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22 Maggio 2017, 6:33 pm CET

Giuseppe Penone di Guido Molinari

di Guido Molinari 22 Maggio 2017
Geometria nelle mani (2007). Courtesy l’artista e Marian Goodman, New York/Parigi.
Geometria nelle mani (2007). Courtesy l’artista e Marian Goodman, New York/Parigi.
Geometria nelle mani (2007). Courtesy l’artista e Marian Goodman, New York/Parigi.

La personale, imponente e di forte impatto, dedicata a Giuseppe Penone, conferma l’impegno del Mambo nel documentare i protagonisti del clima Arte Povera. L’artista stesso ha scelto per gli spazi museali opere prevalentemente di grandi dimensioni e di forte consonanza reciproca. Si tratta di una retrospettiva ben congegnata, che non contempla una progressione cronologica ma ripercorre i temi cari all’artista in modi sempre variati. Delle numerose opere in mostra alcune appaiono più significative. È il caso d’interventi ancora perfettamente integri nel loro fascino, come Ribaltare i propri occhi, una serie di diapositive proiettate a muro nelle quali vediamo l’artista indossare lenti a contatto a specchio. In questo modo il riflesso del paesaggio circostante partecipa ad una condizione di cecità e introspezione. In un’ampia sala, tre enormi opere a parete, in grafite, riportano una trama nera che è testimonianza ingigantita dell’epidermide delle mani. L’attenzione verso la dimensione tattile ritorna anche nelle due possenti sculture a fianco, che espongono in bronzo i calchi ingigantiti del solco lasciato dalle dita su del materiale plasmabile. Inoltre a questa massa dal carattere informe è stata fissata per contrasto una forma metallica di reminescenza minimalista, che a sua volta ospita proprio nel suo centro, come in uno scrigno, un piccolo vuoto, che è di nuovo calco delle mani. Nella stanza adiacente quattro quadri con fondo giallo sono dotati sulla superficie di una micro foresta di spine d’acacia. La loro disposizione segue la trama ingigantita di diverse porzioni sensibili di pelle del corpo. Lascia poi qualche dubbio la decisione di utilizzare il corridoio per costruire, con pericolo di ridondanza, un prolungamento di numerosi interventi dello stesso tipo. A essere ripetuta è comunque una delle opere sicuramente di maggior intensità dell’artista: da un’asse “minimalista” di legno, intagliata seguendo i nodi e le venature, si ottiene di nuovo, parzialmente, la forma di un tronco con rami. Accanto al corridoio una piccola sala ospita altre opere ampiamente storicizzate. In questo caso Penone, invece di produrre sculture, documenta con fotografie interventi estetici all’interno dell’ambiente naturale. Per esempio, in una fotografia, un pugno di bronzo è stato applicato ad un albero e in quel punto ne contiene la crescita, oppure una gabbia ortogonale è posizionata su un giovane albero in modo da essere sollevata durante la crescita. Con queste operazioni si avverte la sensazione di un coinvolgimento estetico trascinante, carico del peso della realtà, là dove sculture/installazioni più recenti indulgono a volte in giochi compositivi maggiormente affettati. Vi sono poi numerosi bozzetti preparatori e disegni, di matrice delicata e sensibile, che liberano nuovamente la forza immaginativa. Nell’ultima sala colpisce un’opera costituita da due grandi sassi apparentemente identici, ma uno di essi è una pietra di fiume segnata dal passaggio dell’acqua, l’altra ne è una simulazione in scultura.

MAMbo, Bologna.

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