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2 Dicembre 2025, 1:23 pm CET

Listening for Something… Nuova Orfeo / Palermo di Beatrice Gibson , Beatrice Zerbato

di Beatrice Gibson , Beatrice Zerbato 2 Dicembre 2025

No one sleeps in this room without the dream of a common language, recita Adrienne Rich tra i frammenti di una conversazione su poesia e politica con Dioanne Brand nel film Listening for Something… (1996). Girato dalla stessa Brand, questo film-conversazione è un attualissimo manifesto che ci ricorda dell’importanza del linguaggio nel dare forma alle narrazioni e che ‘no language is neutral’. Che tipo di storie è importante raccontare oggi? E come le raccontiamo?

Adrienne Rich: Ci troviamo davvero di fronte a un sistema globale onnicomprensivo, in cui, come dici tu, il capitalismo stesso è diventato la nazione. E non c’è altra nazione a cui appartenere. Ma questo mi fa pensare alla frase di Derek Walcott: “La mia unica nazione era l’immaginazione”.
Dioanne Brand: Beh, suppongo che sia quello a cui dobbiamo ricorrere.
AR: Ma in senso più ampio, sai che il compito è immaginare qualcosa di diverso.

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Alberto Grifi e Massimo Sarchielli, Anna, 1972-1975. Still da film. Courtesy APS Alberto Grifi

Beatrice Zerbato: Il primo film di Nuova Orfeo che ho visto a Palermo nel Novembre del 2023 ­– prima di iniziare a collaborare al progetto – è stato Anna (1975) di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli, con una fantastica introduzione di Fulvia Carnevale (Claire Fontaine). Girato a Roma tra il ’72 e il ’73 con uno dei primi videoregistratori portatili arrivati in Italia, il film è un ritratto di quasi quattro ore di una Roma post sessantotto attraverso la figura di Anna, una ragazza di sedici anni incinta, senza casa e tossicodipendente. La complessità morale, artistica e la portata politica di questo film hanno risuonato a lungo tra noi, spettatori superstiti rimasti in sala fino a notte fonda, ipnotizzati da quelle immagini fantasmatiche in bianco e nero di un mondo scomparso… o forse no?

Beatrice Gibson: Anna di Grifi è un’opera epica, sia per dimensioni che per intenti. Lo stesso vale per Listening for something! di Brand. Mi stupisce che le conversazioni che queste due donne, due poetesse, hanno avuto più di trent’anni fa su razza, classe sociale e genere siano più o meno le stesse che abbiamo oggi. Anche le conversazioni in Anna sono sorprendentemente vicine alle nostre. Era l’inizio di un periodo di radicalizzazione e dissenso globale con scioperi, rivolte studentesche e lotte sociali che durò più di un decennio. Gli anarchici, gli studenti, gli hippy, i tossicodipendenti che bazzicavano Piazza Navona – la piazza dove Massimo Sarchielli incontra Anna per la prima volta – erano stati praticamente tutti in prigione. Anche lo stesso Grifi era appena uscito dal carcere! Il clima era profondamente repressivo e le ondate di fascismo crescevano a una velocità allarmante, proprio come oggi.

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Marinella Pirelli, Bruciare, 1971. Still del film. Courtesy Fondazione Home Movies e Archivio Marinella Pirelli
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Marinella Pirelli, Narciso, film esperienza, 1966-1967, Still del film. Courtesy Fondazione Home Movies e Archivio Marinella Pirelli

BZ: Una vera e propria caccia alle streghe, come disse Grifi. Per me i due film, in modo molto diverso ma estremamente attuale, raccontano storie di oppressione e di liberazione e ci ricordano che, oggi più che mai, ‘il compito è quello di immaginare qualcosa di diverso.’ Vedere Anna quella sera è stata una specie di allucinazione a occhi aperti. Un’opera disturbante ma profondamente coinvolgente che va oltre i limiti del formato cinematografico e ti mette in una posizione scomoda come spettatore, obbligandoti a guardare. Il tuo occhio si identifica con l’occhio intrusivo di una videocamera che segue un corpo privato e politico di una minorenne che recita sé stessa. Sempre ripensando al linguaggio e alle storie che vogliamo raccontare, penso che Anna sia una storia controversa ma importante. Mi ricordo che ne abbiamo parlato a lungo nei giorni successivi e tu hai fatto un film subito dopo!

