Imprevedibile e autentico da sempre. Nico Vascellari non ha mai permesso alle consuete definizioni di intrappolarlo in ruoli circoscritti, mantenendo quella capacità che in pochi hanno di scivolare comodamente, con abilità, ma soprattutto con professionalità da una sfera all’altra del regno dell’immaginario creativo. Sfidando norme di sistema e chiacchiere, ha proseguito per la sua strada trasversale, intrapresa fin dall’adolescenza. Dai palchi dei centri sociali a quelli delle grandi istituzioni, negli anni abbiamo conosciuto una personalità fatta di tante storie intrecciate e interdipendenti: compositore e musicista (With Love, Lago Morto, Ninos du Brasil), organizzatore di festival hardcore, artista visivo, editore di fanzines con uno spirito DIY e art director nella moda. Vascellari risponde al proprio tempo in maniera visionaria. Mai da spettatore, sempre attore, percorre le arti liberamente e senza condizioni.
Dal 2005 nel suo leggendario spazio indipendente “Codalunga” si alternano negli anni personalità provenienti da ogni campo creativo, da Charlemagne Palestine ad Arto Lindsay, da Jimmy Durham a Black Dice. Con la voglia di andare oltre nella sua ricerca sul linguaggio estetico e la semantica dell’immagine, cerca un nuovo pubblico, di cui il mondo dell’arte sembra spesso interessarsi poco, che punzecchia e coinvolge con seduttivi giochi linguistici, capaci di innescare un ragionamento sulla potenza degli opposti e sulle contraddizioni – vere – delle rappresentazioni che ci circondano.
Lo sguardo ciclico di Vascellari è sempre pronto a ri-osservarsi, ri-generarsi, ri-posizionarsi. E questo intraprende con la mostra “01”, negli spazi de La Fondazione a Roma, prima personale dopo tanti anni di apparizioni dal vivo, di performance intense da esperire in un hic et nunc stabilito dall’artista. “01”, che presenta una selezione di lavori datati tra il 2001 e il 2021, si rivela innanzitutto nella sua essenza: Vascellari non sembra voler celare dietro alle opere perfettamente installate nella neutralità brutalista dello spazio il desiderio di fare un punto sul suo percorso da artista visivo. Trasferitosi, insieme con lo Studio Vascellari, per un mese in via Francesco Crispi, 18, la mostra è stata concepita come un una riflessione su vent’anni di lavoro, dando vita ad opere pensate dall’artista anni prima e mai realizzate in dialogo con lavori iconici.
“01” è incentrata sul tema dello “sguardo”: uno sguardo intimista che si addentra in un archivio e nel pozzo dell’immaginazione, che chiede, al contempo, la complicità dello spettatore. Non uno sguardo istantaneo e filtrato dai social media, ma uno profondo e attento, a cui è concesso di soffermarsi con attenzione sui singoli pezzi, uno sguardo a cui è richiesta considerazione e partecipazione. Si, perché anche se “tradizionalmente” installata, “01” è un progetto relazionale, dove ogni lavoro richiama a sé l’osservatore innescando nell’immediato una visione, o forse solo una proiezione della propria coscienza.
Pink Trap (2001-2012), al centro della scena, è un macchinario (rosa) che si aziona quando l’occhio del visitatore gli si avvicina troppo. Un dispositivo che attira ma che non permette di essere valicato, intrappolando così quegli sguardi che rimangono sospesi, e rammentandoci che non tutto è concesso conoscere. Da osservatori o osservati, occhietti ci spiano da Unkown Eyes (2001-2021). Non occhi qualsiasi ma quelli di animali caricaturizzati per fini commerciali. Un retaggio del pop che va ben oltre l’apparenza. Gli occhi hanno perso la loro naïveté, il potere della loro cuteness utile per adescare il cliente, e, isolati dal proprio contesto, scrutano in maniera sinistra lo spettatore, interrogandolo sulle proprie responsabilità di consumatore superficiale. Sguardi non più imprigionati in macchiette, ma pronti a balzare fuori dal fondale rimarcando la propria autentica presenza.
In Lidl (2021) e Carrefour (2021), si riconoscono una serie di animali-cartoon protagonisti di marketing emozionale, estrapolati dal proprio prodotto, riconoscibili come oggetti più che come soggetti, che suscitano una riflessione sulle modalità con le quali la natura viene appropriata per essere ridefinita in un assoggettato significato simbolico strumentale. Skin Culture (gold rabbit, yellow gold, green&blue rabbit) (2002–2021), sono tre grandi dittici realizzati da un lato da un assemblage di incarti di cioccolatini comuni –– con volti di conigli o pulcini ripetuti all’infinito a comporre un mosaico ridonante e kitsch –– dall’altro da una lastra di cioccolato fuso, agglomerato e denso, così corposo da diventare ripudiante, proponendosi forse come l’opera che più si avvicina alla purezza e visceralità della natura.
Il senso di appartenenza e rispetto verso l’ambiente naturale caratteristico di Vascellari si impone sull’apparente leggerezza dei lavori in mostra. Una carica emotiva pervade ogni opera, anche nell’evidente seduzione estetica che esse rilasciano e che raggiunge il culmine in The Perpetual Cycle Rotates on the Axis of Despair (2014–2021). Si avverte dolore quando ci si avvicina al suono emesso dai graziosi e sorridenti pupazzi di gomma a forma di cuccioli animali che schiacciati da un meccanismo producono una sinfonia di stridori e lamenti di disperazione. Eppure, anche sotto tortura non smettono di sorridere. È questa potente drammaticità l’altra faccia della medaglia del fascino compiacente e accessibile dei soggetti/oggetti delle opere di “01”. Dove ci poniamo noi, osservatori e complici contemplanti?
Nel video Humans Are Monkeys (2002), girato da Carlos Casas, Vascellari, travestito da scimmia, mette in scena una serie di azioni coreografate che sembrano denunciare un abuso spettacolare subito dalla rappresentazione scimmiesca, trasposta in fantoccio e animata dallo stesso artista. La sua presenza fisica si percepisce in tutte le maglie della mostra palesandosi discretamente in Manumana (2002), opera di piccole dimensioni e poco nota, un ritratto da giovane, tracce fisiche congelate che rivelano la natura intima e reale della poetica dell’artista.
“01” rimarca non solo l’ingegno, ma anche la profondità dello sguardo che l’artista pone sul presente rivelandolo nelle sue pieghe incoerenti e scomode, facendo uso del suo stesso linguaggio. Le visioni dell’artista sono frutto di una considerazione meticolosa, di un impegno, una cura e un riguardo fuori dai canoni. Vascellari non vuole sedurci ma ridestarci attraverso l’estetica. “01” è una narrazione intricata, fatta di immagini sospese, visionarie, attraenti e violente che si prolunga al di là dell’opera, nella propria psiche, attraverso momenti di risveglio della coscienza che creano trampolini per la conoscenza. Non si rimane osservatori, non è possibile contemplare. Si è performer inconsapevoli, protagonisti di un palco abilmente allestito.