Fanta presenta “I like a view but I like to sit with my back turned to it”, mostra collettiva con opere di Ethan Assouline, Gina Folly, Hardy Hill, David L. Johnson, Luzie Meyer, Michael Van den Abeele, Angharad Williams.
La pratica di David L. Johnson è ispirata dalle frequenti passeggiate per New York City, in cui l’artista osserva e registra momenti di slittamento tra spazio pubblico e privato, così come le politiche e le storie che producono l’ambiente urbano costruito. Loiter (Steve), 2024 e Loiter (Brain M.), 2024 appartengono a una serie di opere che riflettono sull’architettura ostile e su come questa presenza spesso invisibile coreografi il nostro accesso allo spazio. Le sculture sono strutture appuntite realizzate su misura per i proprietari degli edifici per impedire l’utilizzo di idranti e pompe antincendio come superfici per bighellonare. Rimosse dall’artista dalla loro collocazione originaria, le opere esistono sia nella loro presenza scultorea nella galleria che nella loro assenza dallo spazio pubblico, aprendo questi luoghi a nuove possibili forme d’uso.
Gli oggetti e le immagini che Ethan Assouline raccoglie e assembla tra loro testimoniano l’obsolescenza delle promesse e delle illusioni della nostra società capitalista e una certa assurdità della vita quotidiana. Integrati nelle opere in modo da liberarli dalla loro condizione di prodotti di massa, questi oggetti diventano elementi per comporre spazi – compartimenti domestici, piccoli mondi e città in miniatura – dove i giochi di dominio e di potere si ripropongono su piccola scala. Se la precarietà dei materiali
e la fragilità dell’assemblaggio rimandano al contesto che ci circonda e ad una rifessione sui mezzi di produzione, l’attenzione e la cura riservate a queste composizioni rivelano il loro potenziale come spazi mentali di ritiro e rifugio. Attraverso le sculture, i disegni e la scrittura, l’artista adotta un approccio critico all’architettura e alle strategie neoliberali e al loro rapporto con il tempo, il denaro, le relazioni umane e i corpi. Queste politiche promuovono una positività percepita da Assouline come una gioia performativa, che cerca di nascondere i problemi politici e sociali che caratterizzano la città contemporanea.
Ispirata dalla cultura popolare, dalla letteratura e dagli eventi attuali, Angharad Williams esplora la natura instabile ed intrinsecamente selvaggia del genere umano, nonché la sensualità e la violenza racchiuse nelle situazioni più banali e apparentemente poco spettacolari. La natura è un tema ricorrente nel lavoro e negli scritti dell’artista, in cui altre forme di coscienza incarnano una forma alternativa di organizzazione sociale libera dall’autorità e dalla moralità del progresso liberale. Le opere Orchestrations, 2024 e Of carbon, 2023 appartengono a una serie di dipinti il cui soggetto è la trota. The Trout costituisce un capitolo del libro d’artista Eraser, 2002-23, dove un’interazione sensuale tra protagonista e animale dissolve la distinzione categorica tra i due.
La ricerca di Gina Folly si concentra sulla vita quotidiana e sull’interazione tra la sfera intima e quella sociale. L’artista rivolge uno sguardo ironico e sottilmente critico agli oggetti, ai messaggi e alle situazioni che ci circondano, appropriandosi di essi per rivelare il potenziale poetico e l’impatto epistemologico che hanno sulla nostra quotidianità. Quasitutto XXVIII – XXXIX (Monica & Stephanie accompanying children), 2023 appartiene a una serie di lavori fotografici in analogico, sviluppati attorno ai temi dell’”essere necessari” e dell’”essere in uso”. In questo corpus di opere, Folly ha ritratto nelle loro attività quotidiane i membri dell’associazione Quasitutto, che si auto-definisce un “piccolo fornitore di servizi gestito principalmente da donne e uomini in pensione”. Dando un ruolo centrale a un gruppo demografico che di solito viene emarginato dalla nostra società poiché sfugge al sistema produttivo, queste opere indagano possibili forme di impegno ed azione condivisi che mettono in discussione le gerarchie stabilite.
Utilizzando diversi media e motivi ricorrenti, Michael Van den Abeele si interroga su come siamo determinati dall’ambiente in cui viviamo. L’opera double bed, 2021, appartiene a una serie in corso di sculture che si formalizzano come riproduzioni in piccola scala di letti, un soggetto che diventa per l’artista un dispositivo per indagare la negoziazione strutturale tra il corpo e il suo ambiente, e una società le cui regole di produttività determinano i nostri standard e organizzano i nostri desideri.
Hardy Hill è interessato al modo in cui le figure umane vengono inserite e combinate in tableaux. Nella sua pratica il linguaggio, la traduzione e gli interstizi tra di essi giocano un ruolo centrale. Passando dalla particolarità di quest’ultimi alla particolarità dell’immagine, ed evitando l’uso di riferimenti visivi per agevolare il processo, ogni opera è un tentativo di articolare una relazione interna tra i suoi soggetti che deriva dalle diverse tecniche combinate nel processo di realizzazione dell’opera e che si traduce in composizioni inaspettate che introducono nuove possibilità di significato e identità.
Cyclic Indirections, 2022 è un flm di Luzie Meyer che affronta le questioni dell’orientamento come forma di interrogazione sociale – un tema letteralmente suggerito dalla metafora del faro come “dispositivo di orientamento”. Il film è concepito come un racconto di ascensione, girato dal tramonto all’alba, in cui l’artista intreccia riferimenti paradigmatici al Nudo che scende le scale di Marcel Duchamp, Hotel Monterey di Chantal Akerman, le poesie di Emily Dickinson, le Meditazioni di René Descartes, l’Odissea di Omero e Queer Fenomenology di Sarah Ahmed. Meyer utilizza vari espedienti poetici, una colonna sonora ispirata alla musica concreta e diverse traduzioni errate di una voce fuori campo parlata da lei stessa in inglese e da Stefanie Kleefeld (direttrice della Kunsthalle Bremerhaven) in tedesco. Se tradizionalmente il faro Simon Loschen (1853–55) a Bremerhaven è pensato per offrire “orientamento” a chi si trova nelle sue vicinanze, Cyclic Indirections, 2022 sovverte questo aspetto attraverso una serie di interventi fenomenologici che destabilizzano il significato stesso dell’argomento, proponendo il disorientamento come via per materializzare altre forme di esistenza e di abitare il mondo.