Julio Le Parc, apparso come una meteora nell’arte di ricerca emersa con le “Nuove Tendenze”, mostra epocale ideata da Almir Mavignier e tenutasi a Zagabria nel 1961, diventò una stella di prima grandezza grazie alla presenza di un piccolo “movil” in quella esposizione. Divenne poi il motore dialettico, e critico, con la sua ideologia sia plastica ma soprattutto politica: un’ideologia, la sua, impensabile in una Mitteleuropa ancora rigida, dove il suo essere argentino e non avere legami con il passato significava libertà totale e piena di proposte affascinanti perché rivoluzionarie e innovative. Conobbi Julio Le Parc nel 1961, quando lui già aveva una sua storia, iniziata a Mendoza, ai piedi della cordigliera delle Ande, a oltre 1000 km da Buenos Aires, dove era nato il 23 settembre 1928. Alunno mediocre, si industriava a vivere con i lavori più disparati, da apprendista meccanico di biciclette a operaio adetto agli imballaggi per la frutta, fino a lavoretti di marocchineria. Spirito irrequieto, alla fine approdò a Buenos Aires dove cominciò a studiare di notte all’Accademia di Belle Arti, (dove insegnava Lucio Fontana) nel 1947; qui si inserì tra gli animatori di assemblee e rivendicatori per poi abbandonare la scuola, “un rifiuto alla sottomissione e all’obbedienza”, come lui dirà. Dopo aver rotto un po’ con tutto, iniziò a vivere ai margini frequentando ambienti anarchici e marxisti, analizzando i problemi da angolazioni differenti: questo rimarrà sempre lo spirito tipico di Le Parc, ancor oggi signore dall’aria e dall’aspetto di un ragazzo… Nel 1955 rientrò all’Accademia di Belle Arti nel movimento degli studenti, numerose erano in quegli anni le assemblee e le occupazioni: i direttori e professori venivano esautorati, messi alla porta, e gli studenti prendevano la direzione, annullavano le regole disciplinari, classificando gli insegnati in “buono”, “cattivo”, “indesiderabile” (lo farà, Le Parc, anche con i componenti delle “Nuove Tendenze”). E poi manifestazioni nelle strade, arresti… Racconto queste cose perché egli porterà questo suo sentimento, questo suo modo di essere, nell’arte, e proprio a partire da questi concetti costituì, arrivato a Parigi con una borsa di studio nel 1958, dapprima il GRAV – Groupe de Recherches d’Art Visuelle nel 1960 e poi, nel 1962/1963 aderì alle “Nuove Tendenze” (affiancato da Enzo Mari e dagli artisti più politicizzati). Ci si chiederà: l’arte è inutile? L’arte è vitale? L’arte è un lusso? L’artista è colui che si dice artista? Che viene chiamato artista? Che sta a un livello superiore a quello della gente? E l’arte, che cosa è? Perché l’artista definisce una cosa arte? Perché i critici dicono che quella cosa è arte? Perché costa cara? Perché ha un valore universale? L’arte è a portata di mano di tutti? Degli intenditori? Della gente colta? Degli analfabeti? Di coloro che possono comperarla? L’arte deve essere neutrale? L’artista, per il suo ruolo sociale, fa parte della classe dominante? Della classe dominata? L’arte può essere apprezzata senza sensibilità estetica? Senza la conoscenza della Storia dell’arte? Senza cultura? L’arte è libera? L’arte si sottomette a norme e valori? Gli artisti vanno lasciati nella solitudine creativa dei loro studi? Bisogna esigere un confronto con la realtà quotidiana? L’arte fa parte del sistema repressivo? L’arte serve alla rivoluzione? L’arte è creazione? L’arte aiuta a risolvere problemi reali? Tante domande pone Le Parc agli altri e a se stesso! Come tante, tantissime sono le opere, tante, tantissime sono le esposizioni che ha fatto e a cui partecipato — sempre un po’ polemico, anche con chi ha stimato: in primo luogo Vasarely, poi Max Bill e i protagonisti dell’Astrattismo costruttivo. Le Parc è veramente radicale e non ammette modificazioni degli eventi ma solo indagini verificabili con strutture primarie e attraverso forme elementari: linea, cerchio, triangolo, quadrato rettangolo e il loro logico, ma costruito sviluppo. E poi la luce, il movimento per cui tutto deve “non esser mistificazione, ma scoperta!”. Un immenso lavoro da fruire dapprima otticamente poi totalmente come i suoi ambienti o spazi, spesso provocatori, fino agli oggetti esemplificativi. Una traiettoria lineare evolutiva, sino a quando è subentrata la produzione, esemplare, da grande artefice! Tutto da vedere e capire, tutto da conoscere come ho cercato di introdurre solamente, ma che credo possa già aprire il cervello verso nuove mete e istanze del percettibile più ampie…
13 Luglio 2015, 12:50 pm CET
Julio Le Parc di Getulio Alviani
di Getulio Alviani 13 Luglio 2015Getulio Alviani è artista. Vive a Cortina d’Ampezzo.
Julio Le Parc è nato nel 1928 a Mendoza, Argentina. Vive e lavora a Parigi.
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