“Black with love, intact as a flower” Galleria Michela Rizzo / Venezia di

di 19 Marzo 2024

Jo i soj neri di amòur né frui né rosignòul dut intèir coma un flòur i brami senza sen
(Pier Paolo Pasolini, Dansa di Narcìs, in Suite furlana, 1944-1949)

“Io son nero di amore, né fanciullo né usignolo, tutto intero come un fiore, desidero senza desiderio” scrive Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi poemi friulani, La danza di Narciso, nel quale il tema dell’autoconoscimento dell’individuo è filtrato dalla spinta del desiderio amoroso verso un’immagine a sé simile. A questi versi si rifa anche il titolo della mostra collettiva, “Black with love, intact as a flower”, curata da Övül Ö. Durmusoglu, che rende le stanze della Galleria Michela Rizzo di Venezia il luogo simbolico per la gestazione di una moltiplicazione di corpi.
Il “dialogo artistico”, così definito dalla curatrice, tra le installazioni tessili di Ruben Montini e i dipinti di Nazim Ünal Yılmaz, con un intervento audiovisivo di Sharon Hayes, ingloba la dimensione dell’intimo come anche quella del mito, del personale e del collettivo. Varcando la soglia della galleria, le larghe pennellate dell’artista turco Ünal Yılmaz abbozzano sulla tela, Reversible Painting (2023), i corpi nudi di alcuni uomini in una posizione che gioca sull’ambiguità di ciò che viene percepito come erotico e quanto, invece, come un passatempo infantile. Nel loro rotolare l’uno addosso all’altro, i corpi custodiscono e, allo stesso tempo, sostengono l’immagine astratta di un globo terrestre. Gesto che li proietta in una profondità spazio-temporale ancestrale.

Cosa resta di noi? (Le tue vecchie mutande sporche) (2013-2024) dell’artista sardo Montini presenta il primo di una serie di indumenti personali presenti in mostra. Si tratta dell’intimo del suo ex-partner, incorniciato e protetto da un plexiglass alla stregua di un oggetto prezioso da preservare. Altri indumenti sono stati incorporati nelle installazioni tessili che l’artista chiama “pale d’altare”. Sparse nella sala successiva, si palesano le prime otto di questa serie in corso che Montini sta realizzando attraverso collaborazioni intercontinentali con associazioni LGBT+ e il supporto della Royal School of Needlework di Londra. Gli indumenti e i tessuti usati rievocano la sfera intima e l’esperienza vissuta dai corpi che li hanno indossati. Alcuni appartengono a persone vicine all’artista, altri provengono dagli scambi che l’artista attiva in alcuni di questi suoi progetti co-partecipati. Accanto a Cosa resta di noi?, si trova sospesa a mezz’aria una variante delle installazioni tessili realizzate da Montini, Solo Amore (2023), che rappresenta un uomo seguito dal suo doppio. Il soggetto qui ritratto riporta l’attenzione ad alcune delle questioni che sembrano aver motivato lo sviluppo di una mostra come questa.
“Black with love, intact as a flower” interroga sui limiti e le possibilità inscritte nell’atto di rappresentare una comunità che richiede spazi di opacità e fluidità, come quella LGBT+. Le opere in mostra aprono le prospettive per un senso di appartenenza queer, che prescinda dall’esibizione di selezionate ed essenziali caratteristiche. Ciò accade talvolta in maniera allusiva come nei dipinti di Ünal Yılmaz, nei quali la densità figurativa del linguaggio pittorico viene smorzata da una marcata tenenza all’astrattismo; altre volte si manifesta in maniera “urlata”, come nei lavori relazionali e performativi di Montini che si rifanno all’estetica DIY dell’attivismo e delle subculture urbane. A mediare tra i toni dell’uno e dell’altro, Ricerche: three (2013), un video in cinque parti dell’artista statunitense Sharon Hayes che ripropone a un gruppo di studentesse del Massachusetts la “questione amorosa” pasoliniana. Qui appare nuovamente la memoria di Pasolini, questa volta però di Comizi d’Amore, un documentario del 1963 volto a registrare le opinioni degli italiani sulla sessualità e il buon costume in un Italia semi-rurale del secondo dopoguerra.

Nel piano superiore della galleria, i dipinti di Ünal Yılmaz inscrivono la sua esperienza autobiografia in un clima di irrequietudine sociale più ampio. Spesso, l’artista trae i propri riferimenti da un immaginario che ritiene essere comune a molti degli spettatori, siano questi presi dall’universo pop e consumistico occidentale, o dalla storia dell’arte più alta. In no-more ice-cream, 2023, un cono gelato fuori proporzione fa da cornice all’incontro tra due figure umane, un giovane e un anziano, che ricordano diverse iconografie storiche di Saturno intento a divorare i propri figli. Nella tela You, so strong Tom?, 2022, il gatto Tom (di Tom&Jerry) viene trasformato nell’emblema di colui che è destinato all’eterno fallimento del proprio obbiettivo (la cattura del topo Jerry). I cavalli di Franz Marc affollano la superfice di Horses, 2023, respingendo lo sguardo al di fuori della scena rappresentata. Simili a delle miniature poste a inizio pagina di un manoscritto antico, i dipinti di Ünal Yılmaz introducono a realtà parallele fatte di spazi claustrofobici e caotici; l’inizio di una potenziale narrazione diviene un principio decorativo. I colori accesi usati dall’artista separano momentaneamente chi li osserva dal temperamento melanconico presente in alcune delle scene raffigurate.

In vista dell’apertura della mostra, Montini ha creato un temporaneo speak corner all’interno della galleria. Su un’impalcatura in metallo sono stati disposti alcuni strumenti utili alla sua performance, Di questo mondo orfano di futuro, noi siamo il corpo, il sangue e il futuro (2024): un megafono, una macchinetta per tatuaggi, dell’inchiostro e una bomboletta spray. Tra altri riferimenti, questa accenna a un recente fatto di cronaca legato all’ affossamento di un decreto firmato dall’allora ministero dell’Interno, Matteo Salvini, durante il famoso governo giallo-verde, dove si imponeva che l’unica dicitura legale possibile sui documenti dei minori fosse quella di “madre” o “padre”. Incentrata sui diritti delle famiglie arcobaleno, la performance porta alla scrittura di un messaggio che permarrà sul muro della galleria per la durata della mostra. Si legge alle spalle dell’artista impegnato nel frattempo a tatuare il proprio ventre, “Volete i nostri corpi sterili ma noi germogliamo!”
Nel suo complesso, “Black with love, intact as a flower” appare come un unico, ampio scambio di voci sul tema dell’autoritratto orchestrato in una maniera tale da scardinare gli elementi fondamentali di questo genere artistico. Le opere in mostra spesso si fanno portatrici non di uno ma di più soggetti simultaneamente. Non coloro che hanno già trionfato ma che – e qui lo scrivo in segno di auspicio – trionferanno.

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Giulia Menegale