Urs Fischer Piazza Signoria / Firenze

18 Gennaio 2018

Ancora una volta Firenze sfrutta piazza della Signoria per dare vita a un’esperienza dialettica tra il linguaggio dell’antico e quello del contemporaneo. Dopo i lavori di Jeff Koons e Jan Fabre, è la monumentale opera dell’artista svizzero Urs Fischer Big Clay #4 (2017), una scultura di dodici metri d’altezza di acciaio brunito, a ergersi al centro della piazza rinascimentale. A cura di Francesco Bonami, il progetto di Fischer fa parte di “In Florence”, manifestazione d’arte contemporanea ideata da Fabrizio Moretti e Sergio Risaliti. L’imponente scultura non è altro che una palla di argilla manipolata dall’artista e riprodotta in dimensioni eccezionali grazie a un sofisticato metodo di scansione 3D. Nella serie Big Clay Fischer propone da un lato una distorsione del concetto di forma, mettendo in scena la stessa primordialità del gesto umano, e dall’altro, sovrapponendo i volumi che compongono la scultura, crea un movimento interno, che qui pare alludere al moto serpentinato del Ratto delle Sabine del Giambologna, capolavoro che si staglia sotto la Loggia dei Lanzi e che è stato già oggetto di un celebre lavoro di Fischer alla Biennale di Venezia del 2011. Una dimensione quindi monumentale e ludica che appartiene all’universo dell’artista, che da sempre combina illusione e realtà, eternità e fugacità, in opere che alternano una ironica leggerezza ad una riflessione universale sul fare artistico. Lontano dai rimandi scatologici paventati dai numerosi detrattori dell’operazione che ha portato Fischer in Piazza Signoria, l’artista in Big Clay #4 suggerisce allo spettatore di interrogarsi sulla realtà che lo circonda, disgregando i suoi usuali significati, aggiungendo possibili livelli di lettura e interpretazione di oggetti quotidiani. Completa il progetto 2 Tuscan Man, due sculture di cera posizionate sull’Arengario di fronte a Palazzo vecchio, che raffigurano Bonami e Moretti, e che ripropongono gli interrogativi ricorrenti nell’opera di Fischer sulla finitezza umana e la durevolezza dell’arte, sul tempo come soggetto trasformatore e a sulla consunzione del reale.

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