Non chiamatela una mostra di libri. I duecentotrenta volumi ordinatamente approntati in teche e su tavoli non sono che i coprotagonisti della mostra Roma Pubblications 1998-2014. Pubblicate da Roger Willems e Mark Manders, in collaborazione con numerosi artisti, scrittori e designer, queste stampe accompagnano le opere esposte, le completano e, in molti casi, ne raccontano la genesi. Libri che testimoniano come, per molti artisti, alcuni lavori siano il prodotto di una precedente elaborazione grafica. Alcuni, veri e propri libri di artista, altri cataloghi, tutti concorrono a una completa narrazione, dettagliata descrizione dell’attività creativa di ogni singolo artista. Così, dei circa cinquanta lavori in mostra, è possibile estrarre ulteriori dettagli che forniscono una visione più completa di ciascuna opera, nonché dell’artista stesso. Estremizzando, si può dire che la collettiva organizzata nella Fondazione Giuliani, è una mostra sul tempo. Perché è quello che occorre, per immergersi nelle opere attraverso l’ausilio del testo scritto. E, con un gioco di rimandi, ci si ritrova a far rimbalzare lo sguardo dall’oggetto/opera all’oggetto/libro, e rintracciare numerosi particolari. Come in Newspaper with Fives (2001) di Mark Manders e Roger Willems, o Cinnabar (2011) di Rob Johannesma, per i quali ci si domanda: chi è venuto prima? L’opera o il libro? Oppure scoprire che la foto Spomenik #4 (Tjentište) (2007) di Jan Kempenaers, oltre a narrare la strana storia dei monumenti commemorativi per i caduti della Seconda Guerra Mondiale voluti tra gli anni ’60 e ’70 da Josip Tito in Jugoslavia e a esserne la fedele documentazione, rivela come il lavoro sia una serie ampia e dettagliata. O come solo una visione dal vivo dei lavori di Marc Nagtzaam, consente di distinguere la certosina linea della matita stesa sulla carta. E come le immagini selezionate da Geert Goiris per Darkcloud (2012), installate in una proiezione in loop di trentotto diapositive, creino quell’atmosfera poetica, quasi onirica.