Vincenzo Agnetti Palazzo Reale / Milano

23 Settembre 2017

Artista, poeta, teorico, Vincenzo Agnetti, “quasi dimenticato a memoria” – come recita Assioma del 1970 – viene celebrato con un’antologica a Palazzo Reale di Milano, curata da Marco Meneguzzo. Oltre cento opere datate tra il 1967 e 1981, anno della scomparsa, raccontano il percorso di questo rappresentante eretico del concettuale italiano.
Agnetti stupisce per la sua attualità e per la capacità di vedere e comprendere in anticipo la società mediatica contemporanea: con sguardo critico e rigore etico ha svolto un’azione di smascheramento e superamento della cultura dominante attraverso la decostruzione del linguaggio, inteso come istituzionalizzazione del potere. Già dai suoi primi lavori, come Principa (1967), corrode le basi della lingua e dell’arte stessa in una tensione verso il collasso del senso, che diventa ben presto azzeramento ottenuto con la sparizione del testo nei celebri Libri dimenticati a memoria (1969). Con la logica del paradosso smaschera l’ambiguità del discorso con Macchina drogata (1968) per giungere poi al radicale Progetto per un Amleto politico (1973) in cui sostituisce i numeri alle lettere, in un esperimento di traduzione universale del linguaggio. Ma è la stessa figura dell’artista e dell’uomo a sgretolarsi in Autoritratto, Quando mi vidi non c’ero (1971) o a vacillare nel continuo mutamento come in Gli eventi precipitano. La persona (1974) dove il tempo e lo spazio – altri capisaldi della riflessione agnettiana – sono intesi nella loro dimensione concreta, di vissuto esistenziale. Il suo costante e inesaurito sforzo di svelamento, che investe tutto mettendo in scacco anche se stesso, negli ultimi anni sembra acquietarsi nel recupero della manualità e di una dimensione teatrale e performativa – in gioventù aveva frequentato anche la scuola del Piccolo Teatro di Milano – nella serie delle Photo-Graffie e in Vetrata (1980-1981) realizzate incidendo la carta fotografica, in cui il corpo e il gesto si fanno protagonisti in un tentativo di appropriazione del mezzo tecnologico finalmente non alienata.

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