La foto che ritrae Jannis Kounellis mentre porta per le redini uno dei cavalli all’interno della Galleria L’Attico in via Beccaria per la sua mostra personale a Roma non sembra, nonostante siano passati oltre quarant’anni, allontanarsi. Per certi effetti del tempo sembra invece avvicinarsi per confermare una dimensione della storia che non è basata solo su una mera dinamica cronologica, una sedimentazione di anni, ma anche su una struttura di rimandi, ricorsi e ritmi spazio-temporali che mettono in discussione una rigida linearità. La dimensione del tempo è stata ed è tuttora una delle preoccupazioni principali nell’opera di Kounellis, elaborata attraverso un continuo confrontarsi con la storia, con qualcosa che va oltre il presente e stimola sempre una tensione tra passato e futuro. In questo quadro la sua opera sembra non essere influenzata dall’attualità, ma dalla tragedia che supera la problematica del tempo.
In questo modo l’opera di Kounellis sembra mettere in discussione una concezione della globalizzazione superficiale legata al tempo presente, a un contemporaneo troppo rapido, perciò breve, che non riesce a sopravvivere al consumo del tempo e a confrontarsi appunto con la storia.
La storia per Kounellis è una misura, una proporzione dove costruire uno spazio, una dimensione in cui la storia diventa presente e viceversa. Una dinamica che ha sempre mostrato nelle numerose mostre nel mondo, e ciò è evidente anche in due più recenti nelle quali Kounellis cerca di spingere come la storia sia una dimensione materiale legata a una pratica fisica, non solo un concetto, ma anche un’immagine. Gli artisti infatti sono stati per la storia i testimoni attraverso la produzione delle immagini. Hanno immaginato la storicità del mondo, guardano come una figura di Giano al passato e al futuro contemporaneamente, creando nella simmetria temporale un luogo ideale dell’arte. Kounellis riesce a porre l’attenzione sulla relazione tra un passato a cui fare riferimento e un futuro che inevitabilmente vede ripetersi con cadenza periodica.
Questa funzione fondamentale dell’artista che documenta la storia è basata anche su una coscienza della propria epoca delle differenze e delle similitudini, non solo con un passato a cui fare riferimento, ma anche a un futuro che inevitabilmente vede ripetersi con cadenza periodica su alcuni corsi storici. E Kounellis è in questo tessere gli elementi nel tempo che diventa un riferimento di questa relazione fondamentale.
Sono simbolici i luoghi delle recenti mostre in Russia e Cina. Nelle due capitali di due potenze che, come una ripetizione storica, sono protagoniste della nuova epoca economica, politica e culturale. In entrambe le mostre c’è un riferimento diretto e concreto alla storia, evidenziando l’importanza determinante che la cultura ha per la rappresentazione storica dell’umanità. Da una parte il riferimento al film La corazzata Potëmkin di Eisenstein, dall’altra alla rivoluzione culturale di Mao in Cina. Due elementi di estremo cambiamento che hanno creato una frattura storica che oggi ha portato questi due paesi, da una parte al collasso di un sistema, e dall’altro al minuzioso equilibrio di due sistemi diversi ma in un certo modo compatibili.
A Mosca Jannis Kounellis ha presentato “Atto unico” nella ex fabbrica di cioccolato Red October, promosso e organizzato dal National Center for Contemporary Art, a cura di Mario Pieroni. Per questa occasione Kounellis dispone una grande quantità di cappotti sul pavimento in file ordinate, altri invece sono sparsi in modo caotico creando una dinamica bloccata. Tra la rigida geometria del potere e il caos della rivoluzione, le due forme compiono una tensione. Nei cappotti sono avvolti degli strumenti a fiato creando un sordo contatto con l’inevitabile silenzio della storia che mostra la sua presenza attraverso questo essere senza sentire, come un suono dato da immagini e scenari inimmaginabili. La sospensione del genio cinematografico che, non toccando alcun elemento, si distanzia dal presente e si inquadra nella storia. A Mosca la storia fa riferimento alla finzione, Eisenstein a sua volta fa riferimento alla storia. Questo è forse il contatto più mitico che unisce arte e storia, quell’impossibilità, nota sin dai primi drammi della Grecia antica, di poter riprodurre l’attonito presente, trasformandolo in un atto trascendentale al fine di poterlo trasmettere. La traduzione che avviene è la dinamica principale nell’opera di Kounellis.
A Pechino, organizzato da Giuseppe Marino, negli spazi del Today Art Museum la storia viene riportata alla luce con oggetti, opere della cultura cinese, elementi di una storia antica e contemporaneamente recente, testimoni della violenza del cambiamento storico. Migliaia di frammenti di porcellana cinese dei servizi da tavola della borghesia cinese distrutti dalle Guardie Rosse durante la rivoluzione culturale sono stati recuperati e installati con una serialità e geometria che cerca di equilibrare il caos della scheggia di porcellana. La frantumazione dell’oggetto, e la sua ricomposizione in opera, sono la dinamica storica che l’artista cerca di evidenziare. Non l’oggetto in sé, ma il suo processo culturale, l’opera come testimone degli eventi in cui viene dimostrata come la cultura sopravvive attraverso la rilettura temporale più ampia.
Molti degli elementi che sono stati sviluppati negli anni Sessanta e Settanta tornano con una certa attualità. Probabilmente, non solo direttamente da una transizione storico-artistica, ma anche da una ripetizione di un contesto culturale caratterizzato dalla crisi di un’epoca. Questo contesto porta molte ricerche contemporanee a riguardare con un’altra prospettiva il periodo storico.
