Tomaso De Luca “Standards of Living” Monitor / Roma di

di 12 Novembre 2024

Nel racconto di Herman Melville Bartleby lo Scrivano, il protagonista, descritto come “pallidamente lindo” e “penosamente decoroso”, risponde alle molteplici richieste del suo datore di lavoro con un’espressione che rappresenta un rifiuto assoluto di conformarsi alle aspettative della società capitalistica americana della seconda metà dell’Ottocento. La stessa architettura sociale, politica ed economica che Tomaso De Luca, nella mostra Standards of Living, sostiene essere “fra le presenze più spettrali del nostro tempo” 1 e che egli, infatti, attraverso l’uso del collage, della pittura, della scultura, del disegno e del video analizza in maniera complessa e stratificata.

La mostra presso la galleria Monitor di Roma presenta una serie di nuovi lavori realizzati nel corso del 2024: otto assemblages Standards of Living, un’istallazione composta da una scultura e tre video Technology for a ghost, la scultura A Badly Made Box e, infine, le cianotipie Ghost Stories (Correspondance des vivants e des morts).

La serie che dà il titolo alla mostra è costituita da maquettes polimateriche, nelle quali si riconoscono oggetti d’uso quotidiano, fotografie, ambientazioni aventi una dimensione apparentemente nota, forse uno spazio domestico, il cui connotato fortemente psicologico ne capovolge in realtà la specificità, da luogo di protezione e di intimità a spazio perturbante. Technology for a ghost attraverso l’uso di telecamere a circuito chiuso trasferisce su tre monitor quel che accade all’interno di una struttura in legno, nella quale è racchiusa una stanza, riconoscibile attraverso una sottile fessura dalla quale filtra la luce. Queste fragili messe in scena diventano il fondamento per analizzare la fenomenologia dello spazio vissuto, per comprendere quel che non vi è più, quel che resta di chi vi ha abitato. De Luca si domanda: “Chi o che cosa sono, in questo scenario, i fantasmi?” 2.

Sono coloro, come Bartleby, la cui esistenza rifiuta ogni forma di imposizione esterna, proponendo immateriali prospettive radicali, luoghi marginali e nuovi spazi di possibilità. Queste presenze sono evocate in mostra anche dal suono ominoso prodotto dalla scultura in legno collocata all’interno di A Badly Made Box: le propaggini della figuretta rotante nello spazio angusto provocano stridii, graffiando la superficie delle pareti.

Lo straniamento e il senso di perdita e precarietà suscitati dalle opere in mostra rappresentano temi affrontati dall’artista anche in passato, ad esempio nell’opera A week’s Notice, vincitrice del MAXXI Bulgari prize 2020. Anche quell’istallazione video e sonora trasforma l’architettura domestica in uno spazio – già definito – perturbante. Tomaso De Luca vi racconta della tragica “gentrificazione dell’AIDS” – così denominata dalla storica americana Sarah Schulman – che nel corso degli anni ’80 e ’90 negli Stati Uniti ha letteralmente confiscato i beni di coloro che morivano, al fine di ricollocare sul mercato le abitazioni così brutalmente svuotate. La stessa disumanità è rappresentata oggi, nella serie di opere in mostra Ghost Stories (Correspondance des vivants e des morts) nelle quali si riconoscono, coperti da uno strato di pittura bianca, testi, articoli e pubblicità di annunci immobiliari di case infestate da fantasmi o di lussuose ville affacciate sul mare di Gaza.

La ricerca artistica di Tomaso De Luca suggerisce dunque nuovi strumenti di risignificazione politica degli spazi che viviamo, ci parla di precarietà ed equilibrio, di un’ingegneria dell’invisibile spazialmente strategica per indurre un pensiero contro-egemonico, in cui “anche i corpi che valgono meno” 3 possano esprimersi, seppur attraverso “suoni incorporei e immagini evanescenti”4.

“Gli spiriti non moriranno di fame, ma noi periremo”5.

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Francesca Campana