Tirana non si presenta: irrompe.
E questa seconda Tirana Art Weekend, promossa dall’Albanian Visual Arts Network e affidata alla cura di Arnold Braho, lo conferma. È un fine novembre che non si limita a raccogliere progetti, mostre, performance, ma organizza — quasi suo malgrado — la complessità della città in un palinsesto contemporaneo. Qui tutto accade in simultanea: torri che crescono come funghi psichedelici, facciate che si sfaldano in memoria del passato, vuoti che non hanno ancora un nome e che per questo diventano luoghi di possibilità. Non c’è logica, non c’è ordine: c’è una tensione. Una densità balcanica che respira come un organismo in evoluzione. In questo paesaggio irrisolto, la Tirana Art Weekend non addomestica la città: la espone. Tirana non vuole essere capita — vuole essere attraversata.
Avvolta dalle montagne e da un passato che non smette di pulsare sottopelle, la capitale albanese attraversa oggi una metamorfosi che sfugge alle categorie europee del contemporaneo: una crescita economica, sociale e creativa che procede a strappi, a contraddizioni, a improvvise accelerazioni. Qui il “terzo paesaggio” di Gilles Clément non è un manifesto ecologista, ma una condizione urbana: la vita prende forma ai margini, negli interstizi, nei vuoti non ancora centrificati. È in questi spazi incerti che la Art Weekend trova il suo campo d’azione.
Camminando per Tirana si percepisce un paradosso elettrico: da una parte la proliferazione di torri e complessi residenziali firmati da studi globali dell’architettura; dall’altra i palazzi stratificati, le speculazioni incompiute, la materia balcanica che occupa ogni interstizio. Questa densità incoerente genera uno scroll urbano, caotico e vitale: un’immagine che non ha paura della contraddizione e che rende la città un laboratorio aperto sul presente.
In questa cornice, la scena artistica locale appare come un gesto di affermazione: una volontà precisa di costruire il contemporaneo non come ornamento, ma come infrastruttura culturale. Qui, l’arte non è ancora diventata un dispositivo pattinato, regolato, sterilizzato come spesso accade nelle nostre città trasformate in centri commerciali a cielo aperto. A Tirana persiste una vitalità che non chiede permesso — un’improbabilità generativa che mantiene vivo il margine, la possibilità, il differente.
Questa seconda Tirana Art Weekend diventa un’indagine nella complessità: una città di confine — geografico, politico, estetico — che tenta di immaginare il proprio presente attraverso l’arte, la poesia, la cultura come strumenti reali di trasformazione. Tirana non offre una visione ordinata del contemporaneo: offre frizione. Ed è nella frizione che si nasconde la promessa di qualcosa che altrove abbiamo smesso di riconoscere









