Gli interventi di falsificazione operati alla storica foto della liberazione di Berlino nel 1945 furono diversi. E dodici furono i giorni impiegati dall’informazione a mediatizzare l’evento, che, come direbbe Paul Virilio, è l’opposto di comunicare poiché priva il popolo dei suoi diritti immediati. L’opera Watching Over the Reichstag (2010) dei Société Réaliste, costituita da due foto e un wall painting che segmenta l’intero spazio espositivo in dodici sezioni di colore, dal grigio scuro al bianco, rappresenta idealmente lo spazio mediatico nel quale la memoria si crea: dalla produzione del documento, la foto originale, alla sua diffusione, la foto contraffatta.
Si accede così alla collettiva “Practicing Memory in a time of an all-encompassing present”, realizzata in occasione della tredicesima edizione di Arte al Centro presso Cittadellarte – Fondazione Pistoletto a Biella, che contemporaneamente ospita la personale dell’artista egiziano Wael Shawky e il progetto editoriale Visible, prodotto dalla Fondazione Zegna con Cittadellarte.
La mostra, a cura di Matteo Lucchetti, prende in esame le pratiche della memoria che si oppongono al presente “totalizzante e totalitario”, descritto da Leonardo Sciascia in Il Teatro della memoria, nell’epoca in cui il processo di memoria e l’identità collettiva sono in balia degli eventi mediatici e delle dinamiche di potere. Gli interventi di Francesco Arena — la performance 18.900 metri su strada (Il percorso di Pinelli), che ha aperto la mostra focalizzando l’attenzione su un episodio italiano, e Giornale con percorso pinelliano (12-15 dicembre) in cui l’artista buca le prime pagine del quotidiano quali parti mancanti di un finale mai chiarito — rimettono in circolazione le dubbie circostanze che avvolgono ancora la morte dell’anarchico Pinelli.
L’impossibile interpretazione di una vicenda, nonostante la presenza di testimoni e fotografi, è affrontata nel video documentario Vuurgevecht op de Dam di Rossella Biscotti, nel quale l’artista ci mostra quanto sia difficile ricostruire la verità di una storia poiché le impressioni personali si confondono e si alterano con le opinioni altrui. Storycrafter di Danilo Correale è un inno contro la fugacità del tempo — il suono dei cimbali è invariato nel tempo così come la loro fabbricazione, mentre una serie di tre opere riflette sull’idea di monumento: come concetto astratto di funerale (Mirko Smerdel), come oggetto opera d’arte (André Guedes), come simbolo alla deriva (Stefanos Tsivopoulos).
Il lavoro sulla memoria mostra la volontà di prendere parte al processo storico che avviene tra ricordo e amnesia (Chto Delat / What is to be done?, Shilpa Gupta, Vangelis Vlahos, Wendelien Van Oldenborgh), di come sia indispensabile ricordare e ripetere per rielaborare (Rabih Mroué, Michelangelo Consani), oltre che operare la resistenza culturale (la stampa al contrario di Fahrenheit 451 di Dora Garcia), e in alcuni casi esercitare l’oblio (la sparizione ironica di un monumento di Beatrice Catanzaro). E soprattutto raccontare il presente per costruire il futuro.