Il seguente testo fa parte della sezione Protagonisti. Voci e visioni del presente di Flash Art Italia – Agenda 2025 che si propone come una cartografia del presente – non esaustiva ma rigorosa – dove le traiettorie di oltre trenta artisti si intersecano e si illuminano reciprocamente, pur mantenendo le proprie specificità linguistiche ed espressive. Il dialogo tra questi percorsi artistici, che spaziano dalla pittura alle pratiche relazionali, dalle ricerche materiche alle sperimentazioni digitali, è orchestrato attraverso le voci di curatori, curatrici, critici e studiosi.
Vorrei qui tentare di esplorare la natura poetica e formale di alcune opere di Margherita Raso e Anna Franceschini servendomi di una scrittura permeabile che al contempo allontana e avvicina il mio pensiero ai loro rispettivi immaginari. Al mio sguardo le loro ricerche aprono a manifestazioni e scenari dissimili, ma forse nemmeno così tanto: pratiche artistiche che da un lato procedono verso lidi che paiono informarsi a vicenda, mentre dall’altro sembrano discostarsi, indugiando però su un confine, pronte a parlarsi grazie a inedite possibilità dei loro linguaggi. È una scrittura, la mia, che segue l’occhio mentre esso si sofferma sui drappi di un tessuto jacquard solcato dal disegno della sagoma reiterata di un corpo femminile in Piercing (2017) di Margherita, o sulla trama di alcune parrucche e i loro residui materici pronti a sedurre nel video TU SEI LA NOTTE di Anna. Una scrittura, ancora, che tende l’orecchio e si pone all’ascolto di Eight Types of Whistle (2023), una composizione sonora che Margherita ha modellato sul susseguirsi di fischi che si tessono tra loro, o che sorvola su quel gruppo di “dressmen” coreografato a colpi di respiri nell’installazione All Those Stuffed Shirts (2023) di Anna. Così i pensieri si intrecciano e inciampano tra un’increspatura materica e l’altra, tra la ripetizione meccanica di ordito e trama, tra un pieno e un vuoto, uno sbuffo d’aria e un collasso corporale che ogni tanto intercettano a vicenda la loro rispettiva eco. Insieme a loro il linguaggio fa quasi fatica a seguire le modulazioni dell’occhio e quelle dell’orecchio che diventano contenitori di ossessioni, intuizioni, urgenze. Se quella di Margherita è una pratica sensibile a una certa “corporeità del tatto” – riflettere sull’immagine e la scultura come entità aptiche che interagiscono con più sensi è uno dei focus ricorrenti della sua ricerca che procede in un confronto continuo con materiali, tecniche e tecnologie –, quella di Anna definisce una messa in scena spesso ambigua, popolata da oggetti e artefatti in movimento che ragionano sulle modalità di esposizione, mettendo in circolo una loro diversa significazione all’interno del sistema dell’estetica capitalistica. Anna concepisce la performatività delle cose come un modo di fare «cinema con altri mezzi», come lei stessa afferma.1 Questo concetto introduce spesso nel suo lavoro «una macchina, un apparato industriale che muove l’inanimato e produce una narrazione minima»2. Anche nei lavori di Margherita, e nei processi materiali che informano le superfici finali delle sue opere, il dato narrativo è ridotto all’essenziale, e il loro grado di performatività – se lo vogliamo rintracciare – è talvolta legato a un elemento caro anche ad Anna: il corpo.
Coreografie di corpi (intesi anche nella loro accezione di soggetti ibridi ed entità non organiche), di parti di corpi o di corpi assenti che cercano nella ripetizione dello stesso gesto il fissarsi del mutevole o di ciò che resta: nel continuo della materia, per Margherita, nel continuo del movimento, per Anna. L’elemento corporeo è così investito, a diversi gradi, nelle opere sopra citate, in un processo di reiterazione che tocca il performativo, inteso qui come postura agita o ancora inespressa, ma in potenza, che lascia traccia del suo perdurare nella dimensione spazio-tempo-movimento. In Piercing – esposta in occasione dell’omonima mostra personale di Margherita presso Fanta Spazio (2017) a Milano (oggi Fanta-MLN) – il disegno di una coppia di gambe in retiré e una di gambe unite e affiancate da un braccio viene trasferito su tessuto jacquard, lasciando un solco corporale e materico che permane come unità di misura fondamentale che informa tutto il lavoro3. Margherita ripercorre il gesto del disegno che si evolve in un movimento avvitatorio e convulso nel suo moto ascensionale: lo stressa fino quasi a perderne i confini, per farlo poi compenetrare, in un’interazione tra umano e macchinico, con l’azione del telaio, e rintracciarlo infine nel pattern dei sette fasci in tessuto jacquard cuciti tra loro e fissati direttamente tramite magneti al soffitto e alle pareti in lamiera dello spazio espositivo. «Restituita in forma scultorea, la traccia torna corpo in movimento nell’istante in cui il tessuto penetra nello spazio, aggrappandovisi per forza magnetica»4.
