Il diverbio poco serio per Sol LeWitt

23 Febbraio 2024

Nel febbraio del 1973, il numero 39 di Flash Art presentava una pubblicità provocatoria della Galerie m di Bochum, in cui venivano confrontate opere di François Morellet, Jan Schoonhoven e Oskar Holweck con quelle di Sol LeWitt. Successivamente alla replica formale dell’artista statunitense, nell’ottobre/novembre del 1973, sul numero 42, Giancarlo Politi pubblicò la risposta di H. L. Alexander v. Berswordt-Wallrabe della Galerie m. Inoltre, Flash Art decise di diffondere una serie di lettere ricevute in merito a questa controversia, ampliando così la discussione sulle pagine della rivista.

Originariamente pubblicato su Flash Art n.42 ottobre/novembre 1973

Flash Art
La pubblicità della Galerie m di Bochum, apparsa sul n. 39 di Flash Art, contro Sol LeWitt ha sollevato una ondata di polemiche e naturalmente la risposta dell’artista interessato. La stessa risposta di Sol LeWitt non è passata, come era prevedibile inosservata: la Galerie m, artisti critici e lettori si sono pronunciati sulla questione reagendo in forme diverse. Per dovere di obiettività pubblichiamo alcune di queste lettere (le altre non sono pubblicabili per mancanza di spazio) scelte non a caso.
Flash Art in tutta questa faccenda sino ad ora non si è pronunciato lasciando agli altri la parola. Con questo numero speriamo che la polemica sia definitivamente chiusa. Flash Art intende però sottolineare la propria posizione: mentre le pagine riservate alla pubblicità sono completamente libere e, quindi non sottoposte a censura, come magari alcuni pretendevano, le pagine redazionali escluse le lettere dei lettori rappresentano l’opinione di Flash Art. A questo proposito noi desideriamo chiarire che mai abbiamo pensato né avvallato che Sol LeWitt sia un plagiatore degli artisti europei o di altri. Molto spesso talune ricerche possono coincidere visivamente ma l’intenzione è assolutamente diversa. In altri casi si assiste ad una differenza formale tra due opere ma con identiche intenzioni. Il primo caso è quello che riguarda Sol LeWitt e Morellet. Se ci si sofferma solo ad una analisi esterna e visiva dell’opera è facile trovare analogie tra il passato lavoro di Morellet e quello recente di Sol LeWitt. Per fortuna oggi un’opera non si legge solo per i suoi aspetti formali.

