Torino — In ricordo di Salvo

14 Settembre 2015

In ricordo di Salvo (Salvatore Mangione, Leonforte, 1947 – Torino, 12 settembre 2015) ripubblichiamo un’intervista di Giancarlo Politi all’artista uscita sul numero 162 di Flash Art (giugno – luglio 1991).

Salvo: Una volta Hinault, alla domanda su quali fossero le differenze tra un campione e un corridore qualunque, rispose, con straordinaria verità: “Il campione è quello che soffre di più”.
Giancarlo Politi: In realtà il genio è un culo di pietra. Moravia nel suo piccolo, trascorreva otto ore al giorno sulla macchina da scrivere.
S: Certo! Nessuno nasce con la patente. Robert Louis Stevenson confessò al figliastro: “Ho cominciato con possibilità molto mediocri, senza alcun talento eccezionale; il mio successo è dovuto alla mia operosità indubbiamente notevole. La perseveranza può compiere miracoli. Tutti lo sanno, è un luogo comune; eppure quant’è raro che qualcuno lo faccia!”. Ricordo la prima volta che comprai i colori, non riuscivo a tracciare una linea sottile e diritta — “Come fanno?”, mi chiedevo — poi ho imparato.

GP: A cinquant’ anni si può imparare?
S: Henri Rousseau ha imparato tardi. Bisognerebbe dare la patente di pittore… Lui d’altra parte la chiese una volta a Vollard; gli serviva per fidanzarsi… Ci vuol cuore, tanto cuore, e coraggio di sbagliare. È quando sbagli (quando non osservi pedissequamente i canoni esistenti) che riesci. Cézanne è un grande pittore perché sbagliava. “Un’opera importante — diceva Balzac — suscita una sensazione sgradevole. Come se ci fosse qualcosa di sbagliato”.

GP: E il cuore che c’entra in tutto questo?
S: Mah, il quadro riflette la quantità d’amore che ci metti, credo.

GP: Alcuni anni fa un artista di Parigi, di quelli che espongono quadri sul Lungosenna, fu invitato da Daniel Buren e da Yvon Lambert ad esporre nella galleria di Lambert. Così quei quadri che sulla strada costavano 50.000 lire, in galleria venivano offerti a 2.000.000. Non pensi che alcune tue opere potrebbero subire il processo inverso se vendute in una di queste gallerie che espongono artisti dilettanti?
S: Non so, non penso mai a cose del genere, piuttosto mi piace riflettere su frasi come quella di Tacito riguardante Tiberio all’inizio del suo principato: “Egli fissava bene nella sua mente parole e volti, interpretandoli in modo sinistro”.

GP: Ma come? Se in passato eri un artista concettuale!
S: Ero giovane.

GP: Sì, però eri già formato e affermato come artista. Il passaggio è stato forse una strategia di mercato?
S: No, volevo solo fare qualcosa di diverso. Andavo nelle gallerie e vedevo solo bianco e nero. Poi tutti gli artisti volevano stare nei musei con i pittori, ma suonavano il pianoforte, allora ho rimesso in gioco la pittura.

GP: Quando dipingi provi piacere?
S: Non molto, perché c’è la fatica tecnica come in qualunque altro lavoro manuale, anche se ottenere un certo effetto in alcuni momenti ti solleva.

GP: Non c’ è un senso di liberazione?
S: Sì, mi libero a livello personale da certe ossessioni erotiche o di altro genere. Sai, dipingo anche per guadagnarmi la giornata. Mi dicono: “Ti do tot se mi fai un quadro”, e io lo faccio.

GP: Certo, è una motivazione molto stimolante.
S: Mi hanno commissionato un quadro che non ho voglia di fare, ma lo faccio perché mi hanno dato dei soldi. Poi mi telefonano per chiedermi se è pronto e io dico di sì, anche se non è vero, e loro mi chiedono: “Ma com’è?”, e io glielo descrivo: “è un paesaggio notturno”, eccetera, e poi glielo devo fare così come l’ho descritto.

