“In quel periodo insegnavo, e una cosa che mi terrorizzava era che molti miei studenti erano privi di riferimenti storici. Erano letteralmente immersi nel limbo dell’MTV. Quando vedi che la maggior parte degli elettori repubblicani sono ragazzi sotto i trent’anni capisci che le cose sono cambiate. Non ti puoi fidare di nessuno di loro. Così quei lavori erano un tentativo di creare una specie di quadro storico, un promemoria, un tentativo di reintegrare certi accadimenti. A questo punto richiamare la Storia sembra maleducato.
(Felix Gonzalez-Torres)
Il binario politico su cui si muove Gonzalez-Torres è illuminante, in particolare perché ci spinge alle soglie del limbo su cui è imperniata gran parte della cultura americana. La cosa strabiliante è che una generazione intrappolata fra i paradisi economici e gli inferni puritani possa improvvisamente generare apparizioni sconcertanti capaci di alterare un sistema incallito come quello dell’arte.
Il giovanissimo Matthew Barney si rivela una di queste visioni capaci di ridare credibilità a meccanismi asfissiati. L’annuncio della sua venuta, dilatato nel tempo, isolato da riferimenti concreti al suo lavoro, ha contribuito nel dare alla sua arte un peso “Epifanico”. Questo artista sospende, imprevedibilmente, ma giustamente, qualsiasi affermazione verbale che possa bloccare lo sviluppo di un lavoro spaventoso e dinamico. La gestione della “Confidenza” è lasciata nelle mani di un “Team” che ne analizza e incrementa i risultati. Siamo davanti a un evento sportivo e come tale va vissuto in tempo reale. Il punto di vista su questo artista va circoscritto al presente: Acconci, Nauman e Schwarzkogler per il momento vanno lasciati fuori. È ancora la prestazione atletica che ci interessa, e questa va considerata autonoma da altri riferimenti. Barney lavora in una dimensione temporale atrofizzata e in uno spazio dilatato all’estremo. Non esiste un discorso narrativo fra i vari punti della produzione. Ma all’interno di questa poetica, apparentemente non ancora strutturata, si possono raccogliere indizi sufficienti a farci comprendere la novità del processo creativo che ha intrapreso. Seppure ancora inconsistente, il profilo di questo artista assume connotati nuovi, al punto da suggerirci di riconsiderare il concetto di artista che ci trasciniamo dietro. Davanti al lavoro di Matthew Barney mi sono convinto che il sistema può sopravvivere e rinnovarsi solo se i suoi elementi centrali, gli artisti, trovano il coraggio di rivoluzionare il modo in cui propongono il loro ruolo. Questo può accadere anche attraverso una riconsiderazione dell’“Io” creativo. Matthew Barney si sta muovendo in questa direzione, lasciandoci un corpo di cui non conosciamo né identità né personalità. La comprensione diviene un procedimento chirurgico, l’analisi un’autopsia libera da gerarchie mentali.
Irrazionale
La prima cosa che si manifesta è il collasso dell’analisi logica del lavoro. L’elemento irrazionale si propone come veicolo che chiarisce una terminologia psichica collettiva assai confusa nel momento storico e sociale che stiamo attraversando.
Puritano
Riconducendo la psiche all’interno dell’organismo, il lavoro si libera dall’interpretazione puritana della civiltà occidentale, dando una prospettiva imprevista al ruolo dell’artista, obbligandolo a riconsiderare i poli della sua azione. Supera a destra il formalismo estetico e a sinistra l’azione politica.
Eroe
Sostituisce il simbolismo dello star-system degli anni Ottanta presentando la dimensione eroica ed epica repressa dell’artista contemporaneo. Inoltre, in una condizione di dissociazione mentale e di cambiamento della sua psicologia sessuale, ridà all’artista il ruolo sciamanico perduto e lo aggiorna, con il corpo, a una società posseduta dall’incomunicabilità e dall’informazione.
Idoli
Il giocatore di football, il body builder, il free climber rappresentano le possibilità di giungere, attraverso un rito fanatico del corpo, al superamento dell’“Ego”. La prestazione fisica estrema libera l’individuo dal dolore psichico e sociale, proiettandolo in una dimensione atemporale che lo concilia, proteggendolo dall’idea della morte.