Nel saggio Che cos’è il contemporaneo Giorgio Agamben afferma che tra il presente e il contemporaneo ci sia una sfasatura. Discernendo l’attuale dal contemporaneo, il filosofo italiano sostiene che “colui che è veramente contemporaneo non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma proprio per questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più di altri di afferrare il proprio tempo”. Questo punto di vista è fondamentale per capire per quale motivo l’opera di Kounellis è così importante per le nuove generazioni che sembrano trovare proprio in quel modo di usare la storia come materia prima una risposta alla relatività del presente sempre più assoluto che cerca di costruire la nostra collettività culturale.
Nelle opere di Kounellis ci troviamo in un momento di sospensione in cui la raffigurazione della storia diventa indipendente dallo scorrere del tempo, non riesce a datarsi. Come il quadro di David che ritrae il braccio di Marat o lo sguardo di Alessandro Magno nel mosaico di Napoli, il tempo diventa il contenitore di elementi che devono occupare, oltre che uno spazio fisico, anche un tempo storico. Troviamo questa dimensione quando ci poniamo di fronte a delle opere come Tragedia Civile, in cui l’immaterialità dell’oro non ha la possibilità di invecchiare e di essere collocata in un preciso tempo storico. Il cappotto appeso all’attaccapanni si stacca da quel fondo assoluto. Due parametri tra il reale più quotidiano e lo spazio infinito. Il cappotto si staglia di fronte a uno stato di immaterialità. Il cappotto è la presenza. Quando si trova pressato tra lamiere di acciaio sembra quasi una investigazione dello spazio dietro il panneggio rinascimentale o barocco. Cercando di confrontarsi con il problema della superficie come problema del tempo e della dimensione della forma. La storia ha bisogno di spazio. Nelle grandi tele del ’59 e del ’60, in cui monumentali lettere e cifre si liberano scomposte nello spazio bianco o monocromo, veniva indicata già una ricerca per la definizione dello spazio espositivo. Nel decennio successivo l’uso di animali, piante o altre materie come il fuoco sono elementi che servono a indicare una dimensione fondamentale dello spazio, quella della temporalità. La definizione di questo spazio indica la sua dipendenza alla dimensione relativa al contemporaneo. Assente spesso della tragica dimensione del tempo. Nella pratica espositiva di Kounellis questa pesantezza del presente in rapporto alla storia sembra essere l’elemento centrale.
Kounellis è un artista che estende la potenzialità dello spazio espositivo che nel corso degli anni Sessanta ha acquistato un valore fortemente simbolico e denso di elementi sempre più inerenti all’opera. Questo si evince anche dall’intervista su Avalanche con Willoughby Sharp che cerca di comprendere se il suo tentativo è politico e impegnato, ma non riesce a capire la combinazione degli elementi che traducono la politica in una specifica pratica espositiva. La combinazione con il contemporaneo è una cosa più complessa, ed è in questa equazione quasi alchemica che Kounellis combina la storia con il nuovo, il tragico con il presente e il presente con l’assoluto. Una profondità storica che diventa “presente” in una dimensione contemporanea.
L’opera di Kounellis assume ulteriore importanza nel panorama contemporaneo se osserviamo il ritorno alla materia con un senso del tempo all’interno di essa. Il ritorno alla pietra, al legno e al metallo, che affollano sempre più spesso le recenti ricerche nell’arte, mette in questione il nostro tempo storico, così estremamente sotto pressione dalla dimensione di un presente sempre più veloce ma sottile. Materiali che da una parte indicano un momento esistenziale della materia, dall’altro si estraneano in una dimensione di resistenza della materia ponendo attenzione alla storia con la sua densità e complessità. Sia su un piano simbolico che su quello pratico questi materiali suggeriscono una dimensione di “sopravvivenza” di durata che vuole mettere in questione il dominio di una concezione permanente del presente. Questo lo abbiamo sempre visto nelle opere di Kounellis e questa è una delle sue eredità importanti per le generazioni contemporanee. Non cedere mai alla tentazione di un presente dominante ma limitato nel tempo. Addirittura cercare di evaderlo, di trovare una dimensione in cui non ci siano tracce di qualcosa che possa essere datato. È per questo motivo che il cavallo, un elemento mitico che proviene dalla storia, fugge dal presente verso un futuro.
Un passaggio fondamentale è la trasformazione della tela in lastra di metallo con il suo peso fisico e la sua problematica dello spazio. La tela che diventa scultura pone un quesito centrale sulla rappresentazione, sulla prospettiva della storia dunque. Mentre la storia del quadro apre al concetto dell’illusione, dell’apertura a delle spazialità immaginarie che sfondano la superficie dello spazio, la scultura trova la massa fisica dell’ambiente circostante e si lega alla dialettica del visitatore consumando spazio fisico esistenziale.
Il senso di gravità degli oggetti appesi, incastrati, posati o accumulati in cui la misura è una convergenza tra peso e materia. La forma è lo stato delle cose, studiandone la loro condizione, la loro pesantezza. Scaturisce proprio tra la pressione di materie diverse che dialogano allo stato puro. La relazione tra gli artisti contemporanei e l’opera di Kounellis si concretizza su un modo speciale di utilizzare la materia e lo spazio. Lo stato degli oggetti nello spazio con le dinamiche naturali e artificiali. Questo rapporto inteso con la storia ha portato l’opera di Kounellis ad astrarsi da un momento particolare, da una dimensione databile. Per questo la concentrazione della materia, come la tensione della forma sono elementi che hanno un dialettica intrinseca con lo spazio presente.