Amarcort 4: Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di

di 12 Marzo 2024
Alessandro Contini Bonacossi (a destra) con Benito Mussolini (al centro) in visita alla mostra “Gli antichi pittori spagnoli”, Roma 1930.

Come un incontro casuale con Italo Calvino a casa di Elsa De’ Giorgi, mi ha portato a conoscere una storia straordinaria

Chi sa o si ricorda chi fu Alessandro Contini Bonacossi, alzi una mano. Eppure, insieme all’olandese Duveen, è stato il più grande mercante di arte antica al mondo.

Chi avrebbe mai detto che un piccolo borghese, nato ad Ancona nel 1878, con una istruzione molto sommaria (quinta elementare o forse terza media), da ragazzo sarebbe diventato un esperto filatelico al punto di trasferirsi a 18 anni a Milano e in poco tempo trasformarsi nel mercante di francobolli più importante del Bel Paese? Sposatosi subito con Erminia Vittoria Galli Feroldi, conosciuta ai giardini pubblici di Porta Venezia, mentre accudiva una bambina avuta al di fuori del matrimonio, con la moglie si trasferì presto in Spagna e successivamente in Sud America, dove acquistò intere tirature di francobolli degli stati dell’America Centrale e del Sud America, al punto di avere in mano il mercato mondiale dei francobolli. In una veloce testimonianza, il torinese Bolaffi, fondatore della dinastia, lo definì il più importante commerciante di francobolli al mondo.

Chi lo avrebbe mai detto che un timido ragazzotto di Ancona, senza alcuna istruzione ma visionario con grandi intuizioni e una determinazione e passione fuori dal comune, sarebbe diventato il re della filatelia mondiale? Sino a che, passeggiando in Galleria a Milano, davanti ad un negozio di quadri, accanto al ristorante Savini, non vede una pittura che rappresentava uno spadaccino un po’ guascone. Si trattava di un dipinto di Diego Velàzquez, non si sa bene come mai finito in quel negozio, anche se nel 1629, il grande pittore spagnolo trascorse un anno e mezzo in Italia per studiare il nostro Rinascimento. Naturalmente il re della filatelia ignorava chi fosse l’autore di quel dipinto, perché lui era totalmente digiuno di cultura artistica, ma la sua sensibilità e il suo magico fiuto per gli affari, lo portarono ad interessarsi di quell’opera. La quale, per un neofita era abbastanza costosa. Ma lui, dopo essersi consultato con la moglie Vittoria, donna sensibilissima anche se con un percorso scolastico molto modesto (seconda elementare), vendette una importante serie di francobolli ed acquistò l’opera del grande pittore spagnolo. Continuando la sua attività di filatelico, iniziò a studiare l’arte, unitamente a sua moglie, che dimostrava una sensibilità sorprendente, dedicandosi per un anno, anima e corpo al Rinascimento italiano e al Seicento. Al punto che dopo solo un anno, grazie alla sua intelligenza e vocazione, divenne, insieme a sua moglie, un ottimo conoscitore di arte antica. E intuendo che il mercato dell’arte poteva essere più redditizio di quello dei francobolli, gradualmente si disfece di questi ultimi per acquistare opere d’arte. In Italia ma anche all’estero. A Parigi e in tutta Europa, dove si recavano per visitare musei e collezioni. In breve Alessandro Contini Bonacossi e sua moglie crearono una raccolta straordinaria, di opere d’arte d’inestimabile valore acquisita a buon mercato da famiglie nobili ma in difficoltà economiche. E fu così che capolavori di Botticelli, Raffaello, Perugino, Piero della Francesca, Antonello da Messina, Tintoretto e tanti tanti altri, passarono dalle mani di nobili decaduti o di altri mercanti a quelle più dinamiche del Bonacossi. Che insieme alla moglie, donna Vittoria, era diventato un grande esperto di arte. Ma ancor più sorprendente fu la grande competenza acquisita dalla moglie. Competenza che meravigliò perfino il grande Bernard Berenson, che abitando a Firenze, era diventato un consulente e amico dei Bonacossi. Berenson (l’ho appreso da una sua lettera) dichiarava ai suoi amici che molto spesso donna Vittoria dimostrava una sensibilità e competenza superiore alla sua. I suoi expertise erano infallibili. Sono straordinarie infatti le lettere di Vittoria, che pur con qualche errore di sintassi, descrivono opere o collezioni. Non puoi assolutamente immaginare che ti trovi di fronte ad una donna che aveva frequentato solo la seconda elementare. Questi sono i grandi miracoli della passione e di una sensibilità superiore. Direi quasi tipicamente italiana.

Verso gli anni ’20 i Bonacossi erano considerati tra i più importanti mercanti europei, al punto di diventare concorrenti dell’olandese trapiantato a Londra, Joseph Duveen, il più grande mercante di arte antica di tutti i tempi.
Nel 1926 partirono, carichi di opere, per gli Stati Uniti, dove incominciavano a nascere musei e grandi collezioni e sembrava che il denaro scorresse a fiumi. Le grandi famiglie americane (Ford, Rockefeller, Morgan, Frick, Whitney, ecc.) dopo aver costruito una colossale fortuna economica, volevano acquisire anche uno status symbol culturale. E costruirono in quegli anni, grazie ad Alessandro Contini Bonacossi, Joseph Duween e la grande dinastia Wildenstein (Nathan padre, Georges figlio e Daniel nipote e Guj, tutt’ora in attività, anche se nei guai con il fisco) le loro grandi collezioni che poi contribuirono con le loro donazioni a far nascere i mitici musei americani (MoMa, Guggenheim, Whitney). Nel 1928 Alessandro ereditò dalla madre il titolo di conte, che poi trasmise ai suoi figli e al nipote Sandrino.

Un particolare curioso: nel 1938, Alessandro Contini Bonacossi donò a Benito Mussolini (su sollecitazione dello stesso, di cui, pur essendo di origine ebrea, era un fervente sostenitore e per questo non subì mai alcuna persecuzione), la somma di 5 milioni di lire (allora una cifra considerevole) per contribuire allo sviluppo delle miniere del Sulcis in Sardegna. E per riconoscenza Mussolini nominò senatore il nostro mercante di quadri. Titolo che contribuì al successo ulteriore della sua attività professionale. Queste notizie vengono riportate da Sandro Pazzi, biografo e legale della famiglia, non sono frutto della mia fantasia. Ma perché mi sono interessato a questa avvincente vicenda? Nei tardi anni ’50, esattamente nel 1958, appena arrivato a Roma, frequentai per un comune amore della poesia, Elsa De’ Giorgi, attrice e scrittrice di origini umbre (Bevagna), allora famosa star e compagna di Italo Calvino. Nella casa di Elsa, in via Nomentana, incontravo anche l’ombroso autore de Il Barone Rampante. In quelle occasioni, Elsa, già sposata con il conte Sandrino Bonacossi, nipote di Alessandro (che pare a causa di quella relazione fuggì all’estero dove nel 1975 morì forse suicida a Washington) mi raccontava le vicende della famiglia e le sue pretese alla enorme eredità familiare, da cui credo fu totalmente estromessa. Naturalmente le versioni della famiglia Bonacossi e Elsa De’ Giorgi erano molto contrastanti.

Ma di questo, per non annoiarvi, spero di parlarne in un prossimo Amarcort. 

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Giancarlo Politi