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Beatrice Gibson, Leisure Utopic, 2024. Still da video. Courtesy dell’artista e LUX
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Bernadette Mayer, Utopia, United Artists Books, 1984.

BG: La proiezione di Anna mi ha lasciato senza fiato. Stavo riflettendo molto su questo filmato che avevo girato qualche anno prima, nel quale c’è mio figlio Obie all’età di sette anni mentre legge una parte modificata di Utopia (1984) di Bernadette Mayer. Siamo seduti intorno al tavolo della nostra cucina a Londra. Era il periodo del Covid e il mondo stava andando in pezzi. Chiusi in casa abbiamo letto il libro insieme, mentre Nick, il mio compagno, filmava. Utopia è un volumetto rosso, piccolo e sottile, assolutamente straordinario, composto da molteplici contributi e citazioni degli amici, della famiglia e della comunità di Mayer. Se ricordo bene, era strutturato attorno a una semplice domanda: “Qual è la tua idea di divertimento?”. Mayer lo inviò a tutti i suoi amici. Il libro che ne è risultato, permeato dalla quotidianità e dalla normalità, è una sorta di risposta femminista alle grandi utopie scritte dagli uomini: decisamente più relative a un presente realizzabile, che remoto e immenso. Sono uscita dalla proiezione così rinvigorita che ho immediatamente tirato fuori il filmato e l’ho montato. Il film che ne è risultato, Leisure Utopic (2024) (della durata di due minuti, contro le quattro ore di Grifi!), girato durante la pandemia e montato durante un genocidio in corso, è molto semplice: un bambino piccolo legge di un mondo migliore. Il libro della Mayer è pieno di bambini che immaginano, compresa sua figlia: «Preparerò la cena per tutte le persone del mondo, il sole sorgerà ma non scioglierà il cibo, le nuvole resteranno tranquillamente sedute a tavola senza piovere, la luna sorgerà ma non farà troppo buio».

BZ: E forse proprio su questa idea di ‘utopia concreta quotidiana’ si basa la programmazione di Nuova Orfeo, figlia di una tradizione di cine-forum e di rassegne di cinema femminista che vedono il film come momento politico di riunione e dialogo. Un’utopia che è strumento di immaginazione. Mi viene in mente il Manifesto per un Cinema clitorideo vaginalescritto dal Collettivo Femminista Cinema Roma nel ’72 – proprio mentre Grifi realizzava Anna: «Non ci rivolgiamo a chi va al cinema per passare il tempo o per distrarsi, né a chi cerca i suoi orgasmi culturali. IL NOSTRO È UN APPELLO ALLA RIFLESSIONE E ALLA CRITICA CHE DIVENTANO AZIONE. Se questo non si verifica, consideriamo il nostro lavoro fallito nei suoi scopi, in quanto si integra nello schema della passività generata dal sistema capitalista. […] Usiamo il cinema per vivere la nostra creatività, la nostra fantasia, la nostra immaginazione».

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Karma Film, Elio Rumma, Mario Gianni e Patrizia Vicinelli, Errore di Gruppo, 1973. Still del film. Courtesy Mario Gianni
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Poster di “In Viaggio con Patrizia”, a cura di Lisa Andreani e Nuova Orfeo, parte di “Alberto Grifi. Corpo Collettivo”, design: Valerio Di Lucente
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Scansione di In Viaggio con Patrizia, Orfeo Books, 2024. Courtesy APS Alberto Grifi

BG: Esattamente. Per me Nuova Orfeo è innanzitutto uno spazio di comunità, che si estende al di fuori di sé per includere bambini, amanti, sconosciuti, amici, vivi e morti. Utilizza lo spazio sociale del cinema per riunire le persone e far loro vivere un’esperienza artistica radicale e sperimentale, lontano dalle dinamiche del mercato. Mentre Palermo soffre per l’inimmaginabile sovra-turisticizzazione e per il peso esistenziale di un capitalismo coloniale che ha quasi eroso la possibilità di tali incontri, questo è diventato il nostro principale obiettivo. Nuova Orfeo vuole essere un luogo dove, per chiudere il cerchio, possiamo semplicemente “stare insieme”.

