C’è un forte pensiero filosofico nel lavoro di Anselm Kiefer, ma incluso in un’opera che non necessita di spiegazioni: “Anche chi non ha la minima idea della filosofia tedesca o della Cabala, può capire il mio lavoro e vederci cose differenti da me. L’artista fa solo metà dell’opera, lo spettatore la completa. L’artista non è solo, il pubblico trasforma le sue opere”. Il titolo della mostra presentata alla galleria Gagosian di Roma è “Hortus Philosophorum” e allude all’antico legame tra giardino e filosofia. Molti dei temi cari a Kiefer si intrecciano nelle otto sculture di libri di piombo di cui si compone la mostra. Questi libri che si sottraggono al destino di essere aperti sono fatti di un materiale apparentemente povero, ma ad alta densità simbolica: il piombo, la materia di Saturno, patrono tanto dei melanconici quanto dei costruttori. Nel Mercante di Venezia di Shakespeare, come ricorda Jean-Noël Vuarnet, i pretendenti di Porzia devono scegliere fra tre scrigni: la scelta giusta è quella di Bassanio che cade sulla bellezza muta e discreta del piombo. Ogni scultura è dedicata a un tema e reca l’impronta di un diverso elemento. Argo nella prima sala fa riferimento al mito di Giasone e degli Argonauti e allude a una delle prove che l’eroe dovette superare: i Giganti che nascevano dai denti sparsi al suolo. Il tema di Bilderstreit è quello dell’iconoclastia, spesso presente in Kiefer: la controversia sull’uso delle immagini religiose nell’impero bizantino nell’VIII e IX secolo è la prima querelle des images della storia nella dialettica tra arte e potere. Il naufragio della speranza cita il titolo del quadro di Caspar David Friedrich in cui la natura temibile e affascinante genera un sublime sentimento e presenta un altro oggetto ricorrente in Kiefer, la nave. Danae è la fanciulla che fu sedotta da Zeus in una delle sue più ingegnose metamorfosi, la pioggia d’oro: nel movimento ascensionale della pila di libri si assiste a una progressione alchemica verso l’oro. Paete, non dolet rievoca la leggenda di Arria, la moglie che con queste parole esorta il marito al suicidio dando l’esempio. In Sternenfall le stelle cadenti sono fatte di schegge di vetro. Il segreto delle felci introduce un altro motivo, quello della felce, una pianta che precede l’uomo ed è legata alla simbologia della notte di S. Giovanni. La notte è quella del solstizio e ad essa è dedicato uno dei tre photo collages con le immagini delle torri celesti realizzate da Kiefer all’Hangar Bicocca a Milano (2004). Le sette torri rappresentano il cammino mistico di ascensione attraverso altrettanti gradi della spiritualità, ma assumono come modulo un materiale della contemporaneità: i container, colati nel cemento e poi impilati in dialogo con il paesaggio industriale milanese. Si ispirano ad antiche simbologie, le Sefiroth della Cabala ebraica (più esattamente il riferimento è alla Merkava, la mistica antenata della Cabala), che contengono in sé il proprio opposto e che costituiscono i gradi del rapporto tra l’uomo e il sacro. La torre sembra ergersi in una superba sfida al potere divino, ma nei tarocchi è anche simbolo della “rovina”. Questa apparenza rimanda all’idea di distruzione che l’artista trasforma poeticamente, sino a farne la premessa di una nuova costruzione. È il contrario della nostalgia che qualcuno attribuisce a Kiefer, egli anticipa l’azione del tempo, si proietta verso il futuro: “Io non ho presente” dice Elettra a cui Kiefer ha dedicato una memorabile messinscena al Teatro San Carlo di Napoli nel 2003.
19 Maggio 2017, 4:55 pm CET
Anselm Kiefer di Laura Cherubini
di Laura Cherubini 19 Maggio 2017Hortus Philosophorum presso Gagosian Roma dal 3 Aprile al 23 Maggio 2009.
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