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9 Settembre 2015, 12:57 pm CET

Mario Testino di Emanuela Nobile Mino

di Emanuela Nobile Mino 9 Settembre 2015
Kate Moss, British Vogue, Londra 2008.
Mario Testino, Sienna Miller, American Vogue, Roma 2007;
Mario Testino, Sienna Miller, American Vogue, Roma 2007.

Sostenuta da Fendi, Gucci e Valentino, maison storiche italiane tra le più importanti, la mostra di Mario Testino alla Fondazione Memmo di Roma ha aperto l’edizione luglio 2011 di AltaRoma, manifestazione che, con la reggenza di Silvia Venturini Fendi, sta acquisendo nuovo lustro e tono internazionale. La mostra di Testino (Lima, 1954) porta a Roma dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid cinquantaquattro scatti di cui alcuni inediti, realizzati ad hoc al fine di completare “un percorso che va dalla haute couture alla nudità”. “Todo o Nada”, termini antitetici e complementari che perfettamente incarnano il dicotomico interesse dell’autore sia per l’opulenza di vestimenti couture che per l’essenzialità scultorea del corpo denudato. Nudità da intendersi non come “naked” bensì come “nude”, tema storico-artistico con cui gli autori più celebri si sono confrontati. Stessa dualistica fascinazione per le ambientazioni: tanto per architetture naturalistiche lussureggianti o per interni fastosi, quanto per il realismo di spazi délabré. Testino ha da sempre operato in fotografia un tipo di rappresentazione radicale, presentando allo spettatore una visione edonistica atipica, costruita sull’equilibrio di due polarità estetiche: glamour e vita, esteriorità e introspezione, moda e arte. Capacità funambolica su cui ha delineato una cifra stilistica fondata sull’intenzionalità di guidare lo sguardo lungo un tragitto che conduca alla scoperta del bello — nell’accezione originaria del termine — quello visibile, la simmetria, e quello intuibile, l’armonia. La mostra, a cura di Patrick Kinmonth, testimonia proprio questo tipo di approccio all’immagine: ogni ritratto infatti apre a un percorso conoscitivo iperbolico, dall’esterno all’interno, dal dato oggettivamente ammaliante allo svelamento dell’introietto, controparte terrena del soggetto “divinamente” immortalato.

Kate Moss, British Vogue, Londra 2008.
Kate Moss, British Vogue, Londra 2008.

Fondazione Memmo – Palazzo Ruspoli, Roma.

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