Gianni Caravaggio — MAGA, Gallarate

2 Dicembre 2014

 

“Quando contemplate l’imperscrutabile profondità dello spazio o ascoltate il silenzio nelle prime ore del mattino, prima dello spuntar del sole, qualcosa risuona in voi, come un riconoscere. Allora percepite la vasta profondità dello spazio come la vostra propria profondità, e sapete che la quiete preziosa che non ha forma è chi siete, più profondamente di qualunque altra cosa che costituisce il contenuto della vostra vita”.


Come ben descrive lo scrittore tedesco Eckhart Tolle, esistono dei particolari momenti, nell’esistenza di ogni persona, in cui la percezione dello spazio e del tempo si amplifica, si interseca, può arrivare a svelare altri mondi.
“Finalmente solo”, mostra che si svolge contemporaneamente al MAGA e al Musée d’Art Moderne Saint-Étienne Métropole, è uno di questi rari momenti. Una serie di opere, testimoni del percorso artistico di Gianni Caravaggio dagli anni Novanta a oggi, genera una potente empatia con lo spettatore, che si trova a vagare, solitario, all’interno di un cosmo molto più vasto di quello che appare. Opere che, attraverso l’utilizzo e l’accostamento di materiali lontani tra loro, quali ad esempio marmo, polistirolo, carta, borotalco e anche zucchero, riescono a respingere, a destabilizzare l’esplicitazione del puro concetto di realtà, che viene quindi spontaneo e obbligatorio riconsiderare. Sono combinazioni di materie che egli riesce a mettere in contatto attraverso un perfetto adattamento cromatico, che a sua volta genera un superbo mimetismo tra le sostanze; il risultato è un’emozionate trama percettiva, che attraverso una delicata insidia visiva trattiene lo spettatore su una linea di confine tra ciò che sembra e ciò che è realmente. I titoli delle opere rivestono molta importanza, evocativi di creazioni e origini, come Giovane Universo o Lo stupore è nuovo ogni giorno o ancora Luce cadente, solo per citarne alcuni. È infatti anche nella scelta delle parole utilizzate che intravediamo un’indicazione, una via. Si tratta di accostamenti che nascono con una particolare forza, scorrono fluidi, colpiscono, evocano, svelano, ispirano. Aprono una finestra sulla nostra intimità. Ci si trova così, e questa è la grande, vera magia, non tanto a riflettere o pensare, quanto a sentire. A entrare in contatto, attraverso l’essenza personale, con quel tutto di cui facciamo parte, escludendo, per un po’, la frenesia contemporanea, “finalmente soli”.

 

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