La mostra “Domenico Gnoli. Disegni per il teatro. 1951-1955” a cura di Michele Drascek e Duccio K. Marignoli, è stata pensata e realizzata nel contesto del Festival dei Due Mondi come tributo a Domenico Gnoli, artista dalle straordinarie doti tecniche che lo hanno sempre contraddistinto nei campi del disegno e della scenografia.
L’esposizione – organizzata e prodotta dalla Fondazione Marignoli di Montecorona, in collaborazione con l’Archivio Domenico Gnoli di Roma e il Comune di Spoleto, con il patrocinio della Regione Umbria – si presenta come un archivio ambientale, caratterizzato dalle pareti perlopiù buie su cui si stagliano i disegni per il teatro. Il catalogo, ad opera del graphic designer Giovanni Di Natale, riverbera il lavoro di ambientazione dei disegni in mostra, riportando un’alternanza di bianchi e neri che conferiscono ritmo al fluire di immagini riprodotte; la pubblicazione pare così un archivio bidimensionale all’interno del quale fanno capolino anche riproduzioni di appunti dello stesso Gnoli.
Il teatro è, infatti, uno degli ambiti in cui il talento di Gnoli si è espresso con estremo nitore. Dotato di straordinario bagaglio culturale che lo ha reso autonomo e distaccato nei confronti di certi tic della cultura artistica contemporanea, Gnoli era solito dichiarare di voler porre con fermezza la sua indagine artistica in spirito di continuità con quella tradizione “ non eloquente” nata in Italia nel Quattrocento e arrivata fino a noi passando, da ultimo, per la scuola metafisica – concetto più volte ribadito da Drascek. Gnoli, inserito nel giro della cultura internazionale, amico, tra gli altri, di Jean-Louis Barrault, Leonard Bernstein, Henri Cartier-Bresson, a ventidue anni ha realizzato le scene e i costumi dell’opera di William Shakespeare As you like it, per L’Old Vic Theatre di Londra, presentato a Lawrence Olivier e a John Gieland Da Barrault.
L’artista, però, ha rifiutato il successo sicuro del teatro per la pittura. Fedele, in questa scelta, alla sua cultura classica: ad esempio, dalla pittura fiamminga Gnoli desume la sua predilezione per il punto di vista rialzato, che conserverà anche dopo il ‘64 quando arriverà alla definizione del suo linguaggio, che si identifica nell’evidenziazione e nell’ingigantimento di un frammento di immagine.