In una città che ha sempre faticato a trovare un dialogo pieno con il contemporaneo, spesso trattenuta dalla forza della propria bellezza storica e dal peso di un passato architettonico dominante, nasce oggi un progetto che prova a sciogliere questa tensione: Il Corso. L’ex cinema degli anni Trenta, chiuso dal 1996 e divenuto simbolo di un vuoto urbano e culturale nel cuore di Vicenza, si trasforma grazie alla visione della Fondazione Giuseppe Roi, presieduta da Francesca Lazzari, in uno spazio dedicato alle culture del presente.
Non un museo, né un semplice centro culturale, ma un organismo vivo, fluido, sperimentale, capace di accogliere nuove generazioni di artisti, architetti, performer e cittadini. Un luogo ibrido dove si incontrano linguaggi, tecnologie e desideri di comunità. Un progetto che parte anche dalla consapevolezza del grande potenziale — umano, anagrafico, imprenditoriale e culturale — di Vicenza: una città che oggi ha l’opportunità di ridefinire la propria identità attraverso un nuovo centro propulsivo e inclusivo.
In questa conversazione, Francesca Lazzari racconta l’origine e l’ambizione di un progetto che vuole essere rigenerazione vera: non solo di un edificio, ma del pensiero culturale di una città intera.
Crisstiano Seganfreddo: Presidente Lazzari, da dove nasce l’idea di restituire alla città lo storico cinema Il Corso come spazio per le culture del contemporaneo? Qual è stata la scintilla iniziale di questo progetto?
Francesca Lazzari: La Fondazione Giuseppe Roi di Vicenza, da sempre impegnata nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del territorio, ha inteso intraprendere un progetto di rigenerazione urbana che restituisca alla città un luogo di cultura e incontro, rivitalizzando l’ex Cinema Corso. Tutto è partito da una domanda semplice: cosa ne facciamo di uno spazio bellissimo in zona centralissima e di pregio del centro storico, ma completamente in disuso, in grande degrado, abbandonato e chiuso dal 1996? Il Corso è stato un luogo vivo per decenni, ma era diventato una ferita aperta nel cuore della città. Come Fondazione, In quanto proprietari ci siamo sentiti coinvolti responsabilmente per una proposta culturale diversificata che non fosse solo “recuperare”, ma reinventare. Restituire, sì — ma in chiave contemporanea.
Così è nata l’idea di trasformarlo in un luogo ibrido, multifunzionale , aperto, dove le arti e le culture del nostro tempo possano succedere davvero. Non solo mostre: immaginazione, sperimentazione, connessioni. Un centro vivo, capace di rispondere alle esigenze culturali del territorio e di promuovere un dialogo attivo tra arte, culture, comunità e innovazione, dove si incontrano linguaggi diversi, persone diverse, e anche tempi diversi della città: giorno e notte, giovani e meno giovani. La rigenerazione urbana per noi parte da qui: non solo dal cemento, ma dal pensiero.
La Fondazione, con questa iniziativa, conferma il proprio impegno nel promuovere la crescita culturale del territorio, consapevole del ruolo fondamentale che la cultura e l’innovazione rivestono nello sviluppo di una società più aperta e partecipativa.
CS: Il Corso si colloca in un edificio degli anni Trenta dal forte valore simbolico per Vicenza. Come dialogheranno l’identità storica del luogo e la nuova funzione culturale?
FL: Pur conservando l’identità architettonica dell’immobile, si rende necessario un intervento mirato di recupero e adeguamento strutturale che consenta di rifunzionalizzare lo stabile, offrendo al contempo un ambiente sicuro e idoneo alle nuove attività e renderlo accessibile al contesto urbanistico attraverso richiami artistico-culturali appropriati.
Vicenza è una città di architettura per la bellezza e la singolarità di molti dei suoi edifici storici, per il modo in cui si prende cura di un patrimonio architettonico che ha secoli, è il momento di valorizzare il contemporaneo, ciò che è dismesso, di rifunzionalizzarlo in modo innovativo per lo sviluppo della socialità e della cultura.
