Architettura dell’Apocalisse e Desiderio in “Deadline with the World” Istituto Svizzero / Milano di

di 20 Novembre 2025

“La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere”
Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, 1975

Nella soglia liminale tra vita vigile e dormiente, mi hanno svegliato le grida di studenti che protestavano per le strade; il preludio di una nuova epoca. Così entrando nella mostra “Deadline with the World”, si è immediatamente immersi in un ambiente che sfida la separazione tra corpo e spazio, visibile e invisibile, costruito e interdetto. Le superfici riflettenti, gli slogan motivazionali e un bidone con ologrammi in loop creano un’atmosfera post-apocalittica che sembra sospesa nel tempo – come se il mondo stesse per finire, ma senza mai giungere al climax.

“Deadline with the World”, la prima mostra collaborativa di Gabriele Garavaglia e Miriam Laura Leonardi, è un intervento site-specific – in risposta allo spazio dell’Istituto Svizzero di Milano – a cura di Lucrezia Calabrò Visconti. Dalla letteratura fantasy alle mitologie street presenti nel lavoro di Garavaglia, allo studio del linguaggio e le risignificazioni del familiare di Leonardi, entrambe le artiste si rifanno all’arte concettuale per articolare una riflessione sulla produzione dell’immaginario urbano come orizzonte politico.

Giocando sull’iconografia del garage come laboratorio di mondi altri, la mostra mette in crisi l’ideale contemporaneo di successo. Mito fondativo di startup e automazione totale, il garage qui diventa un dispositivo di tensione: al contempo promessa e demolizione. L’architettura funzionalista, un tempo simbolo della fiducia nel progresso modernista, è stata cooptata dalle logiche tardocapitaliste.

In un’epoca in cui la retorica dell’innovazione convive con la minaccia dell’esaurimento, che succede quando le promesse del successo sono sempre più disallineate dal bene comune?
Cosa lascia trapelare l’architettura dell’Istituto Svizzero in una città come Milano, dove gli spazi di controcultura e aggregazione underground stanno progressivamente scomparendo?
Se lo spazio diventa metafora del controllo esercitato sui nostri corpi, come disinnescare tali meccanismi? Queste domande sembrano richiamare Garavaglia e Leonardi, ma non lo fanno meramente su un registro di astrazione: operano piuttosto su un piano di conoscenza sensibile, situata.

Fin dall’entrata, un senso di allarmismo pervade tutto: dal ticchettio del countdown fuori dall’edificio ai suoni industriali, fino a Open Season (2025), una serie di palline da golf rosa-shocking che si infrangono sulle vetrate dello spazio espositivo, ricordando dei proiettili. “Deadline with the World”, innescando stati di allerta primordiale, in cui i corpi sono più ricettivi agli stimoli esterni e a potenziali pericoli, porta lo spettatore ad abitare una postura inedita, una tensione costante fra macrofenomeni e l’intimità delle nostre vite. Gli interventi di Leonardi e Garavaglia si attivano negli interstizi e negli angoli nascosti, neutralizzando le coordinate spaziali predefinite e sfidando la percezione dei visitatori. Lo spettatore, così, diventa consapevole della coreopolitica1 dei corpi, della struttura che governa il proprio movimento, ma anche della possibilità di riscriverla.

La struttura espositiva si trasforma in una pornotopia2 come formulata da Paul B. Preciado: un ambiente architettonico in cui desiderio, visione e controllo si fondono in un’unica ecologia sensoriale. Tutto è disponibile, ma nulla è realmente accessibile. È la promessa della visibilità totale — quella del web, della sorveglianza, della pornografia come modello architettonico del reale— che si infrange contro la nostra percezione. Preciado ci ricorda che l’architettura moderna — da Playboy alle vetrine del consumismo ipertrofico — plasma il desiderio attraverso lo sguardo.

Al limite tra necropolitica 3, parodia e mercificazione delle relazioni, BAE, un ritratto aziendale con uno zombie e una donna incinta su una Harley Davidson, mette in crisi non tanto la fine del mondo, ma l’impossibilità di continuare a desiderare in un sistema che ha già assorbito ogni desiderio.
In un’economia del riarmo, dove capitale, innovazione e conflitti si alimentano a vicenda, ogni intervento di Garavaglia e Leonardi è un cortocircuito; un invito a ricominciare a guardare diversamente, a riscrivere la topologia del nostro sguardo. Se la pornotopia moderna è il dispositivo che ci ha resi spettatori permanenti, “Deadline with the World” prova a restituirci, almeno per un attimo, la vertigine di essere ancora corpi.

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Alice Minervini