Rashid Uri su Soyuz / Pescara

17 Luglio 2017

A febbraio di quest’anno ha inaugurato Soyuz: il tuo studio e, al contempo, un artist run space. Quali sono le ragioni di questa iniziativa e qual’è il concetto che la anima?

Soyuz nasce contestualmente all’esigenza di trovare un nuovo studio per la produzione dei miei lavori. Subito mi è parso chiaro come le sue asimmetrie e la generosità discreta dei suoi ambienti si coniugassero con l’idea di spazio progetto a cui da tempo desideravo dar vita: una formula che preservasse da una parte l’informalità di un non profit e dall’altro si accostasse al rigore di una galleria (semi)commerciale.
Gli artist run space si figurano ora più che mai come una delle tendenze crescenti nel mondo dell’arte, segnale che qualcosa sta cambiando. Lontani dalle pressioni commerciali, incentivano un tipo di libertà espressiva che si sviluppa su territori alternativi, generano un dialogo di natura più empatica con gli artisti coinvolti e un’attenzione curatoriale che parte da un approccio più flessibile rispetto alle gallerie private, sebbene con esse condividano perlopiù le stesse difficoltà. È in quest’ottica che è nata l’urgenza di misurarmi con un modello come questo. In più, operare in una città percepita come ai margini del circuito convenzionale per me rappresenta sia una sfida che, soprattutto, uno stimolo.

Lo spazio si trova in un palazzo storico della città di Pescara. Qual è il rapporto con questo contesto?

Palazzo Mezzopreti Gomez è uno dei pochi edifici della città vincolati dalla Soprintendenza. Soyuz ne occupa solo una piccola porzione, quella dell’appartamento un tempo dedicato alla servitù. Mi piace pensare a quest’aspetto quasi come a una metafora, compatibile con il presupposto di base dello spazio progetto che lo vede collocato solo ai margini della struttura, ma comunque incorniciato dal lustro della storia che domina il palazzo che lo ospita.
Mi ritengo piuttosto fortunato ad averlo trovato, e altrettanto contento di essere nato e cresciuto in una città di provincia come Pescara. È una città strana, difficile per certi versi ma in grado di offrire sorprese inaspettate, ed è questo probabilmente il motivo per cui sono rimasto qui. Sono cresciuto viziato dalle sorprese che l’arte ha saputo offrirmi in questo luogo e probabilmente Soyuz è il mio contributo per alimentare una tradizione che negli ultimi anni ha subito qualche duro colpo.

Su quali linee hai impostato il programma? Quali sono i prossimi progetti?

Soyuz porta avanti un tipo di ricerca che vede coinvolti artisti emergenti e mid-career, con un focus calibrato su un attento apporto curatoriale che oggi come non mai si rende fondamentale per entrare fino in fondo non solo nella lettura di un lavoro, ma anche nella coesione di un intero progetto. Da qui è nata la collaborazione con Marialuisa Pastò, già curatrice della prima mostra di Soyuz e che dal prossimo anno mi affiancherà stabilmente avendo in carico la gestione curatoriale dello spazio.
Soyuz bilancia un alternarsi di mostre ospitate sia negli spazi fisici dello spazio progetto che in quelli virtuali del sito. Il prossimo progetto in programma sarà il primo online: la home page di Soyuz accoglierà per la durata di un mese un lavoro video di Talisa Lallai, giovane artista italiana nata e cresciuta in Germania.

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