GP: Però ti diverti anche a partecipare a questo gioco, no?
S: Un po’. Sai, i giochi dopo un po’ annoiano. Quando fai un quadro ti senti come un generale, perché ad un certo punto arretro e vedo dove devo mettere una casa, un albero e dico: “Battaglione a sinistra! Battaglione a destra!”, però quando vado a realizzarlo divento un soldato semplice e allora non è più bello.

GP: Ma io credo invece che i soldati siano i tuoi collezionisti, cioè i tuoi giochi degli scacchi.
S: Ma nemmeno per sogno! Senza di loro non esisterebbe il mercato, verrebbe a mancare la prova economica del valore. Quindi il loro è un ruolo primario.

GP: Puoi dare qualunque cosa ad un tuo mercante o a un tuo collezionista?
S: No, perché si aspettano già qualcosa.

GP: Ma sadicamente tu potresti divertirti a dare qualunque cosa con la tua autorità?
S: Ma scherzi? Però un pittore bravo potrebbe disattendere l’aspettativa.

GP: Quali sono i soggetti più richiesti? Sei tu che li imponi?
S: Metà e metà. Dipende da quanto sei uno che ama dire no o sì. Quando ami dire no, dai molta importanza a te stesso, alla tua libertà e allora fai i capricci, ma a me piace esser abbastanza indulgente con chi mi paga.

GP: Perché hai fatto l’artista?
S: Perché è un campo dove è facile primeggiare, mentre nel biliardo, ad esempio, ho trovato gente che mi batteva; ero campione di biliardo, ho preso tre medaglie d’oro.

GP: Visto il tuo rispetto per la pittura, come ti senti di fronte a pittori manualmente più abili di te?
S: Non ne ho mai trovati.

GP: Non mi dire che non ci sono pittori manualmente più abili di te, forse meno intelligenti, questo sì…
S: Guarda, Giancarlo, per chiarirti che cosa significhi abilità manuale ti racconterò una storiella. Se Leonardo da Vinci avesse dipinto La Gioconda ai tempi degli antichi Egizi, lo avrebbero preso a calci nel sedere.

GP: Con chi intrattieni rapporti?
S: Con i fantasmi.

GP: Ma che artisti frequenti?
S: I soliti, tutti.

GP: Ma vent’anni fa hai avuto una frequentazione diversa?
S: Da giovani, le differenze estetiche e i diversi riconoscimenti non hanno ancora una disparità tale da impedire un rapporto, così come invece avviene in seguito.

GP: Ma per il mercante di oggi è cambiato qualcosa rispetto agli anni Settanta?
S: Da una parte ha le stesse finalità, quelle del profitto. Forse sai che presso gli Assiri un debitore insolvente era definito un uomo morto…

GP: Tanto per parlare di ideali a cui pare noi teniamo molto…
S: Purtroppo noi non ne possiamo avere. Se li sono presi tutti gli altri.

GP: Voglio dire che un artista di successo come te…
S: Andiamoci piano con la parola successo. È talmente fraintesa e arreca tali pericoli…

GP: Tu che hai una memoria formidabile…
S: Sì, ma secondo Montaigne non è una qualità.

GP: Certo, ma quanto ha giocato nel tuo successo questa forte capacità di memorizzare, di citare?
S: Non ne ho idea.

GP: Com’è fatta una tua giornata?
S: Come quella di tutti gli altri.

GP: Quando inizi un quadro lo porti a termine o…
S: Portare a termine è l’obiettivo, la determinazione.

GP: Ma tu lavori su più opere contemporaneamente?
S: No, mai. Comunque sarebbe un errore.

GP: Che libri leggi?
S: Ti preparerò una lista, ma è piuttosto lunga e ci vorrà del tempo.

GP: Non hai assistenti?
S: Ma scherzi? Dipingere è un’attività talmente intima, talmente privata, personale.

GP: Ma i grandi maestri del passato a cui ti rifai avevano assistenti.
S: Sì, che gli macinavano il colore.