Silenzio
La mancanza di suono nei video rende l’azione pesante, lo sforzo infinito e inutile. La leggerezza del movimento apparente. La distanza tra lo spettatore e l’immagine incolmabile. Il documento è remoto con una dimensione simile a quella del primo passo sulla Luna. La mancanza di gravità un peso. L’individuo come testimone di se stesso. Viviamo in un sociale privo di atmosfera.
Testimonianza
Il video ci informa che qualcosa è avvenuto. L’installazione ci rende testimoni dello spazio dove qualcosa è accaduto. Siamo testimoni. L’esperienza traumatica di visitare Dacau o Treblinka, le immagini che abbiamo visto rendono lo spazio, gli oggetti, privi di autonomia. Nessuna esperienza può essere ripetuta in quello spazio. Esiste una separazione temporale fra le immagini e il luogo. Quella che abbiamo davanti non è un’installazione, non un’opera d’arte ma un ambiente senza vita in cui l’atto creativo è stato consumato. L’attrazione morbosa del luogo del delitto, della tragedia.
Transessualità
La sessualità dell’artista non è necessariamente importante, l’elemento politico viene dunque soppresso. Il corpo non è espressione del desiderio, e nello stesso tempo non c’è repressione. L’azione avviene incuneandosi tra Psiche e Soma, dando vita a una dimensione più che contemporanea, che prevede uno stato nuovo, sia mentalmente che fisicamente. Quello che attrae è l’assoluta informalità di questa previsione. Il calore e il gelo sopravvivono nello stesso ambiente. L’anima cosparge i muscoli e la pelle. Il dolore spirituale viene a combaciare con quello fisico.
Centralità
Il corpo è l’elemento centrale, l’“Io” rimane ai margini dell’immagine. Il culto della personalità si autoesprime attraverso il proprio fisico. Le contrazioni muscolari, lo sforzo del movimento, creano l’impressione artistica, evidenziando il valore simbolico della presenza materiale. L’assenza del corpo crea la percezione spirituale dello spazio. L’artista rinuncia a esporre la sua individualità. Se l’osservatore comprende questa mancanza riuscirà probabilmente a percepire la propria dimensione fisica all’interno della costruzione artistica.
Autocontemplazione
Attraverso la videocamera l’artista autocontempla la propria prestazione creativa. L’“Ego” creatore è scomparso, rimane solo la sua azione. L’esperienza mentale dell’artista si riassume in “Fatica ed Estasi”, il tormento scompare dall’inquadratura.
Rifugio
Il travestimento come nascondiglio. Il corpo si ripara dagli occhi del “Cattivo” in un abito che confonde l’identità sessuale.
tapioca
La necessità di un elemento che dia consistenza alla sostanza interiore dell’organismo.
Zucchero
Energia polverizzata, crea potenza tanto istantaneamente quanto brevemente. Il corpo assume la direzione della mente.
Steroide
La potenza non si dissolve ma si concentra in un punto in cui il pensiero e lo sguardo si disperdono.
Unzione
La necessità di un procedimento che ammorbidisca la rigidità delle fibre muscolari. La diluizione, l’uno nell’altro, del corpo e della psiche.
Inutilità
Freeclimbing e body building, poiché si sviluppano all’interno del gesto, sono attività inutili e rischiose, il cui unico obbiettivo è la masturbazione del corpo. Entrambe manifestano, però, la necessità di ricreare la possibilità di morte e di onnipotenza in una società a oblio accelerato, in cui si è persa la funzione dell’esistere come didattica del morire.
Team
La visione dell’artista, preesistente all’opera, altrimenti sperduta nella marea dei segni, è esaltata come in un atleta dal gruppo che lavora attorno all’immagine esaltandone le prestazioni. La dimensione creativa rimane integra; alterata è l’atmosfera che circonda l’evento.
Checklist
Il titolo come rebus “scatologico”, composto da elementi che non si subordinano reciprocamente, data, materia, posizione. Il titolo come analisi autonoma degli elementi. La lista come espressione oracolare. Il titolo come dato somatico dell’opera.
Conclusione
Il lavoro di Matthew Barney crea un percorso senza punti di riferimento apparenti. La simbologia usata, apparentemente estratta da un sistema del tutto occidentale, riconduce l’immaginario collettivo nella profondità di origini lontane. Ed è proprio il tempo reale che viene utilizzato in questo processo di gratificazione subliminale del pubblico. I bisogni vengono soddisfatti senza avere coscienza dei desideri.