Paolo Inverni è un artista abitualmente di base a Torino. Gli ho posto non quattro domande, ma quattro parole, quattro temi a partire dai quali raccontare il suo lavoro. L’ho fatto perché Inverni è primariamente un narratore e quindi ho voluto lasciare a lui la scelta di come strutturare il racconto del suo lavoro.
La sua attenzione per le storie, che raccoglie e ripropone, fa del suo lavoro una sorta di continua mediazione delle esperienze degli altri. Inverni è un filtro narrativo. Cerca, incontra e raccoglie vicende dimenticate; le offre allo spettatore, utilizzando diversi media, con una particolare sensibilità verso la dimensione sonora. Il suo ruolo in questo passaggio a volte è minimo, appena percettibile.
La città
Sono arrivato a Milano, per una residenza di tre mesi presso O’, senza avere idea di ciò che avrei provato a realizzare. Avevo ben chiaro, invece, l’approccio che mi interessava. Volevo lavorare in relazione al contesto storico, culturale e sociale della città, cercando di avere occhi e orecchie disponibili allo stupore, disponibili a cogliere ciò che si sarebbe presentato alla loro attenzione.
La prima cosa che mi sono chiesto è stata quale fosse la mia idea di Milano, la rappresentazione di essa che più mi ha segnato. Ho trovato la risposta in Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. E ho iniziato a tracciare la mappa dei luoghi nei quali furono ambientate le scene del film. Le storie e i materiali raccolti in questa prima fase di ricerca sono andati a comporre i tre lavori realizzati.
Milano
Un passo avanti un passo indietro è un lavoro audio-video in cui la Milano di cinquant’anni fa e quella d’oggi sono messe a confronto. Cinque scene visive del film di Visconti sono affiancate da registrazioni audio ambientali che ho realizzato nei medesimi luoghi nei quali furono girate. Quindi, la banda immagini mostra la città nel 1960, mentre la banda sonora diffonde la città del 2010. Ne risultano talvolta un dialogo, talvolta uno scontro, che narrano le trasformazioni urbanistiche e sociali lungo l’arco di cinquant’anni.
Ballata per Vera è un’installazione basata su una registrazione audio delle campane del Duomo realizzata negli anni Trenta. Lo spazio espositivo accoglie il suono, permettendogli di propagarsi e vibrare, contribuendo al suo mantenimento in vita. Dodici storie a bassa densità da Milano città è invece una raccolta di storie e aneddoti relativi a Milano che ho incontrato in occasione della mia residenza nella città, e che ho raccontato per mezzo di testi. Nel metterle insieme ho assecondato con complicità il caso e la forza centrifuga della curiosità e delle relazioni possibili.
nonna
Ho affrontato il tema della memoria in diversi lavori. È una propensione naturale che immagino nasca dal mio interesse per la narrazione: le storie non necessariamente si sviluppano nello spazio, ma inevitabilmente si sviluppano nel tempo. A questa si affianca la volontà di contrastare l’attitudine italiana a dimenticare. Credo che espressioni come “I panni sporchi si lavano in famiglia”, “Ciò che è stato è stato”, “Stendere un velo pietoso” travalichino la linguistica per sconfinare nella sociologia; il presente ne è la conseguenza. Un esempio concreto è la registrazione delle campane del Duomo che ho utilizzato in Ballata per Vera. Appartiene alla cultura del nostro Paese, ma della sua conservazione se ne occupa un archivio francese, dove l’ho trovata. Ho deciso di riportarla a casa, riattivandola e dandole dignità. Inoltre, la memoria con i suoi meccanismi mi interessa, perché è un luogo dell’impossibile, nel quale convivono realtà e immaginazione, spazi e tempi originariamente lontani, in cui si svela l’interdipendenza di individuo e collettività. In punta di fiato, attualmente in via di sviluppo, è proprio un lavoro che sottolinea il legame indissolubile tra memoria collettiva e individuo. Ho chiesto a mia nonna di cantare in solitudine, nella cappella campestre della sua frazione d’origine, le sei lodi mariane cantate in occasione dei festeggiamenti annuali della piccola comunità locale. A causa delle sue difficoltà respiratorie, ha involontariamente modificato durate e dinamiche dei canti, rimodellandoli o storpiandoli, a seconda del punto di vista.
Rolf Julius
Mi è capitato più volte di intervenire su opere preesistenti di altri autori. Oltre al già citato Un passo avanti un passo indietro, è avvenuto in Paths, nel quale ho registrato il dialogo tra brani musicali di William Basinski, Steve Roden, Nuno Canavarro, Christina Kubisch, Akira Rabelais, Painting Petals On Planet Ghost e il suono d’ambiente di alcuni luoghi importanti nella mia vita. E anche in 2 x black and a piece of white, nel quale ho fatto scivolare un foglio bianco sotto le due lastre nere di un lavoro di Rolf Julius. Credo dipenda dal mio interesse per i lavori che si nutrono del mondo: art pieces, dischi, libri, film fanno parte del proprio mondo/contesto tanto quanto i volti delle persone che si incontrano. Ma sicuramente influisce anche la mia passione per i lavori che sanno proporre punti di vista alterati e inusuali.