Cristiana Perrella sulla direzione del Centro Pecci / Prato

3 Settembre 2018

Nel gennaio 2018 sei stata nominata direttrice del Centro Pecci di Prato: un anno importante nella vita dell’istituzione, che festeggia il trentennale di attività. Quali sono le linee guida del tuo mandato?

Penso il museo come luogo aperto, di creazione, innovazione e conoscenza ma anche d’incontro e di scambio. Una “casa comune” accessibile e aperta a tutti, dove diversi linguaggi siano in dialogo. Un museo animato dalla volontà di tenere attiva una riflessione critica sugli sviluppi dell’arte contemporanea, che evidenzi il ruolo degli artisti nella costruzione della dimensione sociale presente e futura. Un museo di ricerca, particolarmente attento a presentare il lavoro delle giovani generazioni ma anche ad affiancarlo ad approfondimenti sull’opera di quegli artisti storici, la cui ricerca si è rivelata nel tempo particolarmente importante e densa di conseguenze per il dibattito attuale. Questo va unito a un grande impegno e sensibilità rispetto al coinvolgimento del pubblico e alla messa a punto di forme di mediazione indirizzate ad accrescere l’interesse dei visitatori, stimolando apertura e fiducia verso la complessità dell’arte in tutte le sue manifestazioni.

Quali iniziative avete messo in campo per i festeggiamenti del trentennale?
Il trentennale sarà l’occasione per rileggere, anche in senso critico, il percorso del Centro Pecci. Più che una celebrazione sarà un’occasione di mappare il suo DNA e capire e raccontare non solo il passato ma il futuro possibile. Stiamo lavorando, insieme al dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze e alla grafica Sarah De Bondt, sull’analisi dei dati dell’archivio e dei testi prodotti dal museo in questi trent’anni, cercando di leggere l’informazione “nascosta” contenuta al loro interno e trasformarla in conoscenza, anche attraverso una resa visiva di grande impatto. Il risultato di questa ricerca sarà presentato a settembre e sarà accompagnato da un nuovo allestimento della collezione, molto ricca, del museo.

Nel 2016 si sono conclusi i lavori di rinnovamento e ampliamento architettonico che hanno radicalmente mutato la fisionomia del museo. Come ti proponi d’interpretare degli spazi così complessi?
Con oltre 3500 metri quadri di sale espositive, un cinema, un teatro all’aperto, due sale per la didattica e altre due sale polivalenti, l’archivio e la biblioteca, una web tv, un ristorante d’alta cucina, il Centro Pecci ora si configura come un grande centro di produzione culturale a 360°, che riveste molti ruoli ma che deve avere un’identità omogenea, forte. Come tale deve creare un dialogo serrato, uno scambio continuo, tra linguaggi diversi e porsi come spazio di aggregazione culturale rivolto al pubblico italiano e internazionale ma soprattutto ai cittadini. La sinergia con il territorio è una componente fondamentale del mio progetto.

Come intendi conciliare le esigenze del territorio in cui sorge il museo – con le sue peculiarità – e il profilo internazionale in cui un’istituzione dedicata al contemporaneo necessariamente si trova a vivere?
Credo che per avere un ruolo di peso sulla scena artistica, non solo italiana ma internazionale, sia importante partire dal DNA del museo, da cosa è stato e da cosa può essere oggi in relazione al luogo in cui si trova e ai tempi che viviamo, con la capacità di preservare un’identità culturale e allo stesso tempo aprirla al nuovo, cogliere il momento storico, esprimere un discorso critico, produrre nuove idee. Non è facile ma credo sia la grande sfida dei musei oggi: non sottostare a un’egemonia culturale ma esprimere una voce autonoma e riconoscibile che interroghi il presente, ponga domande. Prato è in questo senso una città molto interessante dove lavorare, una città laboratorio che ha conosciuto un cambiamento radicale in termini di economia e composizione sociale, e cerca di rilanciarsi attraverso l’innovazione, i progetti urbanistici a lungo termine, un ripensamento della propria identità in senso plurale. Offre stimoli forti e attuali a cui rispondere.

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