BZ: Ed è proprio di questi spazi che abbiamo bisogno. Ricordo l’entusiasmo che si era creato intorno a In Viaggio con Patrizia (1965) di Alberto Grifi, un appuntamento del progetto “Alberto Grifi. Corpo Collettivo”, sviluppato da Lisa Andreani e dall’APS Alberto Grifi nell’ambito del bando finanziato dalla Regione Lazio. L’evento, realizzato in dialogo con Nuova Orfeo, metteva in conversazione l’output filmico di Patrizia Vicinelli con letture di Allison Grimaldi Donahue, Murmur e Tiziana La Melia. Il tono della serata è stato quasi anacronistico, iniziando dal fatto che l’evento si è svolto in un bar fuori dal centro di Palermo che era in voga negli anni Novanta ed è rimasto praticamente congelato nel tempo. Letture di poesie al bancone del bar, la voce di Vicinelli che aleggiava tra il chiacchiericcio, e proiezioni di film su uno schermo che cercava di farsi spazio in mezzo ad anni e anni di accumulo di oggetti polverosi in una stanza ormai in disuso. Queste retrospettive ci consentono anche di mettere in conversazione diverse generazioni, come spesso diciamo, far comunicare i vivi con i morti. Penso che a posteriori il programma si possa rileggere come uno strumento attraverso cui indagare l’eredità del femminismo oggi.

BG: In termini di eredità, penso che i film di Grifi e Brand e il libro di Mayer ci ricordino che molte delle cose che ci stanno a cuore sono state già oggetto di attenzione in passato e che esiste una conoscenza che viene tramandata attraverso comunità e organismi specifici. Trovo questo concetto davvero affascinante e profondamente utile: l’idea che non si tratti tanto di trasmettere risposte quanto piuttosto di trasmettere una sorta di conoscenza emotiva, perché i problemi e le difficoltà, nella loro essenza, rimangono gli stessi. Si tratta quindi più che altro di strumenti per affrontare le difficoltà, di solidarietà, di motivazione per andare avanti. Abbiamo bisogno di paradigmi su come lavorare, come realizzare film, modelli su come vivere. Madri, nonne che possano dirci come essere. In che modo il prisma del femminismo può offrirci modi per comprendere e abitare il presente?

No one lives in this room
without confronting the whiteness of the wall
behind the poems, planks of books,
photographs of dead heroines.
Without contemplating last and late
the true nature of poetry. The drive
to connect. The dream of a common language.

Adrianne Rich, Origins and History of Consciousness, 1972–1974

Nuova Orfeo è una piattaforma indipendente di cinema e musica sperimentale con base a Palermo, dedicata a promuovere pratiche artistiche con un orientamento femminista. Nuova Orfeo si interroga su quali storie sia importante raccontare oggi attraverso una programmazione di film che va dalla riscoperta di materiali d’archivio del periodo della neoavanguardia italiana degli anni ‘70, a esplorazioni del mondo arabo e film contemporanei di registə che operano nel contesto dell’arte contemporanea.

A oggi Nuova Orfeo ha invitato lə registə Ana Vaz, Laida Lertxundi, Laure Prouvost, Basma Alsharif, Jumana Manna, Pauline Curnier Jardin e presentato lavori di Kamal Aljafari, Rosalind Nashishibi, Patrizia Vicinelli, Alberto Grifi, Annabella Miscuglio, Collettivo Femminista di Cinema Roma, Chantal Akerman, Reza Abdoh, Peggy Ahwesh, Barbara Hammer, Sadie Benning, Jocelyene Saab, Heiny Srour, Lamia Joreige, tra altrə. Tra gli ospiti che hanno collaborato o contribuito alle proiezioni ci sono Lisa Andreani, Barbara Casavecchia, Lucia Aspesi, Erika Balsom, Alessandro Gallicchio, Gonzalo de Pedro Amatria, Krist Gruijthuijsen, Adam Soch, Claire Fontaine. Nuova Orfeo ha anche prodotto concerti di musica sperimentale per Shakeeb Abu Hamdan, Elvin Brandhi, Crystabel Riley e Seymour Wright.

Nuova Orfeo è stata fondata nel 2021 da Beatrice Gibson, Flora Pitrolo e Pietro Airoldi e prodotta da Stella Sideli. È oggi portata avanti da Beatrice Gibson e Beatrice Zerbato.

1“Adrienne Rich: We are really looking at an all-embracing global system, in which, as you say, capitalism itself has become the nation. And there is no other nation to belong to. But then this makes me think of Derek Walcott’s line ‘My only nation was the imagination’.
Dioanne Brand: Well, that’s what we have to fall back on, I suppose.
AR: But in the larger sense, you know that to imagine something different is the task.”
Traduzione dall’originale a cura della redazione.

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