Nicoletta Rusconi e Riccardo Beretta su Nicoletta Rusconi Art Project

21 Settembre 2017

Non ti sei mai accontentata di posizioni garantite, al contrario, ti sei sempre messa in gioco, perché?

Nicoletta Rusconi: Non mi sarebbe bastato! Sono curiosa e ansiosa di imparare, sempre! Con Cascina Maria forse, finalmente, mi sono messa in sintonia con il mio demone interiore; la mia natura è estremamente dinamica. Dentro di me c’è un tormento che mi spinge a non fermarmi mai; ciò che più mi sta a cuore è poter predisporre una situazione che corrisponda agli artisti con cui scelgo di lavorare.

La tua stessa collezione privata, prima ancora dei tuoi progetti lavorativi, è un percorso di vita vissuta, una raccolta mai banale, mai prevedibile.

NR: Forse perché ho scelto di incontrare praticamente tutti gli artisti con cui ho lavorato e con i quali ho arricchito le dimore che abito e non solo; è praticamente indispensabile per me costruire una comunicazione con loro.

Come si declina la tua proposta per il nascituro progetto che hai nominato Cascina Maria?

NR: Cascina Maria è un parco di sculture all’aperto, ma anche una residenza e un format di fotografia indoor – non avrei mai dimenticato le mie origini, cioè la galleria Fotografia Italiana. Per quanto riguarda la fotografia si tratterà di scatti di gradini, di rampe, insomma di scale, collocati proprio lungo lo sviluppo dello scalone centrale di questa dimora di campagna. Inizio con un fotografo che apprezzo particolarmente, l’italiano Luca Gilli.
In residenza invece abbiamo invitato Riccardo Beretta. A proposito di Riccardo ti devo dire che si è attivato uno scambio di idee molto proficuo: mentre era in residenza abbiamo parlato di tutto, ci siamo divertiti, ci siamo appassionati al lavoro che via via andava intraprendendo, questa è l’esperienza che cercavo!

Stimo Riccardo umanamente e professionalmente quindi non mi è difficile immaginare quanto sia stato proficuo lavorare con lui. Cosa ha realizzato Riccardo per te e per questo luogo ameno?

NR: Guarda, Riccardo sta arrivando, desidero che ti introduca lui stesso il lavoro!

Riccardo Beretta: Ciao Marco! Posso dirti innanzitutto che il silenzio della dimensione agreste mi ha consentito preziosi momenti di concentrazione che, a loro volta, mi hanno permesso di pormi in risonanza con alcune esperienze molto personali caratterizzanti il mio vissuto. Da qui l’idea del playground, partita con una serie di disegni e di collage e poi evoluta in una scultura importante anche come impatto visivo. È un dispositivo, una macchina celibe, un riprogrammatore di pensieri nella misura in cui sovvertono gli elementi rispetto al loro abituale ordine.

Che beneficio hai ottenuto trascorrendo questi mesi di lavoro anche nella contemplazione del paesaggio?

RB: L’esposizione a orizzonti liberi mi ha infuso quel coraggio di cui avevo bisogno, cioè l’ardire di pensare in grande anche e soprattutto a livello di dimensioni dell’opera.

Nicoletta e Riccardo, voglio chiedere a entrambi: l’agire direttamente nel paesaggio conserva una potabilità per il dibattito artistico contemporaneo?”

NR: Per me sì, assolutamente. Le sculture outdoor si pongono come disturbatori necessari, come acceleratori improvvisi di significato rispetto al paesaggio circostante Cascina Maria, guarda come arricchiscono la complessità del paesaggio le opere di Francesco Arena, Miroslaw Balka, Matthias Bitzer, Monica Bonvicini, Mattia Bosco, Latifa Echakhch, Yona Friedman, Dan Graham, Paolo Icaro, Carlo Ramous e Markus Schinwald che proponiamo.

RB: Sì, conferisce libertà, assenza di vincoli, almeno quelli più grossolani. Per il dibattito contemporaneo non posso risponderti, per me certamente sì, è stata l’occasione di confrontarmi con i pregi e i difetti del lavoro a contatto con la natura: la luce, il passaggio delle stagioni. Portare la mia pratica all’esterno è stata una sfida, ho condotto i miei elementi all’aperto e il risultato non è estraniante di per sé ma senz’altro costituisce un détournement perché significa traslare la dimensione del riparo in qualcosa che sia metaforico della propria infanzia.

Per concludere, Nicoletta, cosa ti ha più emozionato nel costruire questa esperienza?

NR: Scoprire, anzi, avere un’ulteriore prova del fatto che l’unione fa la sforza! Fare network tra appassionati d’arte come Giò Marconi, la Famiglia Minini, le sorelle Repetto, Paola Sosio è un goal garantito.

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