LET’S TALK ABOUT ART: trainato da un aeroplano, lo striscione di Maurizio Nannucci sventola sul cielo de L’Aquila ad annunciare quattro giorni di esposizioni, incontri, presentazioni, discussioni, proiezioni, generati dal progetto itinerante Panorama. Alla terza edizione, l’iniziativa organizzata dal consorzio di gallerie Italics mantiene la propria formula – una mostra diffusa in una località italiana fuori dalle grandi rotte turistiche – cambiando città e curatela, che quest’anno è affidata a Cristiana Perrella. I numeri sono in linea con gli episodi precedenti: 20 siti del capoluogo abruzzese ospitano il lavoro di 60 artisti rappresentati da 56 gallerie. Ancor più del passato, tuttavia, questa edizione consolida la peculiarità del format, costruendo una puntuale connessione fra opere e contesto sia attraverso lavori site-specific sia tramite un’accorta collocazione di opere preesistenti in spazi privati e pubblici di diversa tipologia (palazzi gentilizi, musei, chiese, il caffè dei Fratelli Nurzia, un negozio di dischi, un panificio, per citarne alcuni), che riflettono, amplificano e interrogano le possibilità di significazione dell’arte.
La trama della mostra è serrata e intreccia in maniera sapiente i fili dell’antico e del contemporaneo. Il disegno è particolarmente evidente a Palazzo Rivera, il maggiore sito espositivo della rassegna, lasciato allo stato di cantiere a ricordo del sisma del 2009 cui è ancora fortemente legata la narrazione contemporanea della città. Il sotterraneo custodisce uno degli esempi più felici, l’installazione che Diego Perrone allestisce a mo’ di quinta teatrale intorno a un Compianto cinquecentesco di scuola lombarda: una fascia avvolgente nera in PVC da cui emerge ripetutamente la Maschera dell’idiota di Adolfo Wildt; tracciata ad aerografo a partire da una fotografia, quest’apparizione degradata assume i caratteri di una metafora cristologica. L’argomento religioso torna nell’accostamento fra il Diavolo o Angelo ribelle cadente secentesco di scuola napoletana che precipita dal soffitto e la traccia audio di Beatrice Marchi, Never Be My Friend (2014) che mette in musica la trivialità di una discussione fra amiche su Facebook, “accentuando – come scrive Steven Warwick – l’assurdità dello shitstorm sui social media e facendo crollare la drammaturgia sociale isterica in una tragicomica banalità”. Altri “accoppiamenti giudiziosi” sono imperniati su temi quali la natura morta, il femminile, la classicità, l’estinzione animale o su più tenui assonanze formali.
La compenetrazione opera/ambiente appare ancor più osmotica in alcuni siti che accolgono singoli interventi, come quello di Massimo Bartolini In a Landscape (2017); Monk’s Duo (2023) che risuona nell’Oratorio di Sant’Antonio dei Cavalieri de Nardis: la variazione di un brano di John Cage emana da un pozzo nero dodecagonale, accordandosi a una nuova composizione per l’organo secentesco della cappella che consiste nell’accoppiamento dissonante di due note.
Un altro dei punti di forza di questa edizione di Panorama sono le collaborazioni istituzionali, attuate con realtà del territorio operanti in diversi campi. Fra quelle di maggiore profilo, il MAXXI L’Aquila ospita il lavoro di Paolo Icaro, che segna l’ingresso del museo con un viluppo di metallo a manifestazione della forza di gravità; nel cortile una barra angolare in acciaio è adagiata su due cuscini: la sottolineatura di energie fisiche e l’uso di materiali da costruzione riattiva in maniera antiretorica la memoria del sisma, proiettandola nel futuro della ricostruzione. A questo evento è dedicata anche la Project Room del museo affidata ad Haim Steinbach, che seleziona una tela tardo-ottocentesca di Michele Cammarano sul terremoto di Casamicciola e una combustione plastica di Burri; l’estetica della distruzione viene espansa dai wall text dello stesso Steinbach che invocano una “politica pulita” e un’interrogazione sul sé di borgesiana memoria. Le partecipazioni speciali alla mostra toccano anche la vita quotidiana, come dimostra l’azione scultorea di Luca Trevisani panpestato (2023): l’orma di una scarpa marchia il pane prodotto da un forno locale, in vendita come edizione alimentare (in aggiunta, lo stesso materiale è utilizzato per una serie di sculture esposte presso un negozio sfitto).
Il coinvolgimento del pubblico avviene anche tramite un ricco calendario di performance, che portano nei territori dell’arte una sfida ai confini musicali: il rito orgiastico di Jacopo Benassi, RIVOLUZIONE! (2023), che coinvolge nell’improvvisazione musicale gli studenti del conservatorio; le mescolanze sonore di Darren Bader, che fa suonare insieme due trii – uno rock e uno classico d’archi; il Disco Tornio (2021) di Chiara Camoni, in cui il pubblico partecipa alla produzione di vasi con l’accompagnamento di musica da discoteca.
La visione di Panorama si sofferma anche sul territorio, come testimoniano diverse presenze artistiche: la colonna azzurra di Ettore Spalletti che si eleva insieme alla traccia della sua ombra nella chiesetta di Santa Maria di Forcella misura la dimensione spirituale del suo lavoro; la bandiera di Gianni Caravaggio stratifica i profili montuosi della Valle dell’Aterno Bandiera naturalizzata (L’Aquila) (2023); i vasi di Lucia Cantò compongono il ritratto di una comunità e diventano supporto poetico Restrizione emotiva (2022; la mappatura artistica della regione è tematizzata nelle serie di disegni a penna BIC di Giuseppe Stampone. L’Abruzzo è presente anche come soggetto nelle investigazioni fotografiche di Armin Linke presso il Gran Sasso Science Institute e i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che riconducono l’arte alle funzioni di strumento conoscitivo della realtà. Avvincente, infine, il capitolo storico-archivistico dedicato al Futurismo, luogo di convergenza degli interessi dello storico dell’arte di origine aquilana Giorgio de Marchis e di Fabio Mauri, a lungo docente presso l’Accademia di belle arti del capoluogo.
Attraverso un accorto disegno curatoriale, Panorama L’Aquila riesce nell’intento di congiungere cultura e mercato, indicando una modalità privilegiata per fare contemporaneo in un Paese di stratificazioni storiche come l’Italia, in cui l’arte diventa guida alla scoperta di un luogo.