Giulia Gregnanin: Stefano, da imprenditore e manager nel settore finanziario, nel 2013 inizi un’avventura nell’arte contemporanea aprendo una galleria a Lugano. Come mai questa scelta?
Stefano Cortesi: Dopo trentaquattro anni nel settore finanziario ho sentito l’esigenza di dare sviluppo alla mia passione per l’arte in modo più organizzato e, spinto dall’interesse e dal coinvolgimento dei miei figli, ho deciso di intraprendere questa iniziativa con grande impegno e obiettivi di medio-lungo termine.
GG: La Galleria Cortesi, nella selezione di artisti e nella presentazione di mostre, si è dimostrata particolarmente interessata a movimenti quali l’arte ottica, l’arte cinetica e programmata, tendenze che negli ultimi anni stanno vivendo una rivalutazione esponenziale. La decisione di rappresentare questi artisti è frutto di un tuo sesto senso imprenditoriale oppure proviene da fattori estetici?
SC: Sono sempre stato attratto dalle avanguardie del dopoguerra tra cui rientrano i movimenti ottico-cinetici; indubbiamente questa forma d’arte ha avuto un giusto riconoscimento da parte del mercato dopo molti anni in cui era stata tenuta in disparte.
Al giorno d’oggi sembrano scontate, ma le invenzioni di artisti come Jesús-Rafael Soto, Gianni Colombo o Walter Leblanc sono state particolarmente coraggiose e anticipatrici alla fine degli anni’50.
GG: Cosa vuole dire per voi lanciarvi nella scena meneghina, anche alla luce della recente apertura di una seconda sede a Londra?
Andrea Cortesi: L’apertura della sede milanese è per noi un grande stimolo e pensiamo sia il momento giusto per investire su una città in espansione sia economica che culturale, nonostante gli sforzi ancora in atto per consolidare la sede londinese. Speriamo di riuscire a dare il nostro contributo positivo al tessuto delle gallerie di Milano.
GG: Avete scelto di proporre una programmazione diversa a seconda delle peculiarità di ciascuna città in cui vi siete insediati, oppure trovate che il valore delle tre gallerie risieda nella loro unità e nel fare sistema?
AC: In generale abbiamo scelto una strategia comune per tutte le sedi che caratterizza la linea della galleria sotto il profilo dei movimenti artistici su cui lavoriamo. Ogni città ha invece le sue peculiarità sotto il profilo del collezionismo quindi all’interno di un movimento artistico può aver più senso esporre o meno un determinato artista.
GG: Si può dire che inaugurerete con un tributo a Venezia. Le opere di Nicola De Maria che esporrete sono state presentate per la prima volta al Padiglione Italia del 1990, curato da Laura Cherubini, Flaminio Galdoni e Lea Vergine. Perché proprio De Maria e questo ciclo di lavori?
AC: Nicola De Maria è un artista che abbiamo seguito a livello collezionistico e ci piacerebbe riuscire a svolgere anche un lavoro di galleria in futuro con l’artista. La possibilità di esporre raggruppate le cinque opere della sala della Biennale ci ha affascinato fin da subito e la nuova sede di Milano si presta a questo compito grazie alla grande sala espositiva principale.
GG: 2013: Lugano; 2015: Londra; 2017: Milano; ogni due anni una nuova galleria. La prossima in programma?
AC: Al momento pensiamo al consolidamento delle tre gallerie che ci permettono di coprire in maniera ottimale il territorio europeo. Sicuramente il mercato americano è sempre il punto di riferimento ma nel medio/lungo termine bisognerà tenere d’occhio il mercato asiatico dove si sta sviluppando un forte collezionismo sia privato che istituzionale.