Sesso, bugie e videotape, il film di Steven Soderbergh – vincitore della Palma d’Oro nel 1989 –riassume perfettamente il percorso artistico di Wolfgang Stoerchle (1944 – 1976) sviluppato in questa personale. Attingendo da vaste ricerche d’archivio e da interviste a studenti e colleghi dell’artista tedesco-americano, la mostra al MACRO è una vetrina per il lavoro di ricerca che Alice Dusapin ha dedicato a questa figura della scena dell’arte californiana degli anni Settanta, piuttosto eccentrica e amata, ma in qualche modo dimenticata. Tutto questo fa di Stoerchle il candidato ideale per la sezione “ARITMICI” del nuovo Museo per l’Immaginazione Preventiva.
La breve carriera di Stoerchle, stroncata da un incidente d’auto a 32 anni, è riassunta nelle “10 Cose Che Sappiamo” all’ingresso della sala – qui scopriamo che “Nel 1962 ha lasciato Toronto per Los Angeles insieme a suo fratello in sella a un paio di cavalli, sui quali hanno attraverso gli Stati Uniti per undici mesi. Dieci anni dopo ha ricordato questo viaggio come la sua prima opera d’arte”.
In mostra è presente un film su pellicola 8mm che Dusapin ha ritrovato rovistando tra i materiali d’archivio appartenenti alla prima moglie di Stoerchle: è proprio il video del suo arrivo a Los Angeles, alla Vigilia di Natale del 1962, con i due fratelli in sella seguiti da un cavallo da soma. Questo viaggio epico ha posto le basi per la proliferazione di miti sull’artista, alimentati da un interesse geniuno della stampa, dalle dicerie e, soprattutto, dalle “fake news” create e disseminate con successo da Stoerchle stesso durante i suoi anni da studente.
La mostra presenta una selezione puntuale di opere: dai dipinti raffiguranti materassi macchiati e piegati in modo suggestivo, passando per le fotografie in bianco e nero che catturano delle azioni, agli “eventi scultorei” che coinvolgono i corpi dei partecipanti e oggetti vari, come un mattarello che viene passato dall’artista a un performer mentre si scambiano gli abiti in una piazza pubblica. La maggior parte delle performance in mostra non sono una mera documentazione dell’evento ma sono state realizzate in studio con una telecamera portatile. Il risultato sono i filmati nei tre monitor che poggiano sui loro flight-case ed esplorano le possibilità artistiche di quello che, al tempo, era un nuovo medium – che Stoerchle ha sperimentato insegnando per due anni presso CalArts, quando faceva parte di quell’incredibile gruppo di persone riunite da Allan Kaprow.
Una certa somiglianza caratterizza due delle performance più memorabili dell’artista, che ne hanno contribuito ad alimentare il mito nonostante il loro fallimento apparente: Attempt Public Erection e la cosiddetta The Last Performance – che è stata effettivamente l’ultima – sono state realizzate a distanza di tre anni in due studi di Los Angeles, rispettivamente quello di Robert Irwin e quello di John Baldessari. È come se Stoerchle non volesse arrendersi all’incapacità di controllare le funzioni del corpo nelle sue sfere più private. Non solo il proprio corpo, che rifiutò di esibire a comando nell’aprile del 1972, ma anche quello di un volontario maschio che non riuscì ad eccitarsi quando Stoerchle gli praticò una fellatio di fronte a un pubblico sconcertato nell’ottobre del 1975, poco prima di morire. Salvata dall’oblio in cui stava lentamente sprofondando, l’opera di Stoerchle è pronta per essere riscoperta.