Somatechnics Museion / Bolzano

7 Agosto 2018

Al quarto piano di Museion, le vetrate incorniciano la Bolzano medievale da una parte, con il campanile tardo gotico del duomo, e dallʼaltra quella razionalista, edificata nel periodo fascista.
“Somatechnics”, a cura di Simone Frangi, si posiziona in questo crocevia simbolico, presentando artisti e artiste legati allʼItalia e all’Austria, per riflettere sui conflitti locali – identitari e linguistici – mantenendo un registro globale e non esclusivo del luogo.
La mostra raccoglie opere di Mercedes Azpilicueta, Pauline Boudry / Renate Lorenz, Danilo Correale, Patrizio Di Massimo, Adelita Husni-Bey, Ursula Mayer e Sophie Utikal, alle quali si aggiungono un programma performativo di Muna Mussie e un programma pubblico concepito da Marissa Lôbo.
Per comprendere appieno le tematiche affrontate nella mostra – come la resistenza al monolinguismo, la pluralità, lʼautodeterminazione – occorre avvicinarsi al pensiero di Alexander Langer, attivista politico di origine sudtirolese che nel censimento del 1981 rifiutò di identificarsi in un’etnia politica e di associarsi a una comunità linguistica. La sua posizione a favore della coabitazione e contro il rafforzamento della divisione etnica è vicina alle pratiche degli artisti presentati, come Utikal che, da come si evince anche dai titoli delle sue opere,(tutte del 2018), insiste particolarmente sul concetto di coexisting: lʼartista compone delle moderne arpilleras, i tessuti tradizionalmente cuciti dalle donne cilene come forma di protesta contro la violenza della dittatura di Pinochet.
Azpilicueta, nella performance ye-gua-ye-ta-yu-ta (2017), canta nel dialetto castellano rioplatense una lunga serie di insulti diretti alle donne argentine; in questo modo evidenzia come lʼaggressione verbale si insinui nel linguaggio quotidiano.
Nel video di documentazione della performance SullʼEsilio (2018) di Adelita Husni-Bey, un gruppo di richiedenti asilo legge testi scritti da autori esiliati – a partire da Ovidio – mentre alcuni insegnanti italiani ne correggono la pronuncia, svelando il rapporto di dominazione culturale che avviene da parte dellʼospite sul migrante.
Rievocando le figure del “viaggiatore trasparente” e della “presenza oscurata” – definite rispettivamente dalle ricercatrici Rachel Hall e Denise Ferreira Da Silva – Frangi vuole indagare e svelare i meccanismi politici che tendono a oscurare i soggetti con identità non conformi agli standard di normalità, o che rifiutano unʼaffiliazione univoca a una razza e/o a un genere predefiniti in senso egemonico.

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