Vicenza è una città storica, le piccole e medie città storiche europee si definiscono per la loro natura ibrida, o per meglio dire, eterotopa, ossia quella dimensione urbana in cui si sovrappongano spesso lo spazio pubblico e quello privato, le funzioni di servizio e quelle di relazione, la città diurna e quella notturna. L’attenzione per gli aspetti strutturali, per la valorizzazione delle relazioni trovano traduzione in un rinnovato modello di lettura del tessuto storico della città che preservi l’integrità del Centro Storico come collettore di sviluppo civico e modello per una città sostenibile contemporanea.
La Fondazione Roi, pertanto, ritiene che la rilocalizzazione di nuove funzioni e la rigenerazione dell’Ex Cinema Corso possano contribuire a recuperare aree poco vissute verso una rivitalizzazione urbana.
Rifunzionalizzare un contesto architettonico trasformandolo in espositivo/performativo/di intrattenimento culturale permette la relazione tra artisti ed eventi, fruizione ed esperienza dello spettatore/utente per favorire un dialogo tra gli ambienti interni all’edificio e la città, intesa come paesaggio umano.
Sarà in dialogo cooperativo costante con tutte le realtà culturali esistenti ( Biblioteca, Teatri, Musei, luoghi di aggregazione, Cinema, Università….) ma connesso con i circuiti artistico-culturali nazionali e internazionali.
CS: Il bando internazionale lanciato dalla Fondazione Roi chiama architetti under 40 da tutta Europa. Perché questa scelta generazionale? E cosa cercate, davvero, in questo concorso?
FL: Il Concorso Internazionale di Architettura per ridisegnare, in dialogo con la memoria storica dell’edificio e della città, l’ex Cinema Corso come spazio innovativo per le culture contemporanee. Il Concorso nasce in accordo con l’Ordine degli arch. Prov. di Vicenza. Sarà aperto con attenzione agli under 40 e con presenza nei gruppi di entrambi i generi perché si chiede uno sguardo creativo di giovani professionisti/e attenti/e ai linguaggi delle giovani generazioni. Abbiamo chiesto di pensare ad uno spazio polifunzionale innovativo e tecnologico, di elevata qualità e sostenibilità architettonica ed economica, inteso e fruibile come punto di ritrovo abituale, dotato di una programmazione flessibile, diversificata, senza rigidi confini tra le arti e le proposte. Con la diffusione dei risultati del Concorso ad incarico, l’esposizione dei progetti selezionati e la presentazione del progetto vincente si offrirà l’occasione per un confronto autorevole, serio, aperto e credibile. Faremo emergere gli aspetti concreti del progetto, supportati da addetti ai lavori di livello internazionale che riconoscano il valore per il territorio del progetto stesso.
La Giuria di alto profilo internazionale artistico e culturale offrirà ai giovani architetti la possibilità di un confronto autorevole ( sarà comunicata, come da norme vigenti, nella seconda parte del concorso)
CS: Il progetto de Il Corso prevede uno spazio fluido, aperto, ibrido: non un museo, né un semplice centro culturale. Quali sono i valori guida che ne determineranno l’identità e la programmazione?
FL: CORSO sarà un laboratorio culturale innovativo che trasforma l’ex Cinema Corso di Vicenza in un catalizzatore per l’energia creativa delle nuove generazioni. Uno spazio dove arte, performance, musica, eventi, fotografia, cinema reinventato e tecnologie emergenti si incontreranno nel segno del contemporaneo per dare vita a un ecosistema culturale dinamico e in continua evoluzione. Quindi: laboratorio di sperimentazione contemporanea, spazio per la produzione e fruizione culturale, hub per nuovi media e tecnologie creative, nodo di connessioni e reti culturali con collaborazioni territoriali, nazionali ed internazionali, luogo di formazione ed educazione ai linguaggi artistici del contemporaneo…..Si vuole creare uno spazio di sperimentazione e dialogo dove giovani artisti possano esprimere le proprie visioni, confrontarsi tra loro e con maestri affermati e sviluppare progetti che riflettano le sensibilità estetiche e le urgenze del nostro tempo.
