Michele Bazzana utilizza in modo eccentrico gli oggetti più disparati, elettrodomestici, giocattoli e tanti altri materiali quotidiani, i cui processi automatici o meccanizzati vengono evidenziati e resi paradossali. Le inaspettate associazioni tra immagine e funzione danno vita a un universo di apparecchi antropomorfi che si trasformano in improbabili metafore dei nostri pensieri, impulsi, emozioni e comportamenti.
Strappalacrime (2005), un aspirapolvere appeso alla parete, viene azionato dalla presenza dello spettatore, mentre Mamanonmama (2004), una margherita in un’ampolla di vetro, gira facendo lentamente cadere i petali.
Come uno scienziato pazzo, Bazzana costruisce situazioni ironiche attivate dall’incontro di energia misurata e inconscia, di movimento volontario e involontario, di cambiamento naturale e artificiale. In 9000 cm3 (2001) la forza implicita di una fionda in tensione dentro una teca di vetro rimane simbolo di un’azione potenziale ma anche di rischio nel labile confine tra opposizione, trasformazione e fallimento. Crash (2006), al contrario, rappresenta l’avvenuta collisione frontale contro il muro di tante macchinine giocattolo, in realtà dei chiodi “travestiti” che, nel rovinoso urto tra opera e parete, testimoniano anche l’ambiguo rapporto tra l’intenzione dell’artista e l’effetto ottenuto.
I lavori di Bazzana coinvolgono il pubblico in un’esperienza spesso destabilizzante. Al passo con i tempi (2007) è un nastro trasportatore che ci spinge lentamente contro la parete espositiva sulla quale l’artista ha appeso un gruppo di disegni che documentano la creazione tecnica dell’opera. Un doppio inganno per lo spettatore, la cui osservazione è prima disturbata dallo spostamento progressivo del tapis roulant e poi beffata dalla trasposizione letterale del meccanismo. Come in Chi va con lo zoppo impara a zoppicare (2006) — in cui è una lavatrice a far vibrare il pavimento e a rendere instabile la visione dei quadri a parete — l’intervento artistico diviene una riflessione sul tentativo, su quella relazione tra desiderio, volontà e stereotipo che regolano l’incontro con l’opera d’arte. Il processo è simile ma opposto in Con i piedi per terra (2007), una parete attrezzata che incita i passanti a tentare l’arrampicata. Anche questa volta però c’è un tranello perché il tentativo di salire è ostacolato da un rullo che, scorrendo, non permette di progredire verso l’alto. Il visitatore si trova così a compiere un’azione frustrata, un gesto che non produce un fine e che, nella sua autoreferenzialità, riflette ironicamente sulle aspettative del fruitore nei confronti dell’arte.
Attivando un processo e sottolineandone il meccanismo, Bazzana scopre le dinamiche del suo inganno: l’oggetto in quanto trappola è solo un espediente, mentre l’intervento artistico si rivela nella sua fruizione cioè nel momento in cui chi guarda capisce di non essere spettatore di un’opera ma spettatore di se stesso.