GP: Beh, i libri di maggior successo sono scritti dagli assistenti, i cosiddetti “ghostwriter”, no?
S: Ma cosa dici! Voglio credere che tu stia scherzando!

GP: A cosa devi la tua popolarità?
S: Non credo affatto di essere popolare, non mi conosce nessuno. Forse sono popolare alla Questura.

GP: Dai Salvo, non essere sempre così paradossale!
S: I giochi linguistici, caro Giancarlo, come il paradosso, fanno parte del linguaggio. Non si può vivere di sola letterarietà, né pretenderla dal tuo interlocutore. Non siamo mica in tribunale!

GP: Cosa pensi della circolazione delle tue opere?
S: Beh, sai, Giulio Einaudi ha un mio quadro nel bagno, sopra il water, e ti confesserò che ne sono molto orgoglioso. Un quadro che vedi tutti i giorni, ti deve piacere davvero.

GP: Pensi che la strategia sia un elemento negativo?
S: I grandi non ce l’hanno mai, al massimo possono avere delle tattiche. La strategia presuppone una lunghissima visione, che significa una sicurezza di vita: chi può dire di averla? “Chi oserà dire arrivederci oltre l’abisso di due, di tre giorni?”, dice il poeta Tjutcev.

GP: Visto che neghi la strategia, non pensi che ogni artista faccia per sé una ricerca di mercato?
S: Guarda, Giancarlo, il marketing lo lascio agli Armando Testa.

GP: Cosa pensi dell’arte americana di oggi?
S: È un’arte provinciale.

GP: Perché?
S: Perché l’America è una provincia!

GP: Ma quale provincia, New York non è mica Pinerolo…
S: Per me sì; perché me lo contesti? È una mia opinione, non una verità. “Metropoli: la roccaforte del provincialismo”, ha scritto Pierce, un americano.

GP: Mi pare affiori la presunzione dell’ europeo.
S: Sì, può darsi, ma anche del cinese.

GP: Non conosco i cinesi.
S: No, nel senso che è più interessante la cultura cinese. Non capisco questa mitologia, questa superstizione per una nazione che praticamente fino a ieri non esisteva. Certo il capitale deve avere la sua parte.

GP: Mi pare che oggi fra l’arte europea e quella americana ci siano delle forti analogie.
S: Ma l’America è tutta un’analogia, perché è una colonia dell’Europa ed è la copia di tutto ciò che è europeo.

GP: Ho notato che tu appoggi spesso le tue convinzioni sui libri.
S: Perché così mi pare che possano venirne rafforzate.

GP: Comunque volevo dire che la grande arte nasce sempre o viene esposta nelle capitali della cultura e dove c’è il capitale economico.
S: Oggi il capitale economico è l’Europa, la grande strada del mondo è la Milano-Amburgo.

GP: Un’altra città che potrebbe tornare ad essere una capitale della cultura è Parigi.
S: Speriamo. Perché togliere a Parigi le sue possibilità?

Helena Kontova: I tuoi quadri sono moderni o postmoderni?
S: Non so, sono gli altri che danno le definizioni. Io mi considero soprattutto un classico.

HK: Ma i tuoi quadri sono religiosi?
S: (Salvo si gira sorridendo a Helena Kontova) Ecco, con la sensibilità tipica delle donne, hai toccato un punto importante, il punto chiave. Ma il “religioso” è un terreno imperscrutabile e indefinibile.

GP: Ma tu hai fatto l’attore da ragazzo?
S: No, non sono abbastanza timido. Sai che nelle interviste gli attori dicono tutti di essere timidi.

GP: Come ti trovi a Torino, che è una città fortemente caratterizzata dall’Arte Povera, un lavoro così differente dal tuo?
S: Meravigliosamente.

GP: E del Museo di Rivoli cosa pensi?
S: Io del Museo del Rivoli non penso un bel niente, avendo altre cose a cui pensare. Ma tu volevi farmi dire: “è bene” o “è male”. E io non posso essere categorico su un argomento che conosco così poco.

 

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