. Mai. Medieval Femme è stata una piacevolissima rivelazione . Era da tanto tempo che non mi imbattevo in qualcosa di così creativo e inaspettato. Negli ultimi mesi mi sono lasciato prendere dalla musica ambient. A volte è oscura, altre quasi spirituale, altre ancora ha dei rimandi agli anni Novanta, caratterizzata da linee di field recording di impastate, in cui qua e là, compaiano parole. Questo è quello che succede quando si va contro al modo canonico di ascoltare la musica – ho saltato e ballato tra nuvole di energia, fra afrobeats e qualsiasi forma di reggaeton. È strano trovarsi di fronte a qualcosa che non ci si aspetta e che ti porta fuori strada. A proposito, com’è vivere a LA?
FAQ: Ciò che mi uccide è la distanza tra LA e il Kuwait. Entrambe le mie sorelle si trovano in Europa, quindi non sono poi così lontane. Ma la distanza con il Kuwait mi spezza il cuore. E non so per quanto tempo riuscirò a sopportarla. Soprattutto perché miei genitori stanno invecchiando…
AL: Mi ricordo di aver incontrato tua madre, Thuraya Al-Baqsami, due volte. La prima a Londra, a Gasworks. Il suo entusiasmo è indimenticabile. È sua l’opera sulla copertina di Medieval Femme, vero?
FAQ: Il mio apprezzamento per la produzione artistica di mia madre si è rinnovato in seguito a una sua retrospettiva al Sharjah Art Museum nel 2017. Ho avuto l’occasione di ammirare decenni di lavoro in un unico spazio. Quando ho iniziato a scrivere l’album, in Kuwait nel 2019, volevo una delle sue incisioni su linoleum per la copertina, perché è la mia tecnica di stampa preferita, e ha qualcosa che rimanda agli anni Settanta.
AL: È l’opera con il quadrato blu che racchiude la testa di una donna e un uccello sulla sua spalla?
FAQ: Si, ma l’originale era leggermente diverso. Volevo rendere l’immagine un po’ più tridimensionale. L’originale è praticamente uguale, ma somiglia più a una stampa. È veramente incredibile: il titolo è Message I e lo ha realizzato due settimane prima dell’invasione del Kuwait. Ha avuto una sorta di premonizione…
AL: Me lo stavo proprio chiedendo. Il 1990 non è l’anno della prima Guerra del Golfo?
FAQ: No, è dell’anno dell’invasione, che è avvenuta il 2 agosto 1990. Ha realizzato l’opera due settimane prima, mia madre è una sensitiva. Aveva delle premonizioni e ha realizzato due opere, questa è una. Quando guardo questa figura, non posso non notare il suo sguardo enigmatico. Non c’è l’iride, ma solo un occhio vuoto. Potrebbe provare dolore, potrebbe essere estatica. A me sembra che si possa percepire l’oscuro desiderio che c’è in lei. Ed è per questo che ho scelto quest’opera per la copertina dell’album, perché è la figura di qualcuno che sta retrocedendo in secondo piano. E nessuno può raggiungerla. Credo sia questa la ragione per cui molte persone cadono in uno stato di profonda depressione: sono inaccessibili.
AL: Si, ha un’energia incredibile. Mentre stavi parlando, avevo in testa l’immagine della tua performance all’Aia. Te la ricordi? Je7eem, una proiezione gigantesca, il cielo arancione o la sabbia. E tu eri seduta di fronte alla tempesta di luce dello schermo con la schiena rivolta verso il pubblico. Che tipo di musica era?
FAQ: Era musica che non ho mai pubblicato. L’avevo realizzata specificatamente per la performance. Anzi, cedo che una delle tracce faccia parte di Holy Quarter. La performance è stata inscenata solo due volte, una al Barbican e una all’Aia, e poi basta perché in realtà sono quasi svenuta in entrambi i casi per colpa delle luci lampeggianti e del fumo. L’ho fatta solo due volte perché avevo paura di svenire e cadere giù dal palco! Io ho realizzato la musica ed Emmanuel Biard i video. Gli dissi che mi sarei seduta in mezzo al palco e sarei rimasta immobile, dando le spalle al pubblico. Era praticamente una prova di resistenza perché le luci erano molto intense. Non sono brava a gestire le luci lampeggianti, soprattutto se mi arrivano direttamente in faccia. Ho tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo della performance. Trenta minuti a occhi chiusi seduta su una sedia in mezzo al palco. È stata un’esperienza strana [ride].
AL: L’ultima volta che ci siamo visti non abbiamo avuto modo di parlare. È divertente perché c’erano degli schermi tra di noi. Ho visto Shaneera sul palco e poi per qualche ragione non ci siamo incontrati. Sono riuscito a conoscerti solo attraverso Holy Quarter e Atlantics, anche se quest’ultimo l’ho visto molto dopo, e poi siamo andati tutti in modalità invisibile. Atlantics è stato proiettato durante l’ultimo grande festival dell’anno. Quindi mi sono chiesto, dov’è lei ora che tutto è così remoto? Dopo è arrivato Medieval Femme. Perché hai usato la parola francese “femme”?
FAQ: Volevo cogliere l’essenza della femminilità senza concentrarmi sulle donne “cis” – la femminilità è accessibile a tutti in modi molto semplici. L’ho fatto per poter penetrare il desiderio delle donne medievali e per abitarlo, per imparare come navigarlo e utilizzarlo in un processo di guarigione. Questo tipo di desiderio non esiste più oggi.
AL: Quindi non tanto la parola francese, quanto un suono.
FAQ: Non proprio, voglio dire, è così ma non è così. La mia “femme” è femminile. Volevo sottolineare l’essenza spirituale della femminilità. È praticamente l’opposto, diciamo, della mascolinità tossica – di questo disimpegno distante e sfuggente da parte del potere e del mondo. Si sta confinando veramente nell’anima più profonda e nel sogno.
AL: Questa sensazione, questa impressione, traspare veramente. Ho fatto fatica a mettere insieme queste due parole e sono arrivato alla conclusione che non dovremmo leggerle come una frase, quanto piuttosto come un suono.
FAQ: Si, assolutamente. Non è un nome, ma un aggettivo.
AL: È stata davvero un’incantevole esperienza d’ascolto. Credo che questo sia stato il primo album nuovo che ho ascoltato da quando è iniziata la pandemia. Spero che possa portare gli ascoltatori a un nuovo livello, come ha fatto con me. Ma sono certo che lo farà. È il nuovo orizzonte.
FAQ: È magnifico.