Galerie m
H. L. Alexander v. Berswordt-Wallrabe

Nell’ultimo numero di Flash Art (n.41 del 1973) l’artista americano Sol LeWitt ha avuto modo di esprimere la sua opinione sulla nostra inserzione pubblicitaria apparsa su un numero precedente della rivista.
Il Sig. Giancarlo Politi, editore della rivista, ha subito pressioni da gruppi diversi e pensava quindi in un primo tempo, di rfiutarci la possibilità di rispondere alle dichiarazioni di Sol LeWitt. Quando, sotto forma di una seconda inserzione abbiamo tentato di rispondere a queste dichiarazioni, Giancarlo Politi, temendo ulteriori fastidi, ci ha proposto di scrivere una lettera aperta alla rivista. Per venire incontro al Sig. Politi, abbiamo accettato questa soluzione, anche se riteniamo deplorevole che gli “autorevoli sindacati delle gallerie” (parole di Konrad Fisher, Düsseldorf) tentino di portare l’editore di quella che riteniamo una rivista d’arte di primo piano a pubblicare o a non pubblicare inserzioni pubblicitarie. Il contenuto di tali inserzioni non riflettono praticamente mai le opinioni dell’editore o del direttore di una rivista su un determinato argomento.
Nella risposta, Sol LeWitt presenta ancora una volta due delle opere degli artisti Jan J. Schoonhoven e Françoìs Morellet, ambedue nostri “protetti” contrapponendovi due delle sue opere. Contemporaneamente, egli dichiara che le sue due opere sono quelle maggiormente somiglianti a quelle mostrate dagli artisti da noi presentati. Al lettore di Flash Art viene richiesto di dare la propria opinione circa quest’identità. Questo metodo comunque omette due punti e i requisiti primi non vengono neppure toccati. Sol LeWitt non presenta, come egli ritiene, opere sue somiglianti a quelle dei nostri artisti ma sceglie deliberatamente opere otticamente divergenti.
In contrasto con l’opera da lui pubblicata, una intera pagina illustrata nel numero 32-33-34 di Flash Art (numero speciale su Documenta 5) è stata dedicata alla sua opera ancora nuova allora Arc, grids and cicles, che è quasi identica a grillages-trames 1958 di François Morellet, da noi presentata. Comunque, pensa che i lettori siano abbastanza stupidi da non essere in grado di rintracciare questa illustrazione soltanto un anno dopo e di paragonarla all’opera di Morellet da noi presentata. Questo è soltanto il punto secondario ed esterno del metodo da lui praticato. Inoltre, Sol LeWitt si aspetta dal lettore di Flash Art l’incapacità di riconoscere che non è l’ultimo tocco di pennello ma il concetto a dare identità, e dimostra che per quanto riguarda l’arte, il problema è identico.
Nell’arte di oggi, è più che mai indispensabile che la qualità di un’opera artistica sia giudicata dalla sua autenticità. Specialmente nell’area dell’arte in cui si colloca Sol LeWitt, l’originalità delle idee è parte essenziale del criterio di qualità. Il problema non appare esclusivamente nel dettaglio di un concetto, ma nella sua totalità, (inoltre le opere di Morellet in questa direzione, ad esempio, esperimenti simili a quelli di Sol LeWltt sono stati pubblicati sotto forma di libro due anni prima). Il fruitore dell’arte di oggi è abbastanza qualificato per riconoscere le identità di un problema artistico anche quando opere diverse mostrano una leggera differenza. Nell’arte di oggi, la costante tentazione di imitare richiede questa capacità da qualsiasi osservatore. È facile parlare di progresso quando si tratta invece di plagio. È facile parlare di “prestito” per chi “prende in prestito”. Non è molto attrattivo “prendere in prestito” da un artista che già ha preso lui stesso in “prestito”. Che tali “prestiti” non rendano questo artista molto più povero, non ci sono dubbi dato che lo è già abbastanza. Che un artista americano nel campo più ingrato dell’arte, che ha contribuito a donare uno stile all’arte europea, faccia riferimento all’idealismo, questo è da considerarsi una mistificazione. Il citare il linguaggio internazionale degli artisti per creare una nuova élite, è assolutamente contrario all’opera di un artista come Sol LeWitt, e può soltanto favorire lo scetticismo verso la sua opera. Specialmente la sua opera che mira alla comprensione e all’inclusione del pubblico e che contiene gli attributi di assoluta originalità di idee dell’arte europea dal 1950: diminuire la differenza tra artista e pubblico.
Che Sol LeWitt cerchi, sulla base di pregiudizi forse americani come il romanticismo per gli artisti europei, specialmente in Europa, di essere solidale con coloro da cui “ha preso in prestito” può sembrare, a prima vista, una mossa intelligente; ma, approfondendo meglio, è decisamente meschina. Sopratutto a causa di una maggiore facilità di comunicazione nel campo dell’arte attuale — nel quale opera anche Sol LeWitt — il gallerista come protagonista di un’opera, che la maggior parte delle volte si propone di chiarire il concetto delle opere d’arte, parla abbastanza spesso lo stesso il linguaggio dell’artista. Contrariamente alla rivendicazione di Sol LeWitt, e cioè alle sue motivazioni puramente ideali, ci riteniamo abbastanza onesti da confessare che, a parte gli ideali, siamo anche interessati all’aspetto commerciale. Altrimenti, come potrebbe andare avanti una galleria? Quali vantaggi potrebbero avere altrimenti gli artisti di una galleria?
Allorché il gallerista è, dal punto di vista storico, il primo interlocutore dell’artista, il critico d’arte è più indispensabile all’artista. La lusinga che Sol LeWitt indirizza a Flash Art nell’ultimo paragrafo della sua dichiarazione non è soltanto superflua ma anche sbagliata. Nessuno potrà e vorrà domandare ad un artista oggi di discutere, analizzare ed esprimere verbalmente la conoscenza del suo talento (che è in se una dote straordinaria). A questo scopo, per analizzare e criticare opere d’arte dovremmo tutti essere contenti che ci siano dei teorici (e quindi critici). Sono più che mai importanti oggi. Sol LeWitt fraintende completamente la pubblicazione di una rivista come Flash Art se la usa per distanziarla dalla critica generale attraverso la lusinga. Una rivista simile comunque non corre questo rischio, è in se stessa armonica; questo in se è una forma di critica. Sol LeWitt può essere sicuro che non avremmo fatto pubblicità su Flash Art se non fossimo convinti della sua qualità.

