Un’atmosfera meditativa, giocata in penombra su riverberi di luce calda, con un “boschetto” con tronchi di betulla ad angolo e piante profumate al centro, accoglie i visitatori della mostra di Brian Eno nel foyer del Teatro Margherita a Bari. Funziona come luogo di accesso a tre stanze di analoga temperatura soft, con divanetti, moquette e pareti rosse, ricavate intorno. In ciascuna è allestita una diversa installazione del guru inglese del rock, pioniere della musica ambient ed elettronica, musicista “non musicista” come ama definirsi, ospite di Medimex, il Salone dell’innovazione musicale promosso per la Regione da Puglia Sounds in collaborazione con il nuovo Polo barese del contemporaneo (che attende ancora il suo debutto ufficiale a firma del neonominato direttore artistico Massimo Torrigiani). L’ opera più datata, Turning Square, è composta da cinque pannelli romboidali sospesi dall’alto a misure decrescenti su cui telecamere fisse proiettano mutevoli ombre colorate. L’altra, 77 Million Paintings, presenta a parete un ordinato mosaico di quattro monitor e tredici schermi controllati da tre computer, su cui appaiono e lentamente si dissolvono centinaia di immagini pittoriche realizzate dall’artista negli ultimi 20 anni, manipolate con un processo informatico auto generativo. L’ultima opera, Light pictures, è stata invece progettata direttamente sul posto: sono cinque teche con vetro opaco che racchiudono forme geometriche ritagliate in cartoncino, trasformate senza sosta e con lentissimi scarti da effetti luminosi regolati attraverso microchip.
È un gioco combinatorio a infinite varianti di forme, luci, suoni, dove non tutto è sempre come appare, ogni cosa cambia impercettibilmente e in modo casuale e inesorabile, come nella vita. Comunica una condizione mutevole e instabile, volutamente “meravigliante”; che trova però il suo limite in qualche eccesso di indulgenza estetica e in un atteggiamento un po’ referenziale di fascinazione nei confronti del mezzo tecnologico.
by Antonella Marino