CORSO vuole essere un punto di riferimento per la scena creativa emergente, molto viva anche a Vicenza, un hub di produzione e fruizione culturale radicato nel territorio vicentino.
CS: In un contesto urbano come Vicenza, con una forte eredità storica, come si inserisce una proposta così orientata alla contemporaneità? C’è stata resistenza o entusiasmo?
FL: La trasformazione dell’ex Cinema Corso rappresenta un’iniziativa di alto valore, che coniuga il rispetto per il patrimonio storico con una visione proiettata verso il futuro. Il progetto mira a valorizzare la città come un polo attrattivo per l’arte e le culture contemporanee, offrendo alla comunità e alle giovani generazioni un nuovo punto di riferimento per la produzione e fruizione culturale, creando nuove opportunità di lavoro creativo di dialogo e inclusione sociale. C’è attesa, curiosità, in qualche caso cautela… Vicenza è una città che pondera i cambiamenti…
CS: La Fondazione Roi è sempre stata legata all’eredità palladiana e al collezionismo. Come si inserisce questo nuovo orizzonte – Il Corso – nella visione della Fondazione che presiede?
FL: L’impegno della Fondazione Roi, rispetto al recupero per fini culturali e sociali del fabbricato, parte dalla responsabilità di valorizzare il proprio patrimonio immobiliare.
Ci siamo orientati verso la promozione culturale delle Arti Visive nell’accezione culturale moderna e contemporanea ritenendo significativo intervenire in modo continuativo, per poter permettere al pubblico che per informazione, curiosità ed approfondimento, così come per un necessario aggiornamento culturale, deve rivolgere ad altre realtà urbano-culturali la propria attenzione verso i linguaggi della contemporaneità.
Il grande interesse per indagini culturali-espositive-performative contemporanee vede una richiesta sempre maggiore da parte dei giovani e di una parte della cittadinanza curiosa semplicemente dei “fatti d’arte”. Tali bisogni culturali dimostrano una domanda orientata all’apertura al nuovo, alla comprensione di una contemporaneità che affonda le sue radici nella storia delle avanguardie. Per quanto riguarda, nello specifico, esiste a Vicenza una carenza di spazi flessibili che condiziona le possibilità di sviluppo di questo settore. Si avverte la mancanza di luoghi dove poter ospitare ed organizzare eventi espositivi, anche in collaborazione con altri soggetti, sia pubblici che privati. Un nuovo spazio di cultura contemporanea è auspicabile e atteso in città. La programmazione espositiva trova attualmente un limite nell’inadeguatezza di spazi e risorse che non consente la programmazione di un’attività consona al ruolo della città e in grado di competere con altre realtà di dimensioni analoghe, quali Trento, Padova, Ferrara o Mantova.
La scelta della Fondazione Roi, lungi da una semplice implicazione superficiale e appariscente dell’evento, mira ad offrire la possibilità alla cittadinanza ed al pubblico nazionale e internazionale di riconoscere in un luogo nuovo, ideale, flessibile, polifunzionale ed attivo quelle caratteristiche di sviluppo culturale e di indagine vocati al moderno e al contemporaneo, proprie dell’investimento culturale altro dalla semplice museificazione con l’intenzione di sperimentare nuovi percorsi, attivando possibilità innovative e dai confini più fluidi, dove, nei confronti con il sistema istituzionale, ci si apre verso tentativi di dialogo e ibridazione.
In linea con alcuni obiettivi del mandato statutario di Fondazione G. Roi ETS, il percorso progettuale intrapreso garantisce continuità di luogo e di immagine ad esposizioni/ eventi/performances di carattere contemporaneo, fornendo gli strumenti idonei alla lettura approfondita delle culture emergenti delle nuove generazioni che accedono alle opportunità culturali soprattutto attraverso i nuovi linguaggi visivi e digitali (laboratori multimediali, sale di documentazione video, laboratori e percorsi didattici, integrazione delle nuove tecnologie nei modelli museali, welfare culturale ed inclusivo, ecc.). FGR intende contribuire ad una rinascita del centro storico, per innovare senza dimenticare la memoria di sé, per fare squadra, per osare, per costruire futuro.