Giancarlo Politi
Caro Alexander,
vorrei precisare nella tua lettera alcuni punti che mi coinvolgono:
1) Non ho ricevuto alcuna pressione da alcuna galleria; la decisione di pubblicare testi o inserzioni pubblicitarie riguarda solo me. Non è mia abitudine subire pressioni da parte di chiunque. Naturalmente c’è stata da parte di qualche gallerista di Sol LeWitt una reazione piuttosto violenta nei miei confronti e forse anche qualche minaccia, in un momento di rabbia. Però ti assicuro che nessuna minaccia è stata mal messa in atto.
2) Non ho rifiutato la seconda inserzione contro Sol LeWitt temendo fastidi o rappresaglie. Ti ho pregato di scrivere una lettera o un testo, in luogo della pubblicità, poiché li tuo annuncio si presentava troppo approssimativo: con una lettera avresti potuto chiarire meglio le tue posizioni. Inoltre non desidero apparire l’editore che per 550 dollari (questa è la tariffa di una pagina) si vende. Il mio prezzo di vendita (ammesso che esista) è molto e molto più elevato. Giornalisticamente mi sembra molto corretto concederti dello spazio gratuito per esprimere le tue ragioni: così potrai utilizzare la pagina di pubblicità per un altro artista o argomento.
3) Se in un primo tempo pensavo di rifiutarti la possibilità di rispondere alla lettera di Sol LeWitt — ed è vero — ciò è avvenuto poiché desideravo chiudere una polemica che ritengo inutile. Spero che adesso questa discussione sia veramente finita. Ma se volete continuare ad ogni costo, sia tu, sia Sol LeWitt, sia altri, avete il mio spazio (spero non troppo) a disposizione. Naturalmente il contenuto della tua lettera non lo discuto, come non ho discusso né commentato quella di Sol LeWitt. Mi spiace solo che forse si tratta di un inglese non perfetto per cui qualche osservazione mi sfugge.

Lucy Lippard
Riceviamo una cartolina di Lucy A. Lippard in cui cl accusa di fascismo poiché nel numero 39 di Flash Art è stata ospitata una inserzione pubblicitaria contro Sol LeWitt. Cara Lucy, siamo i primi ad essere dispiaciuti per l’incidente e a non condividere tali forme di pubblicità (anche se le reazioni da parte di molti sono state esagerate). E da te accettiamo anche l’accusa di fascismo: poiché sappiamo molto bene che per voi amerikani sono fascisti tutti coloro che non la pensano come voi.

