Anche se il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha smentito a mezzo stampa di non aver mai detto la frase: “Con la cultura non si mangia”, questa affermazione ha continuato e continua a circolare sia a mezzo stampa che nelle chiacchierate quotidiane. È il segno di un’urgenza relativa alla considerazione della cultura in Italia — come dimostrano le cifre in essa investite, di gran lunga inferiori rispetto ad altre nazioni europee come Francia, Germania, Regno Unito, ecc. Se il ministro non ha pronunciato quelle parole, ha sicuramente detto queste altre, che a me sembrano più interessanti, quando a proposito della crisi fa riferimenti all’Avanguardia dicendo: “Abbiamo fatto bene a rifi utare il Futurismo, l’avventurismo, il defi citismo, il costruttivismo sperimentale che ci veniva proposto”. Come dire che la crisi è colpa dell’avanguardia del Futurismo in primis, uno dei maggiori movimenti artistici mondiali, con cui l’Italia non è ancora riuscita a fare i conti. Con questo non voglio certo sostenere che lo Stato deve assistere totalmente la cultura, ma questo pensiero rifl ette una convinzione da molti condivisa, ovvero l’utilità o meno della cultura e soprattutto dell’arte contemporanea. Naturalmente sono in molti a pensarla in questo modo, e cioè che la contemporaneità e il futuro siano un problema: questi sono coloro che fi niscono per misurare col solo nodo del pubblico i risultati di una scienza, l’arte, di cui non si hanno o non si vogliono avere le chiavi, ma di cui tutti si sentono autorizzati a parlare. L’arte così diviene una questione da bar sport, di cui tutti parlano e fanno la formazione della propria e dell’altrui squadra. La cosa interessante è che questo viene fatto, oltre che per il calcio, anche per l’arte e basterebbe questo stato di di- L’OCCHIO DI GIACINTO scussione permanente a spiegarci la sua utilità. La chiave è per tutti l’Impressionismo, contro il quale, sia chiaro, non ho e non posso avere nulla da ridire; non si comprende però perché, per far andare una folla a una mostra di arte moderna, oggi c’è bisogno di artisti francesi rifi utati centocinquanta anni fa. Non è la questione trita del rifi uto che hanno subito a interessarmi, ma il fatto che quel rifi uto di ieri vale l’acclamazione di oggi. In termini economici, è un tesoro che siamo costretti a far venire dall’Oltralpe, e ciò dovrebbe farci capire come sia necessario sostenere la cultura sperimentale, quella sperimentazione che in tutti i campi vuol dire investire nel futuro. Inoltre va sottolineato, dati alla mano, che una persona sosta in media, dinnanzi a un’opera, trenta secondi, trasformando una mostra d’arte visiva in un evento paradossale e cieco in cui nessuno vede niente. Cercherò di spiegare l’utilità dell’arte contemporanea con alcuni semplici esempi, ma per farlo dovrò ancora portare l’arte fuori dal suo campo d’azione, valutandone le ripercussioni che essa ha in settori più estesi e accettati dal largo pubblico. Nel numero scorso ho mostrato, attraverso la penna di due grandi scrittori contemporanei, Don De Lillo e Houellebecq, come ciò avviene in letteratura; ora farò alcuni esempi in diversi campi del sapere, invitando poi ognuno a compilare una propria lista, aggiungendo o togliendo nomi dalla mia.
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PINKO: provenienza opera fotografica di Gilbert and George; pelletteria Orciani e Lancia Delta: provenienza opera con i bolli colorati di John Baldessari; pubblicità TV di altre case automobilistiche, soprattutto estremo-orientali: provenienza opera Der Lauf der Dinge di Fischli e Weiss, o azioni pittoriche del gruppo giapponese Gutaj e di Pollock; casa motociclistica Honda, Honda Jazz: provenienza prime opere di Tony Cragg; pubblicità e vetrine di Prada: provenienza di volta in volta da Vanessa Beecroft, Getulio Alviani, Damien Hirst, ecc.
A questa semplice lista comparativa di arte e pubblicità, vorrei aggiungere quella che attiene ad altri linguaggi e che ci fa capire come, nel bene e nel male, molti cambiamenti che si sono registrati in diversi settori creativi e non hanno alla base una provenienza, o un interesse per l’arte, soprattutto quella moderna e contemporanea. Difatti, sono diversi gli autori e i personaggi che hanno studiato in scuole d’arte, o che hanno mostrato un interesse per l’arte prima di passare ad altri settori in cui hanno poi determinato, nel bene e nel male, forti cambiamenti.
Per fare qualche esempio, proviamo a giocare con questa lista: Michelangelo Antonioni (regista e sceneggiatore), David Byrne (musicista, compositore e produttore discografico), David Bowie (cantante, musicista e compositore, polistrumentista e attore), Tim Burton (regista, sceneggiatore, disegnatore, produttore cinematografico), Brian Eno (musicista, compositore e produttore), Dario Fo (drammaturgo, scrittore, regista), Adolf Hitler (dittatore), Keith Richards (chitarrista e compositore), Le Corbusier (architetto, urbanista, designer e pittore), John Lennon (chitarrista, compositore e cantante), Paul McCartney (compositore, polistrumentista, musicista e cantante), Francesco Moschini, (stilista)… Un listino che potrebbe continuare fino a diventare un listone, e che dimostra come con la cultura e con l’arte, soprattutto quella contemporanea, si mangia, ci si veste, ci si muove, si comunica, si fa politica e quant’altro, perché, che ci piaccia o meno e come dimostrano i casi sopracitati, l’arte contemporanea è molto più semplice, normale e utile di quanto non si veda e creda.