CS: Avete parlato di un “laboratorio culturale per il presente”. Cosa significa oggi, nel 2025, costruire uno spazio culturale che sia davvero vivo e in ascolto delle nuove generazioni?
FL: CORSO – Culture del Contemporaneo sarà un progetto per una nuova generazione culturale. Intenzionalmente ci rivolgiamo prevalentemente ai giovani perché nessun cambiamento sarà possibile senza la loro energia.
Ciò che ne deriva è un’espansione delle possibilità del fare e realizzare arte e cultura generando percorsi inesplorati, pluralità di linguaggi, contesti inaspettati, creando veri e propri cortocircuiti visivi e relazionali, mettendo in discussione l’ordinario e producendo inedite possibilità creative ed espositive in stretta connessione con lo spazio ospitante. L’ edificio diventa esso stesso espressione di un contenuto, di un sistema di valori condivisi e, speriamo, sostenuto da una rete di soggetti.
Immaginiamo uno spazio capace di offrire una programmazione per zone orarie che corrisponda alle disponibilità di uso del tempo di varie fasce di popolazione, con l’ ulteriore vantaggio di rivitalizzare i servizi commerciali presenti nell’area. Un mix di attività che rifletta la realtà contemporanea e che potrebbe offrire ulteriori possibilità ai pubblici giovanili che attualmente occupano la piazza nelle ore serali. L’obiettivo sarà quello di favorire uno scambio continuativo di talenti, progetti e competenze in uno spazio ospitante un bacino di pubblico interessato a visite ricorrenti piuttosto che un bacino di visitatori occasionali. Cosa potrà accadere al CORSO nel segno del CONTEMPORANEO? Residenze artistiche under 35, mostre e progetti site-specific, festival e format culturali diurni e notturni, performances di danza, teatro, musica, letture, discussioni, confronti….., laboratori per le scuole, per i cittadini, per i curiosi di fatti d’arte, per curatori emergenti, cinema reinventato e arte digitale, progetti di welfare culturale ed inclusivo, ecc. Uno spazio che permette di sperimentare e proporre iniziative variegate, eventi, laboratori, proiezioni, sleep concert senza mai perdere quella dimensione intima propria del ritrovo domestico, luogo della socialità per le numerose persone che lo attraverseranno.
CS: Il Corso sarà anche un luogo educativo, con una forte attenzione alle scuole, all’inclusione, al fare. Che ruolo avranno i giovani e i cittadini nella costruzione dei contenuti?
FL: Spazio di dialogo e di coinvolgimento attivo della comunità significherà favorire la partecipazione alla programmazione, la sperimentazione diretta del processo creativo, il sostegno della produzione artistica, espressiva e performativa giovanile, l’apertura ai temi e alle realtà di interesse locale, valorizzando il circuito territoriale dei luoghi del contemporaneo esistenti. Significa offrire opportunità di formazione, professionalizzazione, promozione dei giovani talenti creativi e proporre educazione al contemporaneo con modalità e iniziative rivolte a pubblici diversi…
CS: Si parla già della nascita di una possibile Fondazione Corso, autonoma ma legata a Roi. Può anticiparci qualcosa sulla visione futura e sul modello di governance che immaginate?
FL: Da oggi il nostro lavoro è dedicato alla definizione e costituzione del Modello di Governance e del Soggetto Giuridico. Stiamo studiando la struttura organizzativa, il business plan di startup e di consolidamento con una proiezione di 5 anni 27/32. La redazione del piano economico e finanziario, in coerenza con il piano d’offerta, dovrà assicurare la sostenibilità e la gestione efficace del nuovo spazio. Stiamo definendo il brand identity, il posizionamento e le linee guida della comunicazione . Cercheremo il modello più idoneo per la gestione dello spazio, in linea con gli obiettivi culturali e finanziari e con le linee di indirizzo espresse da FGR.