Lettera di Rolf Breger
Caro Politi,
leggo con estremo interesse la polemica che si svolge sul tuo giornale tra la Galerie M di Bochum e Sol LeWitt. Io sono un abbonato al tuo giornale da anni, mi divertono molto le tue prese di posizione spesso polemiche ed ironiche: come mai non sei intervenuto in questa polemica?
Eppure è chiaro che le recenti opere di Sol LeWitt (griglie, cerchi, archi), sono l’esatta copia del lavoro che Morellet ha svolto da molti anni. Le differenze, se ci sono, sono minime e percettibili solo dall’autore: ciò che conta nell’opera di oggi è l’aspetto formale, cioè l’immagine che a noi si presenta agli occhi, non le intenzioni che sono nascoste e possono essere le più diverse.
Ma perché questi artisti americani continuano ad ignorare ciò che accade in Europa da più anni? Non credo che Sol LeWitt abbia visto le opere di Morellet solo due anni fa (Morellet ha esposto appunto un’opera identica a quella di Sol LeWitt) a New York, mi pare nel 1967, al Museum of Modem Art, alla mostra chiamata “The responsive eye” (cito a memoria), riprodotta in catalogo.
Perché anche tu, che spesso assumi posizioni tanto coraggiose e cosi inedite in Europa, sei schiavo della cultura colonialista americana? Perché non cerchi di reagire facendo un discorso europeo e documentando ciò che è stato fatto in Europa negli ultimi venti anni? Penso che un atteggiamento di questo genere sarebbe molto utile per tutti gli europei e scusami, anche per gli americani. Che una volta tanto smetterebbero la loro boria e ci guarderebbero con occhi diversi.
Con i più cordiali saluti,
Rolf

Lettera di Roger Payrot
Caro Politi,
trovo veramente stupido e infantile accusare Sol LeWitt di copiare Morellet. Morellet è solo un epigono dell’arte cinetica e le sue opere vanno viste in questa chiave; Sol LeWitt è uno dei maggiori esponenti dell’arte minimal e concettuale e in tale contesto vanno situate le sue opere.
Sarebbe come dire che Weiner copia Mallarmé perché usa le parole.
Comunque congratulazioni per la tua rivista che è la più viva (e polemica) oggi in Europa.

Lettera di Gianni Grasso
Caro Politi,
sono un giovane artista di Palermo, una città sottosviluppata, come dite voi di Milano e dicono quelli di New York. Sono anche un lettore di Flash Art. Seguo con curiosità la polemica tra la Galerie m, della Germania e Sol LeWitt. Non ti nascondo che parteggio per la Galerie m, anche se intravedo in questa polemica una lotta feroce di mercato.
Ti voglio raccontare brevemente una storia reale, di cui sono stato quasi protagonista. In una città che non è Milano, esiste una galleria di avanguardia che presenta molto spesso artisti americani (tra cui Sol LeWitt, se non sbaglio.) Un giorno arrivò da New York un artista americano per una mostra: naturalmente viaggio pagato da parte della galleria, soggiorno pagato, telefono Italia-New York pagato. Questo artista era ospite del miglior albergo della città (dove però non c’è l’Hilton): dopo un giorno l’artista si rifiuta di restare in questo albergo perché troppo rumoroso. La galleria cerca un altro albergo più tranquillo: il giorno dopo l’artista cambia albergo perché troppo proletario e con una clientela non scelta. Terzo albergo: ma l’artista non è soddisfatto perché troppo silenzioso e troppo simile ad un convento. Quarto ed ultimo albergo disponibile: nella stanza faceva troppo caldo e lui non poteva lavorare. Non esistendo un quinto albergo non so come sia andata a finire la storia. Suppongo che l’artista sia andato ospite da qualcuno. Non è divertente questa storia vera? (Un giorno se ci incontriamo ti dirò anche il nome dell’artista e della galleria). Ciò per dimostrarti che questi artisti americani quando arrivano in Italia giocano a fare le dive. A loro tutto è permesso, anche le cose più assurde e paradossali. Non credi che sia ora di finirla? Nessuno nega che non siano bravi. Ma questo divismo non è contrario al lavoro che propongono e alle idee che sostengono? Perché poi, una volta In Italia, vogliono fare i politicizzanti, frequentano i giovani extraparlamentari, magari regalano un’opera a Lotta Continua cosi sono a posto con fa loro coscienza. Sono ospiti per mesi e mesi del più ricchi collezionisti italiani ed europei, frequentano tutte le case bene della grande borghesia: poi tornano m America e fanno i bambini capricciosi se qualcuno osa mettere in discussione il loro lavoro.
Scusami lo sfogo ma volevo dirti questo.
Solo questo.

