Alessandro Agudio “Conca Bullosa” Fanta-MLN / Milano di

di 10 Gennaio 2025

Quando io e Alessandro ci siamo incontrati, la prima cosa di cui abbiamo parlato è stata la provincia. O meglio, la vita in provincia: strana, vita a metà, sospesa tra l’ovatta e il dramma, tesa tra il desiderio di fuga e la consapevolezza, una volta via, di qualcosa che persiste. Forse i suoi vuoti, quindi le sue possibilità.
La provincia è veramente una cosa di cui parlare? O si è di nuovo già lì, quando se ne parla? Forse dietro le parole ci sono già i rumori, i ricordi delle case piene di oggetti ma non di composizioni, la solita storia dello spazio liminale tra la città e la campagna, le forme ““normali”” che se le guardi bene sono delle anomalie, a volte amichevoli, a volte no.

È questa sottigliezza della provincia che Alessandro Agudio trasfigura nelle tre sculture installate nello spazio di Fanta-MLN con la sua mostra personale Conca Bullosa: espressione medica relativa a un problema di ostruzione nasale. In poche parole si respira, ma male: l’aria entra e fa fatica a uscire dalla ‘conca’ dei turbinati medi in cui si viene a formare una bolla d’aria che tiene tutto lì, causando mal di testa e sinusite.

Vivo a Milano da otto anni, e quando torno giù a respirare, in provincia, capisco che invece la conca c’è ancora: circonda il mio corpo, i miei occhi e il posto in cui sono cresciuto. Alessandro Agudio è cresciuto a Muggiò, appena sopra Cinisello Balsamo, in quel limite etereo con la campagna brianzola. In questa strana nebbia emerge una grammatica condivisa e sotterranea: tre sculture bullose, bollose, consapevolmente incagliate in quella strana familiarità che hanno le cose rimosse.

Vaso (2024), scultura realizzata in legno MDF smaltato e acciaio inox, evoca il circuito chiuso del water — contenere ed espellere — e lo ribalta creando invece una fessura tra due pareti: quella dell’ufficio della galleria e quella che delimita, anche se ora non più, lo spazio espositivo. È un operazione minima, con le due propaggini della scultura che sembrano centrifugarsi in entrambe le direzioni. Con la testa nel Vaso, dall’ufficio, si vedono le altre due opere in mostra: i trentuno moduli in ferro zincato e viti che compongono, come assonnati sulla parete, la scultura Quasi-Urinals (2022) e una parte, non si sa se anteriore o posteriore, dell’assemblaggio di legno che costituisce Dinamica – ex cassettiera (2024), che da questo punto di vista sembra assumere tutti i tratti di un aggregato — per dirla con Emilio Garroni1 — appena sfasato rispetto al tentativo di ogni inquadramento linguistico: percezione netta, forma che sta lì.

Siamo ancora a curiosare nel Vaso e già si vede il resto. Partendo dalla provincia, Conca Bullosa è una mostra sul paesaggio, sul vedere e sul rapporto tra stasi e movimento: le sculture condensano questa grammatica comportandosi come delle forme-traiettoria, inneschi ambigui che invitano sia a sostare nei loro dettagli sia a esplorare il loro intorno, il perimetro di una bolla che non scoppia mai ma che sembra procedere per contrazioni ed espansioni, come il respiro bulloso nella conca, come la vita di provincia.

Sono forme che addensano una provvisorietà, un eccesso: il Vaso aperto, a metà tra i due spazi, che non contiene ma lascia sconfinare; i moduli in ferro zincato che nei loro centri mostrano pieghe che dinamizzano luce e superficie, operando un attrito di domesticità nella serialità industriale; oppure la ex cassettiera cristallizzata nel suo (ri) farsi, ferma appena prima e appena dopo se stessa come fosse nella fase intermedia di un tutorial DIY, le cui immagini difatti sono state il riferimento principale di Agudio.

È la cassettiera della sua casa di famiglia, smontata e ricostruita: un pezzo di biografia che da ricordo diventa forma e modo di guardare. Un po’ come accade in tutta la mostra, dove l’artista sembra muoversi rimanendo ancora sul balcone della sua casa di Muggiò, il Residence Acquario, da cui vedeva le balle di fieno ‘ripulite’ in scultura nell’omonima personale del 2021, sempre da Fanta-MLN. Qui il balcone viene superato: l’autobiografia si capisce solo quando è dimenticata, quando la Conca Bullosa si continua ad esplorare, come i ricordi di cui parla Rainer Maria Rilke ne I quaderni di Malte Laurids Brigge, scrivendo che “bisogna avere la grande pazienza di attendere che tornino” e diventino “sangue, sguardo, gesto, anonimi e indistinguibili da noi”2.

Agudio e le sue sculture fluttuano al centro della Conca, la accettano, scaldano i suoi materiali vicini e lontani in forme che sembrano in perenne attesa. Proprio come nella reale irrealtà della provincia: andarsene e rimanere, e nel mezzo una tranquilla, tranquillissima inquietudine.

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Piermario De Angelis