“Cosa c’è?”, chiede Arturo. “Niente, stavo ridendo”, risponde la Pimpa. “Non si ride alle spalle degli altri”, ribatte Arturo. “Mai?”, aggiunge la Pimpa.
Le tavole su cui si sviluppa la scena disegnata sono uno dei lavori che compongono la personale di Emilio Prini da Giorgio Persano. Le sale sono tagliate da lunghe sequenze di fumetti della Pimpa, il personaggio creato da Altan, la cagnolina rossa a pois bianchi, con le orecchie lunghe e la lingua sempre fuori. Si passa nella galleria e si leggono i fumetti, conversazioni tra la cagnolina e il suo padrone simpatico e baffuto.
Ma cosa c’entri l’artista Prini con il disegnatore Altan, o meglio, con la sua famosa creatura nata nel 1974, e diventata subito un mito sulle pagine del Corriere dei Piccoli, non è svelato. Per scelta di Prini, in mostra non c’è alcuna informazione sull’autore stesso e sul lavoro esposto. Così facendo l’attenzione si concentra sul dialogo.
Anche il colore è stato tirato via dal disegno, in una sorta di grandi fotocopie in bianco e nero delle strisce, da cui emerge il segno grafico e la parola. Prini è da sempre un artista che scompare dietro al suo lavoro, apparendo raramente, dichiarando ancora di meno. Arrivò sulla scena artistica con il movimento dell’Arte Povera, debuttando subito a livello internazionale nel 1969 con la mostra “When attitudes become form” a Berna. Poi, nel decennio successivo, iniziò una radicale smaterializzazione fisica del suo personaggio d’artista, così come le partecipazioni a mostre ed eventi, con eccezioni, quali documenta X a Kassel nel 1997.
Prini, nato a Stresa nel 1943 ma romano d’adozione, vuol fare emergere l’identità dell’opera, non lasciandola contaminare dall’invadenza fisica e mediatica che il ruolo “dell’artista” ormai riveste nel sistema dell’arte. Nel suo percorso ha usato di tutto, dalla luce, alla fotografia alla scrittura, dando vita a opere che consideravano una stanza composta dal suo perimentro d’aria e un uomo dato dalla lunghezza del suo passo. Si attiene al materiale e all’idea che l’opera contiene, ritenendo che nulla si inventi ma tutto si scopra. Così la Pimpa disegnata da Altan, che Prini riscopre letteralmente, creando un rapporto personale tra lo spettatore e il fumetto.
Il mondo della Pimpa e dell’Armando spiazza per la semplicità tagliente, per quell’onirismo fiabesco, limpido e cinico come lo è il candore infantile. La Pimpa sogna e vede in modo molto più diretto e lineare rispetto all’Armando, che rappresenta la regola e la saggezza della società. Lo scontro è lampante. E Prini non ha bisogno di aggiungere altro al suo disarmante ready made.