Risposta ad una risposta di Sol LeWitt
Lettera di Winfred Gaul

Sono bravi gli americani e hanno degli artisti anche importanti, non c’è dubbio, però sono più bravi a difendere se stessi che non i fatti storici, soprattutto quelli concernenti l’arte europea attuale, che loro preferiscono ignorare. Mi sembra tanto strano che LeWitt, che si dice sia un uomo colto ed informatissimo non abbia visto, sino all’anno scorso, nemmeno una riproduzione di un’opera di Morellet, che lavora nel suo campo da ben quindici anni ed è uno degli artisti della Denise René, che non passa per una galleria che nasconda i suoi artisti. Non è questa però la questione posta della autodifesa dì LeWitt. Non possiamo verificarla, e quindi ci basta la sua parola. Non Importa se lui abbia copiato o no gli artisti europei nominati nell’annuncio In questione.
Il problema è un altro.
Lui si sentiva attaccato in Flash Art, anche se Flash Art funzionava soltanto come mediatrice. La stessa rivista gli dava l’occasione di difendersi esplicitamente e nel più breve tempo possibile, riservandogli una intera pagina. È un atto di giustizia, ma anche di generosità, da parte di Politi. Purtroppo però non è per nulla un caso normale. Facciamo un’ipotesi; se un artista europeo fosse stato accusato, diciamo, in Artforum, di copiare un americano, avrebbe avuto anche lui la possibilità di difendersi, ammesso che una rivista americana lo ritenesse abbastanza importante per accusarlo? Comunque sono d’accordo con alcuni dei pensieri di LeWitt, che cito da Flash Art:
“Credo che le idee, una volta espresse, diventino di proprietà comune a tutti. Se non vengono utilizzate, esse non sono valide, possono solo essere date via e non si possono rubare. Le idee d’arte diventano il vocabolario d’arte, e sono utilizzate da altri artisti per formare le loro proprie idee (anche se inconsciamente). Sono influenzato da tutte le forme d’arte che ammiro (e anche da quelle che non ammiro). E poi: lo credo che noi artisti facciamo parte di un’unica comunità dove ci scambiamo lo stesso linguaggio”.
Ma non sono assolutamente d’accordo, se questo “Idealismo,” espresso da Sol Lewitt, è solo a “senso unico”, cioè se fa comodo solo all’artista americano che, sapendo d’aver alle spalle il potere, può permettersi il lusso di fare l’idealista nei confronti dell’europeo, che, essendo privo d’un potere equivalente, non vuol capire quanto sia irrilevante la questione, ormai passata, del primato. Sembra che noi, sempre secondo LeWitt, siamo degli imbecilli e del maligni, perché non vogliamo capire che dobbiamo cedere loro anche il primato del nostro lavoro, dopo aver ceduto ormai il nostro mercato, le nostre riviste, i nostri musei. Se i musei americani acquistassero opere degli artisti europei come fanno i musei europei con gli americani, e le riviste americane pubblicassero artisti europei come le riviste europee pubblicano artisti ed avvenimenti culturali americani, e se gli artisti europei avessero una rappresentanza In America simile a quella degli americani In Europa, allora potremmo aprire un dialogo alla pari, un dialogo vero e giusto, in cui contano gli argomenti migliori, e solo quelli, e non, come adesso, il potere politico e la forza finanziarla delle gallerie, dei collezionisti interessati e del mezzi pubblicitari coinvolti.
Sinché noi europei non siamo disposti ad imparare dalla strategia americana e a difendere la nostra cultura ed i nostri artisti, sinché un artista americano qualunque è preferito ad uno europeo importante, non c’è speranza, che la storia dell’arte attuale non venga scritta deformata secondo gli interessi più potenti, ma venga scritta deformata secondo gli interessi più potenti, ma venga scritta senza dire “ira et studio,” senza pregiudizi nazionali, sociali o razziali, sulla base di dati oggettivi, che devono essere messi a disposizione di tutti ugualmente e contemporaneamente, senza che nulla sia manipolato o soppresso.