Per assicurare flessibilità ed efficienza, sia decisionale che nell’uso delle risorse e garantire una governance che assicuri il controllo sugli indirizzi fondamentali, sulle scelte strategiche, sulle destinazioni d’uso, sulla continuità e sulla qualità della progettualità si ritiene che la fondazione di partecipazione, sia lo strumento più adatto a favorire la collaborazione e a coinvolgere il settore pubblico e il settore privato per permettere di attivare strategie di fundraising, raccogliere risorse e competenze e dare la possibilità a chiunque di partecipare e contribuire all’implementazione e allo sviluppo del progetto.
Si prevede la figura dei fondatori e dei partecipanti/ sostenitori, che partecipano ai processi deliberativi, secondo facoltà loro attribuite dallo statuto e in cambio conferiscono risorse con modalità prestabilite.
La nuova Fondazione si dovrà caratterizzare, inoltre, per capacità gestionali, di coordinamento strategico ed erogative, in base alle necessità del progetto istituzionale e degli specifici progetti attivati coinvolgendo sponsor e finanziatori.
Si prevedono: un organo direttivo, un Cda di cui farà parte FGR, con poteri per l’amministrazione ordinaria e straordinaria della Fondazione supportato da un comitato scientifico di prestigio con funzioni consulenziali; un organo gestionale, di struttura leggera, agile e finanziariamente sostenibile composto da un direttore gestionale e operativo nominato dal Consiglio di Amministrazione, che cura l’esecuzione delle deliberazioni assunte, coordina le attività della Fondazione sotto l’aspetto culturale e artistico, gestionale ed organizzativo, fa funzionare l’intero complesso e attua la programmazione, coadiuvato da un impiegato/a amministrativo. Si individuerà con incarico a tempo un curatore di fama internazionale per organizzare le grandi esposizioni temporanee di arte, per gli eventi diversi si incaricheranno esperti o direttori artistici ad hoc legati alla rete territoriale. A tali organi si aggiunge il Collegio dei Revisori dei Conti.
CS: Come immagina Il Corso tra dieci anni? Qual è l’eredità che vorrebbe lasciare alla città di Vicenza con questo nuovo progetto?
FL: Uno Spazio capace di aumentare la visibilità del sistema culturale locale e contribuire all’orientamento di flussi turistici, di decisioni di investimento, di copertura mediatica ecc., attraverso la qualità e la continuità di proposte ed eventi, tutte risorse preziose nei moderni processi di sviluppo locale. Mi piacerebbe si consolidasse un importante coinvolgimento del settore privato, sia da un punto di vista di donazioni, relazioni e prestiti, sia per motivi di snellimento procedurale, fattivo ed esecutivo nel coinvolgimento imprenditoriale anche ad aree funzionali complementari (es. ceramica, mosaici, oreficeria, lavorazione della pietra di Vicenza, ecc.). Il ruolo svolto dai donors pubblici e privati sarà dunque fondamentale e pone in risalto come, attraverso progettualità artistiche e culturali, si operi contemporaneamente su più livelli svolgendo un concreto lavoro all’interno dello sviluppo e della crescita sociale e culturale del talento della comunità
Auspico che questo spazio spossa colmare lacune, creare innovazione, attivare nuove relazioni, imbastire reti altre, riqualificare l’area in cui è ubicato, stimolare nuove riflessioni critiche e proporre nuove letture della contemporaneità.
L’azione esercitata dal Progetto Corso vorrei attirasse una duplice attenzione: da un lato stimolasse il sistema culturale e artistico vicentino ad aprirsi verso nuovi fermenti e linguaggi comprendendone il fondamentale ruolo all’interno delle pratiche contemporanee, dall’altro vorrei trovasse un riscontro nelle politiche culturali delle amministrazioni locali, regionali e nazionali consapevoli delle esternalità prodotte in termini di integrazione, riconversione, attivazione sociale e culturale.
Continueremo nei contatti, negli incontri, nella costruzione di questo progetto, sperando di avere vicino la città tutta, la città dei commercianti, dell’impresa, dei cittadini associati, delle istituzioni, dei creativi, dell’università, dei giovani…





