IL PREMIO ITALIA Arte Contemporanea 2010 torna a casa, nelle sale ancora fresche di vernice del MAXXI, fiore all’occhiello di questa nuova Roma contemporanea. Mancava nella capitale dalla prima edizione, quella del 2000 vinta da Stefania Galegati e Bruna Esposito. Poi, fino alla quarta edizione del 2007 vinta da Nico Vascellari, il premio è stato ospitato nei padiglioni della Biennale di Venezia.
Con l’inaugurazione del museo progettato da Zaha Hadid finisce l’esilio e salta di nuovo fuori lo spazio per le opere di Gianluca e Massimiliano De Serio, Rosa Barba e Piero Golia che sono i finalisti, tutti under 40, dell’edizione 2010 del Premio e per il lavoro di Rossella Biscotti, che ne è la finalista vincitrice. I loro video e le loro installazioni site specific, pensate e prodotte per il MAXXI, sono raccolte in una mostra allestita al terzo piano del museo. Ma sarebbe meglio parlare, anziché di mostra, di percorso espositivo, come scrive Bartolomeo Pietromarchi, curatore del Premio, nel suo testo critico. Perché se dovessimo chiamarla mostra, nonostante l’indubbia qualità dei singoli lavori, dovremmo anche interrogarci su un allestimento al limite della fruizione, che poggia su un pavimento inclinato che, usando ancora una volta un termine scelto dallo stesso curatore per intitolare il suo testo, dà le “vertigini”.
La responsabilità del percorso espositivo è attribuibile non al Premio, bensì all’architettura del MAXXI, il cui ultimo piano (come avevamo già visto con l’inaugurazione di De Dominicis) per via della pendenza, mette il visitatore in seria difficoltà, indipendentemente dal lavoro esposto. Il percorso inizia dunque con l’opera di Rossella Biscotti: è la più complessa e anche quella più completa, che merita senz’altro la vittoria. Il suo lavoro, che da anni si focalizza su spazi e su luoghi densi di significati storici e politici, va ben oltre i calchi esposti che rappresentano gabbie e podi dell’Aula Bunker del Foro Italico di Roma (architettura razionalista progettata nel 1930 da Luigi Moretti). Al di là di essi, la sua opera è piuttosto un risvegliare le coscienze sulle modifiche strutturali e sociali di un luogo che non è più il teatro delle udienze politiche che è stato negli anni Settanta.
La potenza del lavoro è esaltata da un audio in cui sono riprodotte le sentenze del processo dell’Autonomia Operaia: si tratta di un sonoro che invade lo spazio del museo 24 ore su 24, rimanendo acceso, su richiesta dell’artista, anche di notte, costituendo così una parte importante di quest’opera che entrerà a far parte della collezione del MAXXI. Si continua con l’arte nascosta nei depositi che è protagonista del video di Rosa Barba e poi ancora il dramma dei rifugiati politici somali nel video/film di Gianluca e Massimiliano De Serio che affrontano una questione sociale così delicata con grande lirismo e poesia. Conclude il percorso il lavoro di Piero Golia: il suo intento è quello di confondere lo spettatore, come è nel suo stile, snodando la sua opera fuori e dentro il museo. Peccato che dopo un percorso in salita lo spettatore sia già sin troppo confuso per apprezzare appieno il suo tentativo.