“Anna Boghiguian è un’artista del nostro tempo”. Queste sono le parole che Carolyn Christov-Bakargiev utilizza nel testo introduttivo alla retrospettiva di Boghiguian presso il Castello di Rivoli. Perché sì, è innegabile che Boghiguian sia un’artista (disegnatrice, poetessa, scrittrice, intellettuale tout court), ma è ancora più incontestabile la sua capacità di parlare dell’oggi, di una contemporaneità mobile e precaria – riverbero della sua vita di viaggiatrice e nomade, figlia della diaspora armena.
A deflagrare la Manica Lunga è il libro, come oggetto e come strumento di narrazione. “Il libro è la sua tecnica” (Christov-Bakargiev), che nel percorso di mostra cambia formato, si apre, si scolla, si slega, per poi sfrondarsi nell’atmosfera. Le carte utilizzate, da una grammatura tattile e robusta, spesso sono rifinite da cera calda con la tecnica dell’encausto; questa membrana traslucida abbraccia forme grezze (teste, treni, fiumi, api, alberi) tracciate con pastelli colorati, oppure composte da ritagli di carta incollati. I soggetti, provenienti da diverse collocazioni geografiche e temporali, si ritrovano sulla superficie bidimensionale del foglio, come se fossero incastrati nell’interstizio di una temporalità istantanea, che esiste solamente nell’esatto istante in cui si consuma.
Un disegno conduce al successivo e così via, fino a formare serie intorno a un determinato argomento, come ad esempio An Incident in the Life of a Philosopher (2017), produzione attorno alla crisi psicologica che colpì nel 1889 Friedrich Nietzsche, realizzata da Boghiguian durante il periodo di residenza al Castello di Rivoli. Il procedere sequenzialmente restituisce un’esperienza filmica complessa, mai del tutto penetrabile, tanto stratificata dal punto di vista della forma quanto del contenuto. Anche nelle grandi installazioni, come Unfinished Symphony (2011-12) – presentata a Documenta 13 – e The Salt Traders (2015) – esposta alla Biennale di Istanbul del 2015 – il libro è il punto di riferimento primario, assieme alla mancata sintesi dialettica della storia, un pensiero che ritorna costantemente anche nei suoi scritti.