“Adunque dèe egli essere piú lá che Abruzzi”, fa dire Boccaccio a Calandrino, protagonista di una delle sue novelle. La frase si riferiva alla contrada di Bengodi, mitico luogo lontano “più di millanta, che tutta notte canta”. Ecco allora che l’espressione “piú lá che Abruzzi” racchiude il senso della lontananza e del leggendario che Mario Pomilio riconoscerà come “espressione proverbiale per designare la condizione e la storia abruzzesi”.
Questa distanza e isolamento hanno condannato l’Abruzzo a una posizione a lungo marginale nella coscienza nazionale, parzialmente riscattata solo negli ultimi decenni, in cui migliori collegamenti e incremento di attività hanno diretto qualche attenzione su una regione centrale per geografia ma meridionale per storia. In questo processo l’arte ha giocato un ruolo, grazie a una densità d’iniziative sorprendente in rapporto a una popolazione che al 2022 conta 1.271.287 abitanti.
Centro trainante è stata storicamente ed è ancora oggi Pescara. Qui una tradizione del contemporaneo trova le sue radici in un clima felice a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, in cui le gallerie di Cesare Manzo, Mario Pieroni e Lucrezia De Domizio portano nel capoluogo adriatico alcuni fra gli artisti contemporanei più emblematici del periodo. La vicenda prosegue negli anni Novanta con la mostra “Fuoriuso” (1990-2016), itinerante in luoghi dismessi della città, e nel decennio successivo con la galleria Vistamare (fondata nel 2001), recentemente sbarcata a Milano. Di fronte alla latitanza delle istituzioni, carenti per continuità e qualità della proposta, la forza propulsiva è rappresentata dai privati: lo strumento delle fondazioni si è rivelato fra i più produttivi, con esiti di ricerca e sperimentazione come la Fondazione Zimei, attiva dal 2014 a Montesilvano e dotata di un nuovo spazio a Pescara (A Sud) dal 2021. L’associazionismo anima invece realtà giovani come il collettivo SenzaBagno. Altre iniziative di respiro più locale contribuiscono al contesto cittadino.
Il policentrismo regionale ha dislocato un altro nucleo contemporaneo a L’Aquila, gravitante soprattutto intorno all’Accademia di Belle Arti. A quest’ultima è legato storicamente il Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila (fondato nel 1993 per iniziativa di un’associazione attiva già da un decennio) come, più recentemente, il progetto Eremi – Arte (due edizioni nel 2016 e 2017). Un nuovo attore di peso, il museo MAXXI, ha aperto una sede distaccata nel capoluogo regionale nel 2021, colmando un vuoto istituzionale. Segno della relazione con Roma è anche – sempre nell’aquilano – il progetto Straperetana (sei edizioni a partire dal 2017), che prende il nome dal borgo di Pereto, dove si aanca dal 2019 la terza sede della galleria Monitor.
Caratteristica della topografia regionale è la diusione della cultura del contemporaneo in piccoli centri. Nel borgo di Città Sant’Angelo (PE), ad esempio, il Museolaboratorio ex manifattura tabacchi vive dal 1998 soprattutto grazie all’energia degli artisti. Nella campagna di Loreto Aprutino (PE), No Man’s Land è un episodio unico che sfida ogni classificazione: l’estesa installazione pubblica di Yona Friedman e Jean-Baptiste Decavèle è periodicamente abitata da iniziative temporanee e interventi site-specific permanenti (fra gli altri di Alvin Curran, Jimmie Durham e Fabrice Hyber).
La vocazione abruzzese al decentramento è confermata nel teramano, dove spicca per longevità e qualità della proposta la Fondazione Malvina Menegaz (nata nel 2008 anch’essa dall’associazionismo), che ha rivitalizzato l’antico borgo di Castelbasso. Il chietino, infine, vive l’eredità di istituzioni storiche come il Premio Michetti (dal 1947 di stanza a Francavilla al Mare, CH), altalenante nei suoi esiti, rinnovata negli ultimi anni da realtà dinamiche come GuilmiArtProject (nell’omonimo paese), residenza per artisti. Questa formula, suggerita dalle caratteristiche geografiche e culturali del territorio, è adottata anche da Pollinaria – unica nella scelta del contesto rurale – e recentemente da Unpae a Roccacaramanico.
Gallerie, musei, fondazioni, rassegne periodiche, residenze, spazi non-profit, accademie – l’ecosistema del contemporaneo in Abruzzo assume una fisionomia personale: artisti come Ettore Spalletti, capace di aermare una presenza internazionale restando sempre radicato nella regione, modello per la successiva generazione rappresentata ad esempio da Matteo Fato; critici e curatori come Giacinto Di Pietrantonio e Alessandro Rabottini che, partiti dall’Abruzzo, vi fanno periodicamente ritorno.