Maurizio Morra Greco sulla riapertura di Fondazione Morra Greco / Napoli

10 Settembre 2018

Dopo quasi tre anni dall’ultima mostra, la Fondazione Morra Greco sta per riaprire al pubblico in una sede completamente rinnovata. Come sono cambiati gli spazi di Palazzo dei Principi Caracciolo di Avellino?
Nel 2015 abbiamo cominciato i lavori di ristrutturazione e restauro, che hanno avuto lo scopo di adeguare a spazi espositivi due ulteriori piani del palazzo e di rendere l’intera struttura conforme a standard europei di accessibilità al pubblico. Il Palazzo, però, conserva le sue specificità e caratteristiche: non potrebbe essere in un posto diverso da Napoli. Cinque livelli, per un totale di circa 2.000 mq, ciascuno diverso dall’altro e rivelatore di una delle tante vite che il Palazzo ha vissuto, dai resti di mura greche del basamento agli affreschi settecenteschi al primo piano. Insomma, la Fondazione Morra Greco ha intenzione di far vivere un’ennesima, nuova vita al Palazzo.

Negli anni passati la Fondazione si è dedicata molto alla produzione di nuove opere, permettendo ad artisti giovani di realizzare progetti ambiziosi e agli artisti stranieri di lavorare a contatto con la città di Napoli. Saranno ancora queste le linee guida dopo la riapertura?
Sì, la Fondazione continuerà a invitare gli artisti a Napoli, per progettare e produrre opere inedite, in città e per la città. Questo tiene conto di una delle caratteristiche più evidenti di questo territorio: quella di essere capace di generare stimoli e influenze straordinarie per un artista. Ciò ha reso inevitabile che la Fondazione fosse luogo non solo di esposizione, ma anche di creazione di nuovi progetti. Le ricadute, poi, sono di grandissimo spessore, anche se difficilmente misurabili, non solo per la scena del contemporaneo ma per la comunità tutta.

Oltre alle mostre, quali altre attività porterà avanti la Fondazione?
Tenendo a mente quello che per noi rappresenta una specie di mantra, “l’arte come strumento e non come fine”, la Fondazione sta approntando una serie di attività sociali indirizzate anzitutto al quartiere e poi al territorio campano tutto. Il primo passo per connettersi ad esso è stata proprio la ristrutturazione del Palazzo Caracciolo di Avellino, che viene oggi restituito intatto alla comunità. Ovviamente non è abbastanza: i rapporti tra la Fondazione e il territorio vanno ancora irrobustiti. In questo senso, la presenza paritaria della Regione Campania nel nostro Consiglio di Amministrazione costituisce un enorme vantaggio, vegliando sul perseguimento della nostra mission. Inoltre, la Fondazione intende ingaggiare un approccio multidisciplinare, che dia conto delle tante manifestazioni della cultura contemporanea: lecture, proiezioni e concerti andranno ad arricchirne il programma.

È previsto uno spazio dedicato all’esposizione della tua collezione?
La collezione non è mai stata esposta in città. Il Palazzo Caracciolo di Avellino sarà la sua casa. Tuttavia, l’idea è quella di non mostrare la collezione in permanenza o tout court, ma sempre attraverso singoli progetti curatoriali, che possano illuminarne i diversi nuclei o i tanti possibili fili rossi che la percorrono.

Quale sarà la mostra inaugurale? Anticipazioni sulla programmazione del primo anno?
Per la mostra inaugurale, abbiamo deciso di coinvolgere due artisti che hanno eletto Napoli a propria dimora: Jimmie Durham e Maria Thereza Alves, che presenteranno nuove produzioni performative, specificamente progettate per gli spazi di Palazzo Caracciolo di Avellino. Abbiamo già approntato la programmazione per il prossimo futuro. Tra i nomi che possiamo anticipare, Gregor Schneider, che torna a Napoli dopo la mostra che nel 2006 inaugurò le attività della Fondazione, e Adrian Paci. Inoltre, continuiamo a lavorare alla ricerca di giovani artisti emergenti, con un nuovo sguardo alla scena locale, per il nostro programma di residenze.

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