Lettera di Erik Rijkhoek
Caro Politi,
non ti sembra che la polemica tra Morellet e Sol LeWitt sia abbastanza stupida da dedicargli tanto spazio?
Non sarebbe meglio che tu dedicassi questo spazio ad altri artisti? E chi se ne frega se Sol LeWitt copia Morellet e Schoonoven? Sono affari suoi o affari loro. La funzione di Flash Art è quella di informare su ciò che accade (questo è detto nei tuoi depliants pubblicitari) non di proporci ogni numero le polemiche personali di Sol LeWitt e della Galerie m.
Facci vedere per favore cosa accade nei paesi dell’est (hai già incominciato), presentaci il lavoro di nuovi artisti, europei ed americani. Questo interessa a noi lettori. Di Sol LeWitt e Morellet sappiamo già tutto. Sono due artisti già morti di cui si tenta fare la storia.

Lettera di Emilio Marianucci
Caro signor Politi,
la risposta di Sol LeWitt alla sua pubblicità mi ha fatto sorridere e meditare.
Questi artisti americani cosa vogliono ancora? Arrivano in Italia (e in Europa) una o due volte l’anno, vengono attesi da gallerie e collezionisti all’aeroporto, vengono ospitati in ville o alberghi da favola, fanno due o tre mostre senza alcun impegno, raccolgono i loro 20-30 mila dollari ogni volta, riprendono l’aereo e tornano a New York a dire che siamo sottosviluppati, che la nostra cultura è retrograda, che noi siamo dei copiatori. E sa chi copiamo? Copiamo loro, gli americani. Non so se Sol LeWitt ha copiato Morellet (a vedere le immagini e le date sembrerebbe di sì, ma non conoscendo le opere originali non voglio pronunciarmi): ma ciò che non accetto da parte dell’artista americano è la sua ignoranza nei confronti della nostra cultura. Lei ha mai sentito un artista italiano o tedesco, o francese giustificarsi dicendo che non conosceva Sol LeWitt, o Judd, o Stella, o Marden? E perché noi dovremmo conoscere loro e loro ignorare completamente il nostro lavoro e la nostra cultura? Loro conoscono Piero della Francesca o Giotto o Rembrandt: ma basta. Per favore signor Politi, dica al signor Sol LeWitt di guardare più attentamente l’Europa e di informarsi. Anche in Europa esistono riviste d’arte e spesso abbastanza informative. Non legga soltanto Artforum (che noi europei leggiamo): apra gli occhi e si informi.
Il mondo della cultura non si esaurisce negli States o a New York.
Distinti saluti.

Lettera di Walter Witt
Il diverbio suscitato dal gallerista di Bochum Berswordt nel giornale Flash Art per l’opera di Sol LeWitt è stato alimentato con mezzi poco seri da Berswordt. Il paragone di Berswordt tra Schoonhoven, François Morellet e Oskar Holweck da una parte e l’americano Sol LeWitt dall’altra è superficiale e forse anche inopportuno perché si limita a mostrare dei pezzi singoli e non considera l’opera generale di questi artisti. Perché i singoli elementi dell’aspetto costruttivo sono strettamente limitati, decisivo è il contesto nel quale vengono posti ed è anche determinante il modo nel quale vengono esposti. Solo l’opera generale di Schoonoven – paragonata a quella di Sol LeWitt – chiarisce le diverse dimensioni della concezione artistica dei due artisti. Il lavoro singolo in questo caso dice poco nella semplicità visiva. Esperimenti come ne fanno Morellet, Schoonhoven, o Sol LeWitt, ognuno a modo proprio, sono già dalla legislazione del costruttivismo fino alle classi grafiche delle accademie d’arte, oggetto di grandi sforzi. Walter Dexel (1890-1973) per esempio diede ai suoi allievi compiti simili, quando diresse dal 1928 fino al 1935 le classi di grafica alla scuola artistica e artigianale.
Si può vedere: queste costellazioni di forma hanno lunghe tradizioni e non sono invenzioni di Morellet o di altri artisti senza dubbio importanti della nuova forma costruttivista. Determinante è — sia per Morellet che per Sol LeWitt — in che contesto si trovano queste invenzioni di forme: per esempio Morellet si sviluppa verso la plastica, per Schoonhoven sono rilievi, Sol LeWitt li disegna direttamente sul muro ecc. Adesso dovrebbe iniziare l’analisi dell’opera davanti alla quale Berswordt si è schierato con il suo semplice attacco.

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