Prima di trasformare il mio appartamento in una casa, l’ho usato per un po’ come studio. Quando ho deciso di farlo diventare casa mia, la prima cosa che dovevo fare era comprare una cucina. Non volevo acquistare da Ikea, ma non potevo permettermi una cucina di design di alto livello. Così ho deciso di costruirla da solo. Ho utilizzato materiali che avevo a disposizione, l’ho colorata con una vernice laccata rosso vermiglio, l’ho dotata di un piano cottura a induzione, un lavello e un rubinetto montato lateralmente, perché non volevo dargli un’orientazione fissa. Ho pensato alla prima pila di Judd, realizzata nel 1965, costruita in ferro zincato e che sembrava una scaffalatura. Nei primi anni ’70, Donald Judd iniziò a progettare mobili per il 101 di Spring Street a New York. I suoi primi progetti furono un letto in legno e lavandini in metallo che assomigliavano molto alle sue sculture. Entro il 1984, Judd aveva progettato una gamma di mobili in legno, tra cui letti, scrivanie, panche, sedie e scaffali, oltre a mobili in metallo, tra cui sedie, panche, letti e un tavolo.
Ho sempre pensato a questa cucina come a una scultura, ma anche come a un oggetto perfettamente funzionante. Proprio come sarebbe assurdo usare una tela di Caravaggio per accendere un caminetto. Mi interessa il rapporto tra l’aspetto contemplativo di un’opera d’arte e la sua funzione, così come mi interessa il rapporto tra trascendenza ed economia. Mi piace pensare che le sculture di Judd assomiglino a mobili e che i suoi mobili assomiglino a sculture, in traiettorie non lineari generate nel tempo da queste relazioni. In questa mostra, ho realizzato due versioni della mia cucina di casa in colori diversi. In ogni senso, sono sculture; non oggetti di design. Piuttosto, sono sculture che possono essere utilizzate dal loro proprietario (si tratta anche della responsabilità di chi possiede un’opera d’arte, non di chi la realizza) e poi restituite al loro stato contemplativo/trascendente/spirituale.
Accanto alle sculture, ci sono due dipinti di una serie che ho iniziato nel 2016, che continuo a sviluppare in varie iterazioni. In questa occasione, si tratta di gouache, vinile e acrilico su tela grezza, creati aggiungendo più strati di diversi toni di colore. Il risultato finale lascia la superficie striata di varie sfumature di caramello, mentre l’altro pezzo è un blu notte con l’ultimo strato composto da punti in una tonalità leggermente magenta. Come per le sculture, il tempo di asciugatura degli strati, i diversi toni di colore e il soggetto stesso sono tutti legati a questa idea di “traiettorie” che esistono all’interno dell’opera stessa. Sia le sculture che i dipinti hanno una traiettoria propria, indipendente da qualsiasi mio intervento.