Questo lavoro di Margherita mi porta con il pensiero al film TU SEI LA NOTTE e alla più complessa installazione All Those Stuffed Shirts di Anna. Nella prima opera tre parrucche di diversa colorazione si inseguono in una sempre più frenetica pole dance, mentre la camera insiste ossessivamente sui loro interni che si presentano in “residuati” di pizzo e trame materiche. Ciò mette in luce le qualità ritmiche intrinseche della materia- soggetto: la camera sembra agire come il telaio jacquard nella simultaneità dei suoi processi, restituendo una sorta di immagine scultorea che non si può più afferrare nella sua completezza.
Questa grammatica visiva fa così balbettare i confini materici del soggetto, proprio come accade nella vorticosità dell’immagine scultorea di Piercing, ribadendo allo stesso tempo una rinuncia ad ogni appiglio corporale. La totale assenza di un corpo mette infatti in crisi la veridicità dei movimenti delle parrucche che ai nostri occhi perdono progressivamente il loro statuto di oggetto feticcio. Le due opere inscenano dunque una coreografia di un corpo che se da un lato appare come una presenza che si muove e segna una superficie, dall’altra si manifesta come una assenza che diviene una presenza spettrale. Anche in All Those Stuffed Shirts dei “quasi-corpi” in tessuto plastico cercano di rivendicare il loro ‘esserci’, girando a vuoto in un balletto meccanico ibrido, potenzialmente senza fine. Ideata per la mostra personale nel 2023 presso Triennale Milano, questa installazione è animata da figure che si gonfiano e sgonfiano sotto la coreografia di sette macchine per la stiratura industriale ad aria che automaticamente si attivano a turno. La partitura del respiro di questi dispositivi è stata concepita da Anna con l’artista e musicista Matteo Nasini: è un coro affannoso e quasi spasmodico emesso da oggetti-soggetti-corpi fabbricatiche nella loro apparizione e sparizione a ritmo di sbuffi d’aria approfondiscono ulteriormente la riflessione e la ricerca dell’artista sui dispositivi di visione e le loro qualità tattili, nonché sul rapporto tra macchina e umano, temi che abbiamo visto essere presenti anche nella pratica di Margherita. Quella postura performativa prima accennata, assume qui la “dimensione esistenziale dell’animazione che è veicolata dalla tecnica di sopravvivenza del corpo umano: il respiro.”5
L’interazione tra il corpo umano e l’aria connota anche la traccia sonora Eight Types of Whistle di Margherita.6 E se a ben vedere qui è il corpo stesso che, fischiando, funziona simultaneamente e in maniera invisibile come strumento musicale e come soggetto-suonatore, la ripetizione di otto timbri di fischi che si susseguono in un unico orizzonte accentua nell’opera quel senso di permanenza del performativo che non fa altro che ribadire l’assenza stessa del corpo. Il medium di questa composizione è il tempo, nel suo tentativo di registrare una geografia di suoni che non tutti i corpi sono in grado di emettere. Nella consapevolezza che quest’ultimi, siano essi pura apparizione o residuo, traccia di un processo concluso o in fieri – come abbiamo qui potuto constatare –, e in ogni caso in quanto entità perennemente metastabili, non sono mai presenti a sé stessi. Questi corpi, ci ricordano i lavori di Margherita e di Anna, anche nel momento stesso in cui si pensano, pesano e manifestano come tali, e come risultato di una condizione che è al contempo esistenziale e politica, sono sempre sul punto di scomparire o apparire, fino a divenire altro ancora.